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lunedì, giugno 30, 2014

La dimensione anarchica di Ursula Le Guin di Robert C.Newman

In origine, questo articolo doveva servire come presentazione al convegno su «Fantascienza e tradizione socialista», tenutosi a Cincinnati nell'aprile 1978, alla Convention della Popular Culture Association. Infatti, come suggeriva il tema di questo convegno (e di quello successivo, su «Perisiero utopico e distopico nella fantascienza») la cultura popolare e la fantascienza rappresentano ormai un settore di grande interesse per quanti auspicano radicali modificazioní nella nostra struttura sociale. lo credo che la fantascienza possa essere non solo un buon veicolo per la trasmissione del pensiero socialista e/o utopico, ma anche un mezzo per incoraggiare le persone a darsi una rappresentazione concreta dell'attuazione dei propri ideali e delle proprie aspirazioni. Questo era appunto il mio approccio, nell'articolo originario: avevo letto i "Reietti" di Ursula Le Guin, l'avevo usato nella mia attività di insegnante, e mi ero reso conto che conteneva un'analisi estremamente dettagliata, meticolosa, di un possibile mondo anarchico, un esame realistico dei vantaggi che esso potrebbe avere e dei problemi che dovrebbe affrontare. Da allora, ho consigliato la lettura di questo libro a chiunque mi capitasse, e ho sempre avuto risposte entusiastiche quanto la mia. Tutti sono rimasti colpiti dalla solidità della rappresentazione della Le Guin e dalla complessità del suo pensiero.
Nell'articolo per il convegno, la mia analisi era preceduta dalla citazione di alcuni frammenti di «notizie dal mondo esterno», che mi apparivano attinenti ai temi dell'anarchismo. Menzionavo, dapprima, una recensione apparsa sul New York Review of Books, nella quale l'autore si domandava perché mai, di tutte le rivoluzioni della storia recente autodefinitesi "socialiste", nessuna sia mai riuscita a realizzare veramente i propri scopi. La risposta era che nessuna rivoluzione ha mantenuto la promessa iniziale di restituire il potere conquistato al popolo, in nome del quale la rivoluzione stessa era stata fatta. Successivamente, passavo ad alcuni esempi di quella che definivo naiveté anarchica e, all'opposto, di intransigenza anarchica. Nel primo caso, riportavo la dichiarazione di Geroge Woodcock, secondo cui stiamo passando da un mondo economico ad un altro dove «... i vecchi motivi del profitto e dell'interesse cesseranno di dominare la vita economica. Invece, l'incentivo sarà il bene di tutti i membri della società, senza distinzione». Nel secondo, citavo le critiche di Raymond Carr agli anarchici spagnoli, per la loro miopia in merito alle reali possibilità di successo delle collettività, nonché la loro intransigenza astensionista, nel rifiutare ogni forma di rappresentanza eletta. Tutto ciò mi appariva strettamente collegato al duplice tema del romanzo della Le Guin, che una società decentrata, di impostazione anarchica, sarebbe superiore ad una come la nostra attuale, centralizzata e gerarchica, e che tuttavia l'anarchismo non può ignorare che anche una politica anarchica potrebbe cedere alla tentazione del potere e della coercizione, quello che la Le Guin chiama la spinta verso la "dominazione".
Mentre scrivo, comunque, si presenta alla nostra attenzione un nuovo esempio di questo tipo di problemi, con orribili dettagli: l'assassinio del membro del Congresso Ryan e di numerosi giornalisti, e l'imposizione del suicidio a piú di 900 persone, nella comune di Jonestown, un esempio che riporto con diffidenza, nel senso che, forse, un fatto così fuori del normale non riguarda altro che la particolare psicologia di Jim Jones e dei suoi seguaci. Ma in fondo al cuore, sento che ci riguarda. Una sopravvissuta ha parlato della combinazione di «idealismo e repressione» presente in Jones. In alcuni dei suoi aspetti, la comune dì Jones è stata descritta come "socialista", eppure il figlio diciannovenne di Jones parla di suo padre come di un uomo "autoritario". In un'intervista filmata di alcuni anni fa, a Redwood City, in California, Jones appare come una persona sensibile e sincera, affermando che nella sua comune non esiste piú razzismo, sessismo, che le divisioni di classe sono state abolite (come se certi atteggiamenti, presenti in noi a causa di anni di socializzazione, se non di secoli, potessero essere spazzati via con una semplice dichiarazione di principio). Un altro sopravvissuto ha dichiarato che per tutto l'anno precedente erano state fatte prove del suicidio collettivo, aggiungendo che Jones aveva prima "governato" con "l'amore" e poi con "la paura".

I media fino ad oggi hanno definito il Tempio del Popolo piú una "confessione religiosa" che una comunità utopica. La differenza può essere colta con maggiore esattezza alla luce della distinzione di L. Veysey tra due tipi fondamentali di esperimenti comunitari, quello cosidetto "mistico" e quello "anarchico". Sulla base di ricerche storiche e dell'esperienza, Veysey dice che la comune mistica tende a durare piú a lungo di quella anarchica, ma ciò avviene al prezzo di una leadership autoritaria, carismatica, cioè esattamente per quella spinta verso la "dominazione" che costituisce l'argomento concettule dell'analisi politica della Le Guin.

... uno degli elementi piú diffusi e fastidiosi dei movimenti radicali è il magnetismo personale. La reverenza verso gli eroi, non la passione in se stessa, o gli intensi sentimenti di amicizia, questo è l'elemento davvero nefasto che il Romanticismo ci ha lasciato in eredità. E ripetutamente, negli insediamenti comunitari vecchi e nuovi, esso risolleva la testa. La storia dimostra che il carisma è il nemico persistente della libertà umana. Nell'ambito della sinistra attuale, la propensione a correre appresso a questo o quel leader "ispirato", è profondamente scoraggiante ... Gli esempi delle tendenze autoritarie in seno alla tradizione mistica sono di per sé illuminanti. Non si può fare a meno di essere grati alla tradizione anarchica che ha saputo per tanto tempo fornire, almeno in parte, un correttivo ...

Ma anche la comune anarchica non è del tutto priva di pericoli. Come dice Veysey, anche gli anarchici sono riluttanti a controllare da vicino la presenza di potere e dominazione all'interno dei loro stessi gruppi, e spesso si autoingannano in merito alla natura della leadership in seno a gruppi apparentemente privi di leaders. Veysey afferma che è estremamente difficile che gli esseri umani sappiano conservare un atteggiamento di scetticismo sia verso le opinioni correnti che verso l'alternativa di sinistra:

E' davvero difficile mantenere un atteggiamento distaccato contemporaneamente verso i presunti profeti e i leaders ufficiali. Tale atteggiamento deve convivere con la fiducia ideale che induce ad abbassare le proprie difese verso i compagni comuni allorquando la promessa sincera di vita comunitaria è nell'aria. Questo, ancor piú che i meccanismi decentrati da attuare nei sistemi politici od economici alternativi, è il problema urgente con cui i movimenti di sinistra devono confrontarsi.

E' ovvio che le osservazioni di Veysey mi sembrino estremamente ricche di suggerimenti, proprio in relazione al romanzo della Le Guin. Lì, infatti, lo scienziato Shevek si mostra capace di conservare il proprio scetticismo sia verso il pensiero dominante sia verso l'alternativa radicale, e tutto il romanzo concorda con l'opinione di Veysey, secondo cui l'anarchismo, pur offrendo una consapevolezza politica superiore, paragonata a quella delle altre tradizioni comunitarie, deve comunque affrontare anch'esso il fatto che le persone tendono a dominare e ad essere dominate. La Le Guin fa propria questa concezione, insistendo che la rivoluzione "è nell'individuo", ed esiste per e attraverso l'individuo, non viceversa. La Le Guin ha scelto chiaramente da che parte stare, nel conflitto continuo tra tendenze individualistiche e comunitarie, in seno all'anarchismo, ed io, per quanto mi riguarda, sono d'accordo con lei.
Mi sia concesso, adesso, prendere in esame il romanzo in sé. Esso si sviluppa ingegnosamente attraverso due storie parallele, reciprocamente alternantesi, una sul mondo anarchico di Anarres, l'altra sul mondo capitalista di Urras. (Per buona misura, la Le Guin rappresenta anche l'autoritarismo di tipo sovietico di Thu, e il mondo bruciato di Terra). La storia di Anarres si svolge attraverso flashbacks della vita dei fisico Shevek. Scopriamo così che il suo modo di comportarsi di fronte agli eventi attuali della storia è funzione del passato. Il passato ci rivela Shevek come un individuo che ha combattuto per la sua libertà, anche contro le coercizioni apparentemente necessarie di un'utopia anarchica: vistosi rifiutare la pubblicazione delle sue ricerche sul tempo, egli aveva deciso di passare all'azione diretta, fondando un collettivo editoriale. E ci accorgiamo, anche, quanto profonde siano le radici della dominazione, nella natura umana: Shevek aveva tratto piacere dal mettere un amico "in prigione".
Nell'immediato presente della storia, Shevek si batte anche contro la coercizione anarchica, che vorrebbe impedirgli di visitare il pianeta Urras, al quale Anarres si era ribellato circa 200 anni prima, durante la rivoluzione "odoniana" (da Odo, una donna che di tale rivoluzione era stata il capo carismatico e libertario). Questa ribellione è all'origine del termine "reietti" presente nel titolo del romanzo. Due sono i motivi per cui Shevek insiste a recarsi su Urras: spera di trovarvi una diversa atmosfera intellettuale, forse piú libera e piú congeniale alle sue ricerche di fisica temporale, e spera anche di poter gettare le basi di una riconcilazione tra il pianeta madre e il figlio ribelle. Entrambe le cose sono in antitesi con la volontà generale della popolazione di Anarres: l'arte della Le Guin ci rappresenta una manifestazione anarchica allo spazio-porto, per protestare contro la partenza di Shevek. E' una manifestazione, ma disorganizzata, con individui che girano qua e là senza ben sapere come comportarsi gli uni verso gli altri per dar origine ad una protesta di massa! Successivamente Shevek finisce per rendersi conto della futilità del suo tentativo di riconcilazione tra Urras e Anarres. Trova nuovamente necessario agire per conto suo, e si unisce all'underground di Urras, tradendo così l'ospitalità dei suoi amici su quel pianeta. Su Urras ha trovato ricchezza e libertà intellettuale, eppure si rende conto che lì le sue scoperte di fisica temporale diverrebbero nient'altro che una merce, un mezzo in più per sfruttare la gente e dominarla. E' significativo che, sebbene l'atmosfera intellettuale su Urras sia piú libera (è qui che Shevek fà la scoperta chiave per la realizzazione del suo telefono temporale), Shevek scelga di ritornare su Anarres (attraverso gli uffici dell'ambasciatore di Terra) e di pubblicare i risultati delle sue ricerche, per metterli a disposizione di tutta l'umanità.
Nonostante il mio drastico riassunto, mi preme notare che la Le Guin ha fatto un lavoro eccellente al fine di mostrarci la qualità della vita nelle due diverse società, soprattutto attraverso la coscienza di Shevek. Il romanzo ci dà realmente il senso di quale potrebbe essere la vita in un mondo come Anarres, con le sue risorse limitate ma con il suo genuino decoro, oppure come Urras, opulento ma senza cuore.
Ho detto in precedenza che il romanzo della Le Guin mi ha interessato per due ragioni. La prima di esse è semplicemente il fatto che l'autrice indica la superiorità della concezione anarchica come guida per la riorganizzazione della società: invece di un'organizzazione gerarchica e competitiva, dall'alto al basso, la vita sarebbe piú libera e piú egualitaria con un'organizzazione dal basso in alto.

Shevek afferma che un simile tipo di organizzazione era stato concepito idealmente per una società stabile e ad elevato sviluppo tecnologico, perché ciò avrebbe reso agevole la decentralizzazione (l'ideale , credo, è quello della concezione di Murray Bookchin, di un anarchismo post scarcity). In realtà le cose non erano andate così. Anarres, infatti, è un pianeta povero, poco dotato di risorse e materie prime, dove bisogna disperatamente risparmiare per sopravvivere. La Le Guin ha scelto la strada piú difficile, per l'anarchismo: se, grazie ai miracoli di un'ampia disponibilità energetica e tecnologica, ognuno potesse avere quanto gli serve, l'autogestione non sarebbe poi così difficile. La Le Guin, invece, ci mostra che l'anarchismo può essere efficace in un'economia povera, e qui sta la sua superiorità rispetto ad ogni altro modello organizzativo, perché ci indica un modo più decente di spartire fra tutti il poco disponibile. L'elemento chiave su cui essa si sofferma è la contrapposizione tra efficienza (capitalistica) e libertà (anarchica). Come dice Shevek al domestico dei suoi amici urrasiani, su Anarres il lavoro necessario è svolto da tutti in modo egualitario, il che non è certamente il massimo dell'efficienza: è necessario che ognuno venga continuamente "allenato" a far ciò. Ma la domanda fondamentale, a questo punto, è: «Non si può ordinare ad un individuo di fare un lavoro che in pochi anni può renderlo invalido o ucciderlo. Perché dovrebbe farlo?»

Nello schema della Le Guin, ognuno ha optato per la libertà individuale al posto dell'efficienza sociale, ed è libero di fare quello che vuole, quindi è anche libero di unirsi ad altri in gruppi di volontari per l'esecuzione di quanto è necessario per la società.
Qui la Le Guin si distacca dalla tradizione socialista classica per aderire alle teorie anarco-comuniste di Kropotkin e Proudhon; ad esempio, su Anarres tutti i mezzi di produzione e di consumo sono in comune, non c'è proprietà di alcun genere (quindi c'è "ordine" e non delinquenza), ma, a differenza di quanto vorrebbe la tradizione socialista, non c'è nemmeno lo Stato, che è stato abolito. Al posto di esso, c'è un'organizzazione sindacale dell'economia, in cui le ricchezze sociali sono possedute da gruppi volontari, collettivi, sindacati, gruppi di affinità, ecc. - e vengono amministrate attraverso un "Comitato di Produzione e Distribuzione" (CPD). Sembrerebbe di essere in presenza di un caso di quello che si usa chiamare "controllo operaio", ma, secondo la mia opinione, l'idea della Le Guin non è né semplicistica né ingenua. Il CPD, infatti, è concepito unicamente come un organismo amministrativo: esso non "governa", né possiede l'autorità di ordinare alla gente alcunché. E'piuttosto un meccanismo di "registrazione" e "risposta": registra la natura della "pubblica opinione" e la restituisce alla popolazione come "coscienza sociale". Sulla base delle sue osservazioni, esso "informa" la gente circa quanto è necessario fare e come il lavoro possa essere suddiviso egualitariamente fra tutti.
Qui la Le Guin affronta un altro problema chiave della tradizione anarchica e socialista, e precisamente come armonizzare le necessità individuali con quelle sociali. L'autrice dà grande risalto alla libertà individuale, ma comprende anche che l'umanità deve sopravvivere come "specie sociale" (che, invece, è quanto Terra non ha saputo fare, come dice l'ambasciatore di quel pianeta). Quindi gli individui devono sacrificare una frazione della loro libertà in nome della sopravvivenza sociale, sebbene sia detto anche che «sacrificio non significa compromesso». Su questa base razionale che il CPD assegna alla gente l'esecuzione di questo o quel lavoro ingrato, e la gente accetta di eseguirlo.
A questo punto, si impongono all'attenzione alcuni aspetti importanti del problema delle motivazioni. Come è possibile ottenere che le persone lavorino realmente, se nessuno le costringe? E soprattutto, come è possibile ottenere che vengano eseguiti i "lavori di merda"? Le risposte sono contenute nell'idea che la Le Guin ha della natura umana, che viene vista come parzialmente malleabile, adattabile in funzione di una particolare società; come dice Shevek, una volta rimossi gli incentivi economici, e dopo aver riconosciuto che, paradossalmente, la "coercizione" è il mezzo meno efficace per ottenere l'ordine, si diventa consapevoli di tutte le altre motivazioni che spingono gli esseri umani:

Alle persone piace fare quello in cui riescono bene... Ma, è vero, il problema è un problema di mezzi e fini. Dopo tutto, il lavoro viene fatto per il lavoro. Il piacere della vita, è sempre vivo. La coscienza individuale lo sa. Ed anche la coscienza sociale, l'opinione di chi ci sta attorno. Il nostro piacere e il rispetto dei nostri amici, sta tutto lì. E quando le cose stanno così, vedrete che l'opinione degli altri può essere una forza davvero potente:

Secondo la tradizione morale anglosassone, la Le Guin sembra attenersi sia alla linea di pensiero di Hobbes Mandeville (orgoglio e vergogna come motivazioni) sia a quella di Shaftbury; e forse c'è anche qualche traccia di Paul Goodman ("Alla gente piace lavorare"). Ad ogni modo, questo è considerevolmente più complesso del pensiero di Woodcock che prima ho citato, secondo cui è la nozione di bene generale a fornire agli individui la motivazione per rinunciare al proprio interesse particolare a favore di quello pubblico. E se qualcuno rifiuta di cooperare? Questo accade raramente, dice Shevek.

Comunque, quando accade... Bè, se ne va. Gli altri si stufano di lui, e lo scherniscono, Oppure lo trattano male, lo picchiano. In una comunità piccola, è anche possibile che si decida di cancellarlo dalla lista dei pasti, cosicché dovrà cucinare e mangiare per conto suo, e questo è umiliante. E allora quello se ne va ...

Qui si parla di potere e di coercizione, e sembra che la Le Guin sia disposta ad accettare una certa misura di quest'ultima come necessaria, anche in una società basata sul libero accordo. Ma a suo giudizio tale coercizione deve essere ridotta al minimo, ed ogni membro della società deve vigilare per mettere in evidenza i casi di coercizione non necessaria. Ed ecco il secondo motivo del mio interesse per "I Reietti": uno degli elementi originali di questo romanzo è di darci una critica dell'anarchismo, sia per quanto riguarda gli impulsi verso il potere-dominazione (anche sotto forma di "opinione pubblica" e "coscienza sociale") sia per ciò che di essi è il corollario, la sottomissione masochista di molti al potere altrui.
La chiave dell'analisi che la Le Guin conduce sulla natura umana si trova a metà circa del romanzo, quando Shevek avanza l'ipotesi che gli uomini siano mossi contemporaneamente da un impulso verso la dominazione e verso la cooperazione:

La gente distingueva molto attentamente tra l'amministrazione delle cose e il governo degli uomini. Lo faceva così bene, da farci dimenticare che la volontà di dominio è insita negli esseri umani tanto quanto l'impulso all'aiuto reciproco, ed ogni individuo, ogni nuova generazione, deve "allenarsi" ad esso. Nessuno nasce piú Odoniano di quanto non nasca civilizzato! Ma l'abbiamo dimenticato. Non ci educhiamo alla libertà. L'istruzione, la piú importante attività dell'organismo sociale, è divenuta rigida, moralista , autoritaria. 1 ragazzi imparano a ripetere le parole di Odo come se fossero leggi, una mostruosa bestemmia!

A livello pubblico, questa spinta verso la dominazione trova la sua conferma nell'evoluzione dei CPD, organo inizialmente solo "amministrativo" che finisce poi per diventaree un mezzo per organizzare le persone: 'L'amministrazione" si trasforma in "governo", e il CPD diviene "autoritario". A livello interindividuale, anche gli scienziati e gli intellettuali esercitano una sorta di dominio sugli altri, attraverso l'uso che sanno fare delle idee. E' questa la chiave, e Shevek se ne accorge quando, per ottenere il diritto alla pubblicazione delle sue teorie temporali, deve passare attraverso il controllo "amministrativo" del fisico suo amico Sabul: Shevek acconsente a che il nome di Sabul figuri insieme al suo, come co-autore dell'opera da pubblicare, eppure Sabul non concede al sindacato della stampa la sua autorizzazione per la pubblicazione delle teorie di Shevek. Il fatto importante, però, non è tanto il controllo esterno esercitato da Sabul, quanto l'interiorizzazione della necessità di tale controllo da parte di Shevek. Per Shevek è proprio ottenere il permesso da Sabul che è necessario:

(parole di Shevek alla moglie) il fatto è che nessuno di noi ragiona con la sua testa. Nessuno sceglie, lasciamo che sia Sabul a scegliere per noi. Ognuno ha il suo Sabul personale, interiorizzato... conformismo, moralismo, paura dell'ostracismo sociale, paura di essere diversi, paura di essere liberi

Il risultato immediato di questa raggiunta consapevolezza, è la decisione di Shevek di costituire un gruppo editoriale per conto suo, allo scopo di pubblicare le opere sue e degli altri dissidenti che hanno subìto la censura del CPD.
Anche il viaggio di Shevek su Urras è un caso simile di azione individuale e ribellione. Ed è l'occasione per rivelare un ulteriore aspetto dell'analisi della Le Guin, perché Urras è si gerarchico e fondato sulla proprietà, eppure lì le idee circolano liberamente. Shevek ha bisogno di un ambiente del genere, per portare a compimento le sue ricerche. Le idee, secondo la Le Guin, non sono totalmente sottoposte alle strutture economiche della società, come è invece per alcuni marxisti: Anarres sembra aver occultato le sue idee originarie di rivoluzione, Urras invece mantiene almeno questo aspetto della libertà.
Del conflitto tra individuo e società, Shevek ha una concezione migliore di quella che rappresenta la situazione di fatto esistente su Annares. In parte, ciò comporta una riaffermazione della necessità di bilanciare, o armonizzare, i diritti della società e quelli degli individui, piuttosto che lasciare che sia la società a prevalere completamente:

Non è vero che cooperiamo, noi obbediamo. Temiamo di essere segnati a dito, di essere definiti pigri, disfunzionali, egoizzanti. L'opinione dei vicino di casa è più importante del rispetto della nostra libertà di scelta. Tu non Mi credi, Tak, ma prova, prova soltanto ad immaginare di trasgredire, e dimmi come ti senti ... Forziamo un uomo a porsi al di fuori della sfera della nostra approvazione e poi lo condanniamo.

Piú esplicitamente, si tratta anche di rifiutare la coercizione in se stessa:

Ciò che vogliamo è ricordare a noi stessi che non siamo venuti su Anarres per la sicurezza, ma per la libertà. Se dobbiamo per forza essere tutti d'accordo, e tutti lavorare insieme, non siamo migliori di una macchina. Se c'è uno che non è capace di lavorare in solidarietà con i suoi compagni, allora è suo dovere lavorare da solo. E' un suo dovere, ma anche un suo diritto. Abbiamo sempre detto... che bisogna lavorare con gli altri, che bisogna accettare l'imperio della maggioranza. Ma ogni imperio è tirannia. Il dovere di un individuo è quello di non accettare imposizioni, di essere l'ispiratore dei suoi propri atti, di essere responsabile. Solo così la società potrà vivere cambiare, adattarsi, durare. Non siamo i sudditi di uno Stato fndato sulla legge, ma i membri di una società fondata sulla rivoluzione. La rivoluzione è la nostra speranza di evoluzione. «La Rivoluzione è nel cuore dell'individuo, o non è in alcun posto... Se è vista come qualcosa che deve finire, non comincerà mai veramente». Non possiamo fermarci qui dove siamo. Dobbiamo andare avanti. Dobbiamo rischiare.

Il richiamo di Shevek all'individuo "responsabile" introduce nell'idea anarchica un'altra importante qualificazione: la Le Guin, in sostanza, dice che si è responsabili solo quando si pongono le proprie azioni individuali in seno al contesto del passato (psicologico, sociale, storico) e del futuro, e solo a patto di, abbandonare, in questo, ogni idea di stabilità temporale o di perfezione. Spiegando perché il CPD sia diventato autoritario, Shevek afferma che ciò non riguarda soltanto il CPD, ma qualunque istituzione dove siano richieste "competenza" e stabilità: « ... in effetti la stabilità fornisce uno scopo alla tendenza autorìtaria». Anche creando strutture volte a prevenire che gli esperti si insediino e possano così dominare gli altri, sta di fatto che gli esperti si insediano comunque, e dominano; i non esperti accettano l'idea che essi non sono in grado di amministrare, oppure che non hanno alcunché da amministrare in proprio, e quindi si sottomettono alle decisioni degli esperti. Per contrastare questo autoritarismo istituzionale bisogna saper riconoscere in quale misura il nostro bisogno di stabilità e di efficienza contribuisce allo spirito di dominazione. In particolare, la Le Guin attribuisce all'incertezza un valore esistenziale positivo, almeno come contromisura (emergente dalla leggenda di "Ainsetain") dell'idea marxista che la storia sia un libro chiuso e che ogni mezzo possa essere adottato per poter giungere al termine di essa, che è conosciuto, millenaristico. Significativamente, Shevek fa la sua scoperta della comunicazione istantanea (il telefono temporale) mentre si trova sul pianeta Urras, e dopo aver abbandonato i suoi desideri di certezza teorica. Il futuro non è né completamente conosciuto né completamente ignoto, è piuttosto come una profezia che si autorealizza, sarà quello che desideriamo e vogliamo.
L'attenzione della Le Guin si volge dunque, in gran parte, al tempo, visto sia come una "freccia", per mettere in evidenza la successione e il progresso, sia come un "cerchio", per mettere in evidenza l'unità (il che vale anche per la vita di Shevek, e per la struttura stessa del romanzo, che procede verso molte direzioni e resta tuttavia circolare nella sua unità etica).

... non lo si può spiegare né come pura sequenza né come pura unità. Non vogliamo la purezza, ma la complessità, le relazioni di causa ed effetto, di mezzi e fini... Una complessità che include non solo la conservazione, ma anche la creazione, non solo l'essere ma il divenire, non solo la geometria ma anche l'etica.

Verso la fine del romanzo, la Le Guin così riassume il pensiero di Shevek:

Un atto non è un atto umano finquando non si presenta nel panorama del passato e del futuro. La lealtà, che fonda la continuità del passato e del futuro, perché lega il tempo in un tutto, è la radice della forza umana; niente di buono si può fare senza di essa.

Da questo punto di vista, la circolarità temporale significa esattamente quello che intendeva Johnson situando gli atti umani a metà strada tra la "memoria" e la "previsione", cioé tra le azioni passate mosse dalle speranze future legate alla coscienza del passato. Nel romanzo, ciò è visibile anche attraverso la storia personale di Shevek e sua moglie, che continuano nonostante tutto a rimanere legati l'un l'altra. C'è un tocco di determinismo in tutto questo, Shevek lo ammette, ma scegliendo "l'incertezza" ci si può rendere conto che non si può mai essere deterministicamente sicuri di quanto dovrà accadere nel futuro o di ciò che è accaduto nel passato. E' significativo che la Le Guin porti queste idee sulla relatività a supporto di concezioni anarchiche/socialiste; in tal modo, infatti, rende assai più ricca la concezione anarchica di individuo (infatti, come si può essere individui, nel senso stretto della Parola, se siamo stati forgiati dal nostro passato, dalla famiglia, dalla società) e di società (che non è qualcosa di dato, ma ha radici, è legata alle speranze, alle profezie, agli utenti). Inoltre il tempo visto come qualcosa di circolare e simultaneo (un' "eterno presente") può allontanare le persone dal bisogno di autoaffermazione e di dominazione e spingerle verso la cooperazione: in altri termini, se quanto facciamo adesso non è che il riflesso delle nostre aspettative per il futuro, allora abbiamo la possibilità di controllare a quale futuro stiamo andando incontro. La Le Guin stessa fa questi collegamenti, attraverso il concetto di responsabilità:

... la cronosofia è legata all'etica. Perché il nostro senso dei tempo coinvolge la nostra capacità di separare causa ed effetto, mezzi e fini. Il bimbo ... l'animale, non vedono la differenza tra quanto fanno ora e quanto accadrà a causa della loro azione. Non sanno fare una puleggia, né possono fare una promessa. Invece noi possiamo. Noi percepiamo la differenza tra ora e non ora, e sappiamo stabilire il rapporto. Ed ecco che entra in gioco la morale. Responsabilità... Mancare ad una promessa è come negare la realtà del passato. Ed equivale a negare la speranza in un vero futuro.

E questo senso del tempo, in tutta la sua ricchezza, che spiega l'uso della fantascienza da parte della Le Guin. Nella fantascienza il tempo è un antidoto contro il pessimismo e il cinismo. Attraverso le sue finzioni, anche quelle catastrofiche, la fantascienza ci indica che il futuro è nelle nostre mani, che le cose sono indeterminate, in evoluozione, eppure possono venir padroneggiate e sottomesse ai nostri desideri:

Tu non capisci cos'è il tempo, disse. Dici che il passato è passato, che il futuro non è reale, che nulla cambia, sche non c'e' speranza. Pensi che Anarres sia un futuro che non si può raggiungere, così come il Passato non può essere modificato. Quindi non c'è che il presente, Urras, ricco, reale, stabile, adesso. E pensi che sia qualcosa che si può possedere. Lo desideri. Pensi che sia qualcosa che ti piacerebbe avere. Ma non è reale, lo sai. Non è stabile, non è solido ... niente lo è. Le cose cambiano, cambiano. Non puoi avere niente. E meno che mai puoi avere il presente, a meno di accettare con esso anche il passato e il futuro. Non solo il passato, ma anche il futuro, non solo il futuro, ma anche il passato!


Quindi il titolo ha anche un altro significato!

In generale, dunque, la Le Guin ha collegato le idee fondamentali dell'anarchismo (libertà individuale, cooperazione volontaria, sindacalismo) ad una teoria intelligente sul duplice bisogno umano di dominare e di cooperare; inoltre ha accoppiato gli aspetti positivi e negativi dell'anarchismo ad una suggestiva interpretazione del tempo e della teoria della relatività. Ciò che mi sembra particolarmente importante è il fatto di mettere in rilievo l'ingenuità dell'ottimismo anarchico: la volontà di dominio è intrinseca all'uomo ed è un problema che va affrontato ad ogni nuova generazione; si presenta in forme diverse e non è destinata a scomparire semplicemente con la scomparsa dello Stato. Può essere contrastata solo rendendoci conto di quanto desideriamo la stabilità, di come sia facile interiorizzare l'idea della dominazione sugli altri, e soprattutto rendendoci conto di quanto scarsa sia la nostra fiducia nelle nostre possibilità di azione autonoma.
Tratto da "Volontà" n.3 del 1986

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