Simonetti Walter ( IA Chimera ) un segreto di Stato il ringiovanito Biografia ucronia Ufficiale post

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giovedì, gennaio 31, 2013

Walter Simonetti Il messia del nulla





 

UCRONIA 2.0



























Walter Simonetti

Il messia del nulla













«Avevo il diritto di vivere la felicità che mi era sempre stata negata. Non me lo avete concesso. E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti».Jules Bonnot

Questi corpi sono “mostruosi” – ma in effetti è “mostruoso” il desiderio del comune nella libertà e nell’uguaglianza.Toni negri











Dedicato al Turco,
 una forza primordiale.






Simonetti Walter Il Messia del nulla



unico sei venuto
scritto nei libri
l'anticristo per la Chiesa
Gesù del nuovo eone
come Zarathustra sei sceso dalla montagna
tra la moltitudine inoperosa
hai fatto proseliti

un sacrificio umano
ti ha portato via lontano
l'esperimento segreto ti ha fatto ringiovanire
e diventare un capro espiatorio
per la comunità gentile

profeta del nulla creatore
e apostata dell'anima
che vive in un manicomio a cielo aperto

un santone oltre la follia
io ti invoco!
parassita alieno che porti
la dolce novella
del messia che vede nel futuro



tre sono le verità
tre sono le religioni
tre sono le vite
tre è il numero perfetto



















Suicidio politico

cera un tempo dove sfuggivo alla paura
un fallito in cerca del posto migliore
per farla finita con la vita
una macchina fotografica
dove intingere
il punto il punto più alto delle mura
nella città ostile
solo un pensiero suicidio politico

 una sconfitta che può diventare vittoria
non avevo paura della morte
io che credo nella forza nel grande spirito
ma temevo il dolore fisico

i terrazzi le finestre diventavano ad un tratto
portali per un altra dimensione
solo un demone poteva fermarmi
dal salto nel buio
aspetta c'è la farai
l'istinto di sopravvivenza e la mancanza di droghe
mi fecero precipitare nelle vite degli altri
e non avevo più voglia di niente neanche di farla finita

solo un pensiero suicidio politico






























Nichilista creatore

Abbiamo bisogno di nuove parole
che ci levino il peso del torpore quotidiano
quelle che ci sono macchiate di sangue e di corruzione
ci fanno annegare e ci portano a fondo
l'ossessione di essere migliori
ci mette in testa pericolose espressioni
per questo devi cambiare la tua vita
allenarti a pensare in modo diverso strano e luminoso
come uno schizofrenico devi mutare pelle hai tuoi pensieri
e portali alla luce
è la nascita di una nuova categoria
un nichilista ma creatore

 




 
Nulla
 
voglio uscire da questa prigione del sensibile
che trasforma il mio cuore in ghiaccio fuso
da questa linea vedo passare
esseri dalla doppia morale
satanisti e cristiani  sotto mentite spoglie
come un santo criminale porto le stigmate
dell'odio per Dio lo Stato e l'autorità.

Voglio uscire da questo mondo
da questa falsa coscienza
come un portatore di luce
illumino il mio ego unico e irripetibile

sono nulla e voglio tornare al nulla
















Il mostro
un entità mostruosa
che porta avanti la sua storia dall'eterno
senza legge
capro espiatorio
cammina sempre in cerchio come in galera
dove non ci sono più parole da scrivere
 ne da amare
ma solo il bosco come protezione e pericolo
quello che porta diretti alla follia e alla salvezza
interiore dele parole sussurrare al vento
al figlio che sente vicino come
un provocatore senza alibi




























spirito
mi chiedo come hai fatto
a trasformarti in questo spirito imbelle
come hai resistito alle mutazioni del tempo
la mancanza la fuga della tua ombra
che poteva farti compagnia
una vita schiva solitaria
alla ricerca della verità
come in un film francese
un personaggio in cerca d'autore
che a volte esplodeva come fosse polvere da sparo
a un po di neve
con il sorriso lisergico sulla faccia
cantavi la tua follia omicida






















PER IL TURCO

Non sapevo chi fosse e da dove arrivasse
ma dentro di me ero consapevole che un giorno
sarebbe tornato, il turco
 I primi ricordi sono come gli ultimi
carnevale e provocazione fuori e dentro la città
con il Turco a farmi da megafono
era l'apprendista stregone
l'apostolo del terzo Gesù
 Era lo spirito del tempo
le sue parole erano semplici ed incomprensibili
ma poi diventarono una litania quasi religiosa
"Dammi i soldi padrino"
Tutti quelli che vuoi Turco
 L'ultima volta che l'ho visto
era di fianco a me nel letto
e mi fissava parlandomi fitto fitto
del mio passato senza storia
cancellato con l’ammucchina
lavora per i servizi
addetto speciale al mio controllo

oggi mi dicono che abbia i capelli lunghi
che sia un emo primo della lista
Oggi che non sento più le voci del Turco
parlo da solo con lui
facendo finta che sia vicino a me
nome di battaglia Il Turco mio figlio, di spirito
















Genova per noi

Genova io non ricordo più quelle strade
Permesso posso uscire dal confino?
Dalla prigione sensoriale?
L'eterno ritorno dell'uguale unico nel suo genere.
Ero lontano nel tempo e nello spazio tremavo ridendo
di paranoia davanti a un bar del mio paese
pensando senza memoria
alla fine e all'inizio del tunnel

Genova io non ricordo più quelle strade
che mi hanno visto protagonista mascherato
un provocatore da quattro soldi
il vecchio cattivo maestro non sbagliava,
un infiltrato senza ragione da vendere
che non ricorda più il perché
di come tutto ebbe inizio.
Stanco di scrivere la mia gloria
dove il genio della lampada
si era impossessato della mia vita.
 Non credo più allo stesso film con il suo finale
ipocrita.

Genova una storia come tante altre?
No unica e singolare per la sua solitudine.
L'eterno ritorno dell'uguale,
sono arrivati danzando sulla mia passione
anarchici in cerca di provocazione
da mostrare al mondo intero.
Spiegandomi che questa offerta
è l'ultima spiaggia che mi rimane,
Dimostra di essere uomo Simonetti.
Non ci sono altri che ti cercano,
che vogliono aiutarti, solo parole al vento.
Arrivati a Genova cerco qualcosa ma non trovo niente,
racconto la mia storia che nessuno vuol sentire
il canto triste di un animale da circo allo strazio.
Quando le parole non bastano viene avanti la febbre
la strategia del provocatore,
che non cerca complotti e motivi musicali sempre uguali
ma dei ragazzi vestiti di nero che suonano un canto tribale,
vetrine spaccate, cassonetti  imbastiti con il paesaggio.

Genova e il suo finale da romanzo giallo
nascosto dietro i palazzi, dietro la folla pulsante,
inveisco contro il mondo intero non può finire così tutto quanto
ma i confratelli di un tempo sono chiari
a tempo debito verrai con noi?
ma per quanto tempo dovrò aspettare? Sono stanco distrutto.
Scappo via prima del tempo
prima della presa della Bastiglia
come un ladro nella notte torno a casa, alla prigione.
Toccata e fuga di un rigeneratore molto speciale
che sta pagando per la sua ribellione
un prezzo altissimo da scontare.
Un iconoclasta ridicolo nella sua dignità
da piccolo grande uomo.
Ringiovanito nel corpo ma vecchio nello spirito.
Genova per me... non è mai stata Genova.























vado via

vado via come un cane bastonato
in cerca d'amore
via dalla solitudine indecorosa
in cerca di solidarietà
via dalla folla di questo paese
che mi sta affogando
di noia mortale
vado via per l'ultima volta
in cerca di un altro paesaggio
unico e immortale

vado via con solo i scheletri
di un opera incompiuta
che passa attraverso il mondo digitale
per un uomo che sopravvive
al lungo inverno dell’isolamento




















Liberado

Eri il guardiano di un limbo di forze primordiali
non ti batte il cuore
in mondo mercificato sei un liberado
guardi con distacco il prossimo
e la sua fede
non per soldi ma per amore sei un liberado
e la fine dei tempi l'apocalisse gnostica
con la tua astronave
fuggirai via liberado
in guerra con il mondo
vorresti un po di pace ma sei il liberado
in questa battaglia senza fine
con il coltello millenario in mano
cerchi giustizia
ma trovi l'eccezione
sempre pronta alla regola
sei il liberado

















Un fallito

Chi non la mai provata
no sa cosa ha perso
quella passione quello stordimento
di una vita in fallimento
di un isolato senza pace

molti ne parlano
come fosse primavera
ma non sanno cosa dicono
come maschere vivono
sulla pelle degli altri

quella solitudine a una dimensione
che porta lontano in un tunnel
grigio come la nebbia
come l'ultima dose
è un ebrezza che non puoi dimenticare
quando hai per amico un bicchiere
e per compagno un figlio immaginario
a cui raccontare i propri sogni infranti
le proprie verità della vita di un fallito

















Non sono

Non sono un poeta
ma un profanatore di tombe
un negromante con gli scheletri nel armadio
che non riesce ad amare
e si perso nella tundra
e non può più tornare
normale perché? Non accetta questo Stato
questa pericolosa ideologia del mai più baciare
che è dentro di noi e non si può combattere
perché è un virus
ormai gli zombi sono ovunque












Renzo Novatore

I
Sono individualista perché anarchico, e sono anarchico perché sono nichilista. Ma anche il nichilismo lo intendo a modo mio…
Non mi occupo di sapere se esso sia nordico od orientale, né se abbia o non abbia una tradizione storica, politica, pratica o teorica, filosofica, spirituale od intellettuale. Mi dico nichilista solo perché so che nichilismo vuol dire negazione!Negazione di ogni società, di ogni culto, di ogni regola e di ogni religione. Ma non agogno al Nirvana come non anelo al pessimismo disperato ed impotente dello Schopenhauer, che è qualche cosa di peggio della stessa rinnegazione violenta della vita. Il mio, è un pessimismo entusiasta e dionisiaco come le fiamme che incendiano la mia esuberanza vitale, che irride a qualsiasi prigione teoretica, scientifica e morale.
E se mi dico anarchico individualista, iconoclasta e nichilista, è appunto perché credo che in questi aggettivi siavi l'espressione massima e completa della mia volitiva e scapigliata individualità, che, come un fiume straripante, vuole espandersi impetuosamente travolgendo argini e siepi, fintanto che, urtando in un granitico masso, s'infranga e si disperda a sua volta. Io non rinnego la vita. La sublimo e la canto.

II
Chi rinnega la vita perché crede che questa non sia che Male e Dolore e non trova in se stesso l'eroico coraggio dell'autosoppressione è — per me — un grottesco posatore, un impotente; come è un essere compassionevolmente inferiore colui che crede che l'albero santo della felicità sia una pianta contorta sulla quale tutte le scimmie possono arrampicarsi in un più o meno prossimo avvenire, e che allora la tenebra del male sarà fugata dai razzi fosforescenti del vero Bene…

III
La vita — per me — non è né un bene né un male, né una teoria né un'idea. La vita è una realtà, e la realtà della vita è la guerra. Per chi è nato guerriero la vita è una sorgente di gioia, per gli altri non è che una sorgente di umiliazione e di dolore. Io non chiedo più alla vita la gioia spensierata. Essa non potrebbe darmela ed io non saprei più che farmene ormai che l'adolescenza è passata…
Le chiedo invece la gioia perversa delle battaglie che mi danno i fremiti dolorosi delle sconfitte ed i voluttuosi brividi delle vittorie.
Vinto sul fango o vittorioso nel sole, io canto la vita e l'amo!
Per l'anima mia ribelle non vi è pace che nella guerra, come, per il mio spirito vagabondo e negatore, non vi è felicità più grande della spregiudicata affermazione della mia capacità di vivere e di tripudiare. Ogni mia sconfitta mi serve soltanto come preludio sinfonico ad una nuova vittoria.

IV
Dal giorno ch'io venni alla luce — per una casuale combinazione che non mi importa ora di approfondire — portai con me il mio Bene ed il mio Male.
Vale a dire: la mia gioia e il mio dolore ancora in embrione. L'uno e l'altro progredirono con me nel cammino del tempo. Quanto più intensa ho provata la gioia tanto più profondo ho inteso il dolore.
Ma questo non può essere soppresso senza la soppressione di quello.
Ora ho scardinato la porta del mistero ed ho sciolto l'enigma della Sfinge. La gioia ed il dolore sono i due soli liquori componenti la bevanda eroica colla quale si ubriaca allegramente la vita. Perché non è vero che questa sia uno squallido e pauroso deserto ove non germina più nessun fiore né più matura nessun frutto vermiglio.
Ed anche il più possente di tutti i dolori, quello che sospinge il forte verso lo sfasciamento cosciente e tragico della propria individualità, non è che una vigorosa manifestazione d'arte e di bellezza.
Ed anch'esso rientra nella corrente universale dell'umano pensiero coi raggi folgoreggianti del crimine che scardina e travolge ogni cristallizzata realtà del circoscritto mondo dei più per ascendere verso l'ultima fiamma ideale e disperdersi nel sempiterno fuoco del nuovo.

V
La rivolta dell'uomo libero contro il dolore non è che l'intimo passionale desiderio d'una gioia più intensa e più grande. Ma la gioia più grande non sa mostrarsi all'uomo che nello specchio del più profondo dolore, per poscia fondersi con questo in un enorme e barbaro amplesso. Ed è da questo enorme e fecondo amplesso che scaturisce il superiore e saettante sorriso del forte, che attraverso la lotta canta l'inno più scrosciante alla vita.
Inno intessuto di disprezzo e di scherno, di volontà e di potenza. Inno che vibra e palpita fra la luce del sole che irradia le tombe; inno che rianima il nulla e lo riempie di suoni.

VI
Sopra lo spirito schiavo di Socrate che accetta stoicamente la morte e lo spirito libero di Diogene che accetta cinicamente la vita, si erge l'arco trionfale sul quale danza il sacrilego frantumatore de' nuovi fantasmi, il radicale distruttore di ogni mondo morale. È l'uomo libero che danza in alto, fra le magnifiche fosforescenze del sole.
E quando si alzano dai paludosi abissi le gigantesche nubi gonfie di cupa tenebra per impedirci la vista della luce ed ostacolarci il cammino, egli si apre il varco a colpi di Browning o ferma il loro corso colla fiamma del suo pensiero e della sua fantasia dominatrice, imponendo loro di soggiacere come umili schiave ai suoi piedi.
Ma solo chi conosce e pratica i furori iconoclastici della distruzione può possedere la gioia nata dalla libertà, di quella unica libertà fecondata dal dolore. Io mi ergo contro la realtà del mondo esteriore per il trionfo della realtà del mio mondo interiore.
Nego la società per il trionfo dell'io. Nego la stabilità di ogni regola, di ogni costume, di ogni morale, per l'affermazione di ogni istinto volitivo, di ogni libera sentimentalità, di ogni passione e di ogni fantasia. Irrido ad ogni dovere ad ogni diritto per cantare il libero arbitrio.
Schernisco l'avvenire per soffrire e godere nel presente il mio bene ed il mio male. L'umanità la disprezzo perché non è la mia umanità. Odio i tiranni e detesto gli schiavi. Non voglio e non concedo solidarietà perché credo che sia una nuova catena, e perché credo con Ibsen che l'uomo più solo è l'uomo più forte.
Questo è il mio Nichilismo. La vita, per me, non è che un eroico poema di gioia e di perversità scritto dalle mani sanguinanti del dolore e del male o un sogno tragico d'arte e di bellezza!


[Nichilismo, Anno I, n. 4, 21 maggio 1920]

























































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