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domenica, dicembre 29, 2013

EMILIO BOSSI (Milesbo) GESÙ CRISTO NON È MAI ESISTITO PDF

  


Emilio Bossi Gesù Cristo non è mai esistito PDF QUI!

Capo I

IL SILENZIO DELLA STORIA


SULL'ESISTENZA DI CRISTO


Di Gesù Cristo — persona reale, essere umano — la storia non ci ha conservato nessun documento,
nessuna prova, nessuna dimostrazione.
Egli non ha scritto nulla1.
Anche Socrate, in vero, non scrisse nulla, insegnando solo oralmente. Ma tra Cristo e Socrate
vi sono tre differenze capitali: la prima consistente nel fatto che Socrate non insegnò nulla che non
fosse razionale, o meglio, umano, mentre Cristo a ben poca cosa di umano mescè molto di miracoloso;
la seconda, derivante dalla circostanza che Socrate passò alla storia unicamente come persona
naturale, laddove Cristo non fu né è conosciuto che come persona soprannaturale; la terza, infine,
scaturente da ciò che Socrate ebbe per discepoli persone storiche che ci sono garanti della sua esistenza
— quali Senofonte, Aristippo, Euclide, Fedone, Eschine, ed il divino Platone — mentre dei
discepoli di Cristo nessuno è conosciuto se non attraverso i documenti sospetti della fede, come il
loro Maestro.
Talché, se dal fatto che Socrate non scrisse nulla non si potrebbe indurre la conclusione che
egli non sia mai esistito, all'incontro tale conclusione scaturisce legittimamente, almeno a titolo di
presunzione, dalla circostanza che Cristo, il quale pure sarebbe vissuto cinque secoli dopo, non lasciò
nulla di scritto.
Ma c'è ben dell'altro.
Non solo Cristo non scrisse nulla, ma nulla neppure fu scritto di lui.
Tolta la Bibbia — che, come vedremo, non solo non ci può fornire la prova che Cristo sia stato
un uomo reale, ma ce ne fornisce molte, anzi è tutta quanta una prova del contrario — nessun autore
profano, dei molti che sarebbero stati suoi contemporanei, ci ha lasciato qualche cenno di lui.
I soli autori profani del suo tempo che fecero il suo nome — Flavio Giuseppe, Tacito, Svetonio
e Plinio — o furono interpolati e falsificati, come i primi due, o, come gli altri due, parlarono di
Cristo soltanto etimologicamente, per designare la superstizione che dal suo prese il nome ed i seguaci
della medesima; ed in ogni caso scrissero senza averlo conosciuto e senza rendersi garanti
della sua esistenza, molto tempo dopo e in cenni fuggevoli che, come dimostreremo, stanno a provare
piuttosto ch'egli non è mai esistito.
Ernesto Renan, il più grande dei cristologi, che ebbe il torto di darci la sua Vita di Gesù come
una biografia, laddove non è che un abile romanzo, è pure costretto a riconoscere il silenzio della
storia intorno al suo eroe. «I paesi greci e romani — egli scrive — non udirono parlare di lui; il suo
nome non apparisce negli autori profani che un secolo dopo e anche indirettamente, a proposito dei
moti sediziosi dalle sue dottrine suscitati, o delle persecuzioni alle quali i suoi discepoli eran fatti
segno. Nel seno medesimo del giudaismo, Gesù non lasciò impressione molto durevole. Filone,
morto verso l'anno 50 nulla seppe di lui. Giuseppe, nato l'anno 37, e che scrisse in sul finire del secolo,
rammenta la sua condanna in alcune linee2 come un avvenimento qualunque, ed annoverando
le sette del tempo, omette i cristiani.
«La Mischna non serba traccia della nuova scuola; i passi delle due Gemare, ov'è nominato il
fondatore del cristianesimo, non risalgono al di là del IV o del V secolo»3.
1 La pretesa lettera sua al re Abgaro fu dimostrata una pia frode. Origene e sant'Agostino la escludono senz'altro,
dichiarando in modo formale che Cristo non scrisse nulla. Del resto la Chiesa stessa lo dimostra col non averla collocata
al primo posto fra i documenti canonici, come avrebbe avuto un interesse capitale a fare, ove appena essa avesse presentato
qualche apparenza d'autenticità. Dicasi lo stesso delle lettere di Pilato a Tiberio.

2 Qui lo stesso Renan appone una nota per avvertire che il passo di Giuseppe fu alterato da mano cristiana. Perché
solo alterato? Noi vedremo che fu interpolato.
3 Renan, Vita di Gesù, vol. IV, capo XXVIII.


Uno scrittore ebreo, Giusto di Tiberiade, che aveva compilata una storia degli ebrei da Mosè
fin verso l'anno 50 dell'èra cristiana, per testimonianza di Fozio, non citò neppure il nome di Gesù
Cristo.
Giovenale, che sferzò con la satira le superstizioni dei suoi tempi, parla sibbene degli ebrei,
ma dei cristiani non fa motto, come se non esistessero4.
Plutarco, nato cinquant'anni dopo Cristo, storico eminente e minuzioso, il quale non avrebbe
potuto ignorare Cristo e le sue gesta, ove si fossero realmente prodotti, nelle sue opere numerose
non ha un solo passo che faccia un'allusione qualunque sia al capo della nuova setta che ai suoi discepoli.
Cesare Cantù, al quale la credenza più cieca, indegna di uno storico, fa spesso velo agli occhi,
suadendolo a ripetere fra i fatti storici le più assurde invenzioni del cristianesimo, deluso nella
sua fede per il silenzio di Plutarco, esce a dire sconsolato che «Plutarco è sincero nella credenza dei
suoi numi come se ancora nessuna voce non ne avesse minacciato gli altari...; ed in tante opere che
scrisse di morale, mai neppure un cenno gli cascò dei cristiani»5.
Seneca, che, per i suoi scritti riboccanti di quelle massime che diedero corpo e vita al cristianesimo,
fece nascere il dubbio essere egli stato cristiano od avere avuti rapporti coi discepoli di Cristo,
nel suo libro sulle Superstizioni, andato smarrito (o distrutto), ma che ci è fatto conoscere da
sant'Agostino, non dice verbo di Cristo e, parlando dei cristiani già sparsi in molte parti della terra,
non li distingue dagli ebrei, che chiama una nazione abbominevole6.
Ma soprattutto significante e decisivo è il silenzio di Filone intorno a Gesù Cristo.
Filone, che aveva già da 25 a 30 anni quando sarebbe nato Gesù Cristo, e che morì diversi anni
dopo che sarebbe morto Gesù Cristo, nulla seppe mai e nulla mai disse di Gesù Cristo.
Eppure egli era dottissimo, s'occupò in modo speciale di religione e di filosofia, e non avrebbe
certamente tralasciato di parlare di Gesù, suo compatriota d'origine, se Gesù fosse davvero comparso
sulla faccia della terra ed avesse portato una sì grande rivoluzione nella storia dello spirito umano.
Ma una circostanza di gran rilievo rende ancora più eloquente il silenzio di Filone intorno a
Gesù Cristo: la circostanza, cioè, che tutto l'insegnamento di Filone può dirsi cristiano, talché l'Havet
non ha esitato a chiamare Filone un vero padre della Chiesa.
Filone, difatti, si preoccupò specialmente di accoppiare il giudaismo con l'ellenismo, togliendo
all'Antico Testamento le parti men nobili mediante la distinzione del senso allegorico dal senso
letterale, e innestando sull'albero della religione ebraica il misticismo dei neoplatonici alessandrini.
Così egli riuscì ad una dottrina platonica del Verbo o Logos che ha molta affinità con quella del IV
Vangelo, nel quale il Logos è precisamente Cristo.
Ora non è forse una vera rivelazione questa circostanza?
Filone che vive nel tempo assegnato a Cristo, che è già celebre prima che Cristo nasca e che
muore diversi anni dopo di Cristo; Filone che compie verso il giudaismo la stessa, identica trasformazione
o ellenizzazione, o platonizzazione che fu l'opera dei Vangeli, e specialmente del quarto;
Filone che parla del Logos, o del Verbo al modo del quarto Vangelo; eppure che non nomina una
volta sola Gesù Cristo, in nessuna delle sue numerosissime opere?
O non proverebbe appunto che Gesù Cristo non fu persona storica e reale, ma pura creazione
mitologica e metafisica, alla quale contribuì più di ogni altro questo medesimo Filone, che scrisse
come un cristiano senza sapere ancora di questo nome, che parlò del Verbo senza conoscer Cristo,
che insegnò l'identica dottrina attribuita a Cristo, come sarà dimostrato a suo luogo?
Se Filone ha potuto parlare del Verbo e scrivere come un cristiano prima di Cristo senza nulla
sapere e nulla dire di Cristo, non è segno che il cristianesimo si produsse senza Cristo e per opera
precisamente o principalmente di Filone stesso, che non dice una parola sola della persona umana,
della esistenza materiale e storica di Gesù Cristo?

4 Stefanoni, Dizionario filosofico, voce Gesù.
5 C. Cantù, Storia Universale, Epoca VI, Parte II.
6 Ernest Havet, Le Christianisme et ses origines. L'Hellenisme, tomo II, Ch. XIV.


Insomma, che Gesù Cristo non è esistito, perché altrimenti Filone non avrebbe potuto non
parlare di lui?
Eppure Filone, il Platone ebreo-alessandrino, contemporaneo di Cristo, parla di tutti gli avvenimenti
e di tutti i personaggi principali del suo tempo e del suo paese, non dimenticando nemmeno
Pilato; egli conosce e descrive particolareggiatamente gli Esseni, viventi nei dintorni di Gerusalemme
e sulle rive del Giordano; egli infine fu delegato a Roma per difendere gli Ebrei regnando
Caligola, ciò che fa supporre in lui una esatta conoscenza delle cose e degli uomini della sua nazione;
talché se realmente Gesù fosse esistito, egli era assolutamente obbligato a farne almeno un cenno.
Il silenzio di tutti gli scrittori contemporanei su Gesù Cristo non fu finora preso in quella attenta
considerazione che merita nell'interesse della verità storica.
Anche scrittori di liberi sensi vi passarono sopra con troppa fretta e facilità.
Il Salvador lo spiega facilmente (è la sua parola!) col fatto della debole traccia lasciata a Gerusalemme
dal figlio di Maria7. Ed anche lo Stefanoni non può spiegarlo senza ridurre la nascita di
Cristo e la sua vita a proporzioni così meschine, da doversi circoscrivere entro i limiti di un volgarissimo
avvenimento8.
Ma questa spiegazione è troppo inadeguata.
Noi non conosciamo che un solo Gesù, quello dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli. Ora
questo personaggio non solo non avrebbe lasciato una debole traccia a Gerusalemme, contrariamente
a ciò che pretende il Salvador; non solo la sua vita non avrebbe avuto proporzioni ben meschine,
contrariamente a ciò che suppone lo Stefanoni; ma per contro la vita di Cristo si sarebbe svolta, secondo
la Bibbia, nel modo più rumoroso e straordinario che mai persona umana ebbe o vide l'uguale.
Egli avrebbe dato luogo a tumulti pubblici, ad un arresto, ad un processo, ad un dramma giudiziario
seguìto da una morte tragica; ed avrebbe compiuto tali e tanti prodigi e così straordinari —
dalle visite degli angeli alle stelle che camminano per insegnare il luogo della sua nascita a Sovrani
venuti dall'Asia apposta per visitarlo, dalla strage degli innocenti alla disputa a dodici anni coi dottori,
dalla moltiplicazione del numero e dal cambiamento della natura degli alimenti alla guarigione
degli ammalati ed alla risurrezione dei morti, dalla dominazione degli elementi alle tenebre ed al
terremoto che segnarono la sua morte ed alla sua propria risurrezione — che avrebbero dovuto
scuotere anche le persone più indifferenti, venire in breve ora a conoscenza dell'universo intiero ed
eccitare la curiosità dei cronisti, degli annalisti e degli storiografi.
Dinanzi a tale personaggio e ad avvenimenti siffatti, il silenzio della storia è assolutamente inesplicabile,
inverosimile e sbalorditivo, come notò assennatamente il Dide9.
Onde non si può far a meno di concludere che questo silenzio costituisce una grande presunzione
contro l'esistenza storica e reale di Gesù Cristo.
Altri elementi di giudizio ci proveranno che, come l'inesistenza di Cristo può solo spiegare il
silenzio della storia intorno a lui, così il silenzio della storia dimostra la sua inesistenza.
Lo stesso silenzio della storia verso Cristo si constata anche verso gli Apostoli, sui quali non
si hanno altri documenti all'infuori di quelli chiesastici, destituiti d'ogni valore probatorio, e che ce
li fanno conoscere non come uomini naturali, ma come personaggi soprannaturali o perlomeno taumaturgici,
il che fa tutt'uno.

7 J. Salvador, Jésus Christ et sa doctrine, tom. I, liv. II.
8 Luigi Stefanoni, luogo citato. Inoltre nella Storia critica della superstizione, vol. II, cap. I.
9 A. Dide, La fin des religions, Paris, Flammarion, pag. 55.

10 Emile Ferrière, nel suo pregevole libro Les Apôtres, dimostra l'impossibilità che Pietro sia mai stato a Roma; fatto, del resto, smentito anche dalla circostanza del silenzio dei più antichi scrittori della Chiesa, fino alla seconda metà
del secolo IV. Però anch'egli ebbe il torto di prendere come fonte storica gli Atti degli Apostoli, e di cavarne le poche
notizie come se fossero certe. Ma la semplice considerazione che niente di quanto è narrato in essi si trova confermato
da qualsiasi autore profano, dovrebbe bastare a mettere in guardia chiunque anche su questa fonte che non per nulla fa
parte della Bibbia. Non per nulla, diciamo; imperocché giova qui notare, una volta per tutte, che nella raccolta dei libri
canonici della Bibbia la Chiesa ebbe l'ingegnosa cura di scartare tutti quei documenti che, parlando di Cristo o di Maria

I soli fatti storici che si attribuiscono agli Apostoli, quali il viaggio di san Pietro a Roma e la
sua disputa con Simon Mago, l'incontro di san Pietro con Gesù e il famoso Quo vadis, Domine?, la
morte di san Pietro, ed altri siffatti, sono narrati esclusivamente in libri dichiarati apocrifi dalla
Chiesa stessa.
Lo stesso dicasi di Giuseppe e di Maria, genitori di Gesù Cristo, dei suoi fratelli, e di tutta la
sua famiglia.
Circostanze, queste, le quali aumentano il significato del silenzio della storia intorno a Gesù
Cristo, ed acquisteranno tutto il loro valore quando si vedrà che Cristo e Maria e gli Apostoli sono
pure creazioni mitiche.


fonte
http://www.liberliber.it

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