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sabato, giugno 07, 2014

Cos'è la wertkritik "critica del valore"?

Cos'è la wertkritik?



Con da una parte il lavoro magistrale di Moishe Postone, il "Chicago Political Workshop" ed il gruppo con base a Londra "Principia Dialectica" e dall'altra parte i gruppi tedeschi ed austriaci come Krisis, Exit, Streifzüge o il gruppo 180° con dei teorici come Roswitha Scholz, Norbert Trenkle, Robert Kurz, Anselm Jappe, Gérard Briche, Ernst Lohoff, e molti altri autori, una "reinterpretazione della teoria critica di Marx" come l'ha chiamata Postone, è apparsa durante gli ultimi due decenni. A differenza delle tradizionali letture di Marx con le quali essa rompe, quest'approccio a volte etichettato come movimento della "critica del valore" (wertkritik), ha degli interessi principali diversi: questa nuova critica si è in gran parte fatta notare per aver articolato un approccio teorico che porta un'attenzione particolare al carattere feticista della produzione delle merci, alla dimensione astratta (lavoro astratto) di ogni lavoro, alla distinzione tra valore e ricchezza materiale ed alla natura del capitale come "soggetto automata". Così, a differenza dei marxismi tradizionali i principali soggetti del capitalismo non sono né il proletariato, né la borghesia, ma piuttosto il capitale stesso (il valore che si autovalorizza). Il valore non è limitato alla sola "sfera economica", ma impone la sua struttura a tutta la società, il valore è una forma sociale di vita e di socializzazione, un "fatto sociale totale".
Uno dei punti centrali di questo nuovo lavoro teorico è di sviluppare una critica del capitalismo che non si ferma al livello degli antagonismi di classe sociologici, alla questione dei rapporti di distribuzione e di proprietà privata dei mezzi di produzione. La classe capitalista gestisce un processo di produzione di merci a suo proprio profitto, ma non ne è né l'autore né il padrone. Lavoratori e capitalisti non sono che le comparse di un processo che li supera, la lotta di classe se esiste, non è in realtà che una lotta di interessi all'interno delle forme di vita e di socializzazione capitaliste. Così al contrario dell'anticapitalismo limitato, la critica del valore osa infine criticare il sistema nella sua totalità, e innanzitutto criticare per la prima volta il suo principio di sintesi sociale, il lavoro in quanto tale, nelle sue due dimensioni concreta ed astratta, come attività socialmente mediatizzante e storicamente specifica al solo capitalismo, e non come semplice attività strumentale, naturale e transtorica, come se il lavoro fosse l'essenza generica dell'uomo che sarebbe captata esternamente dal capitale. È il doppio carattere di questa forma di vita sociale e sfera separata della vita che è il lavoro e non il mercato e la proprietà privata dei mezzi di produzione , che costituisce il nucleo del capitalismo. Soltanto nella società capitalista, il lavoro astratto si rappresenta nel valore, il valore è l'oggettivazione di un legame sociale alienato. Il valore di scambio di una merce non è che l'espressione, la forma visibile, del valore "invisibile".
Un movimento di emancipazione dal feticismo del valore, non può più criticare questo mondo a partire dal punto di vista del lavoro. Non si tratta dunque più di liberare il lavoro dal capitale, ma di liberarsi dal lavoro in quanto tale, non facendo lavorare le macchine esistenti perché il modo industriale di produzione è intrinsecamente capitalista (la tecnologia non è neutra), ma abolendo un'attività posta al centro della vita come socialmente mediata. Tuttavia la critica non deve fornire in allegato, un manuale di istruzioni per un'organizzazione alternativa dell'utilizzazione della vita. Essa sviluppa una spiegazione possibile del mondo presente, delle sofferenze reali delle nostre proprie vite e delle esigenze sociali che sono loro imposte, ma non è un manuale di istruzione che spieghi come costruire correttamente una "società ideale". Il solo criterio proposto dalla wertkritik è che nessunmedium feticista (come oggi il lavoro) si interpone oramai tra gli individui sociali e tra gli individui sociali ed il mondo.
E poiché non è mai esistito, ciò resta da inventare. Ma non c'è compromesso possibile con l'economia, e cioè con il lavoro come forma capitalista del metabolismo con la natura, e come mediazione sociale tra gli umani. Non si può privilegiare accanto all'economia, altre dimensioni (il dono, il mutuo appoggio, la cura, ecc.) che potrebbero esistere parallelamente, perché il valore è una forma sociale totale feticista che invade tutto: bisogna uscire decisamente dall'economia inventando altre forme di mediazione sociale tra noi, oltre quelle del lavoro, della merce, dl denaro, del capitale che collega le nostre "capacità di lavoro" sulle sue disposizioni sociali e le sue macchine.
Altri punti forti di questo nuovo lavoro teorico è stato di fornire una struttura che permette di comprendere il processo di crisi economica che è iniziato negli anni 70 e di cui i notevoli effetti attuali sono spesso intesi come una semplice "crisi finanziaria", o un altro apporto è stato l'elaborazione di una teoria socio-storica delle conoscenza e della soggettività che rompe con l'epistemologismo contemporaneo, pur consentendo di comprendere in altro modo l'antisemitismo, il razzismo, la politica, lo Stato, il diritto, il dominio patriarcale, ecc. Per avere più ampia conoscenza con questo nuovo lavoro teorico che rompe con il marxismo, si potrà consultare la sezione "presentazione della wertkritik". 
 
 
[Traduzione di Ario Libert]
 
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