IL MONDO DOPO IL SUO ABBANDONO
DA GIORGIO CESARANO
E L A CR ITICA
CAPITALE
E L A CR ITICA
CAPITALE
≪Il
principio viene dopo la fine≫. Giorgio
Cesarano
— Nota di lettura su Origine e
funzione
della cultura di
Geza Roheim.
≪Karl
Kraus: ‹La meta e l'origine›.
In tale
frase,
precisa Adorno, si esprime anche [...]
che il
concetto di origine deve perdere la
sua
vacuita statica≫. Giorgio Cesarano —
Nota di
lettura su Dialettica
negativa di
Theodor
Wiesengrund Adorno.
La nota di lettura di Giorgio Cesarano
dedicata a Ce
monde qu'il faut quitter di Jacques
Camatte, fu scritta sul quaderno
mobile 5, di
cui la «nota redazionale» riferisce essere stato
iniziato nel gennaio del 1975. È dunque una delle
ultime cose scritte da Cesarano, ed è pure
l'ultima nota di lettura del volume citato. Nel
citare un passaggio del testo di Camatte, Cesarano
si imbatte nuovamente, cioè ancora una
volta, nel termine antropomorfosi
riferito al capitale.
Ma il farsi (e il miraggio del perpetuarsi)
di
un'umanità-capitale era già stato oggetto privilegiato
dell'analisi critica di Cesarano. E la
consuetudine, la stima e l'affinità teoretica, di
Cesarano con l'opera di Jacques Camatte come
erano state durature (oltre alle facili occorrenze
di alcune parole-chiave come Gemeinwesen,
basterebbe,
a dimostrarne l'influenza, la penultima
tesi di Apocalisse
e rivoluzione in cui Cesarano
e Collu si riferiscono al «capitale antropomorfo
» nominando, in nota, il testo di Camatte Au
delà de la valeur,
tratto da Invariance n. 2, II serie)
furono reciproche, dato che Camatte intraprenderà
la traduzione in francese di Apocalisse e
rivoluzione e
della Cronaca di un ballo mascherato.
Inoltre si deve ricordare che Gianni Collu ave!
va scritto con Jacques Camatte, tra l'altro, un
breve testo dal titolo Transizione, apparso su
Invariance n.
8, I serie, e che, dopo essere stato
riscritto e integrato di una nota aggiuntiva, fu
pubblicato dalle edizioni «La vecchia talpa» di
Napoli nel 1971, ed infine allegato a Apocalisse e
rivoluzione.
Le ultime parole riportate da Cesarano (mi
riferisco alla nota di lettura su Ce monde qu'il faut
quitter),
dicono che «il capitale sotto forma di
credito è il capitale
in processo».
E nel primo paragrafo — dal titolo «Cuore di
tenebra» — di Cronaca
di un ballo mascherato di
Giorgio Cesarano, Piero Coppo e Joe Fallisi,
mentre si accenna a diverse nozioni sviluppate
da Camatte (dominio
reale del capitale, carattere fittizio
del capitale, l'uomo quale essere del capitale
fittizio,
ecc.), si trova scritta, lapidaria, questa frase:
«l'antropomorfosi
del capitale è un fatto compiuto».
E immediatamente di seguito:
Si
disvela qui l'arcano sortilegio grazie al
quale il
credito generalizzato, sotto cui
corre
ogni scambio [...], stampa a immagi!
ne del
suo vuoto
uniforme
il ‹cuore di tenebra›
di ogni personalita
e
ogni carattere.
Si può riconoscere senz'altro in questo passaggio,
grazie alla discreta occorrenza del termine
credito,
un tratto della contiguità del percorso
di Cesarano (e di altri individui che ne
hanno condiviso delle esperienze) col cammino
di Jacques Camatte. Non potendo, e non intendendo,
qui esaminare nel proseguo il cammino
di Camatte (un cammino che si snoda da più di
quarant'anni, e di cui si mostra urgente un
compendio o un'esegesi, a chi saprà tesserne la
trama, per illustrarne alle giovani generazioni il
percorso e la direzione, se non l'approdo), vorrei
accennare a qualche argomento presente in
Ce monde qu'il faut quitter42.
Il testo di Camatte è datato agosto 1974, ed
apparve su Invariance
n. 5, II serie, nell'ottobre
dello stesso anno. Jacques Camatte, in apertura,
dichiara che, per definire il mondo che bisogna
abbandonare, occorre precisare come si presen-
ta «il divenire del modo di produzione capitalistico»,
ed inoltre, accennando alla questione del
«superamento» di Marx (interlocutore «sempre
essenziale» nella vita dell'autore), dice: «insomma
si deve abbandonare la pratica di uccidere
un padre anche mitico».
In effetti il dialogo con i testi di Marx è continuo
e serrato in tutto lo scritto. Camatte scrive
che è stato indotto a
introdurre
il concetto di antropomorfosi in
seguito
alla lettura della Kritik
des Hegelschen
Staatsrechts
(Critica
della filosofia dello
Stato
di Hegel).
Aggiunge che nel 1962–1963 aveva preparato
dei commentari in vista di uno studio sulla democrazia
che inviò a Bordiga nel 1964, in cui segnalava
che «il capitale si è antropomorfizzato»
e prima: «tutta la sostanza umana è capitale»,
ma, interrogando i Grundrisse, Camatte fornisce
anche un'altra determinazione dell'antropomorfosi
del capitale, secondo la quale Marx lo
«considera come un enorme lavoratore» d'altronde,
se il capitale in
processo si era potuto sviluppare,
dunque,
sia a
partire dal suo polo valore sia a partire
dal suo
polo lavoro — proletariato —,
Lukacs,
in Storia
e coscienza di classe,
aveva attribuito,
dialetticamente,
al proletariato la
necessita
di ≪diventare soggetto e oggetto
della
storia.
Nel Libro III del Capitale, Camatte rinviene
che il capitale par
excellence «esiste anche, particolarmente,
per la rappresentazione (für die Vorstellung)».
D'altra parte nei commentari sulla Kritik des
Hegelschen Staatsrechts, Camatte faceva notare un
processo di astrazione dell'umanità: «il capitale
astrae l'uomo» ed anche: «l'uomo della società
borghese è puro spirito».
Quanto al tema della rappresentazione, nel
paragrafo finale di Questo
mondo che bisogna abbandonare,
il cui il titolo viene raddoppiato
dall'ordine che appare in testa: Bisogna abbandonare
questo mondo,
Camatte scrive così:
Bisogna
abbandonare questo mondo in cui
domina
il capitale divenuto spettacolo degli
esseri e
delle cose. Spettacolo nel senso
in cui
l'intendeva Pico della Mirandola
quando
diceva che l'uomo era spettacolo
del
mondo oppure, anche, specchio. [...] In
seguito
al processo d'antropomorfosi il capitale
diventa,
a sua volta, spettacolo; si assimila,
s'incorpora
tutte le qualita degli uomini,
tutte le
loro attivita senza mai essere
una tra
esse, altrimenti si negherebbe per
sostanzializzazione,
inibizione del suo processo
di vita.
Accettando le rappresentazioni
del
capitale gli uomini vedono uno spettacolo
che e la
loro ridondanza mutilata
perche
in generale essi non ne percepiscono
che una
parte soltanto, da tempo essi hanno
perduto
il senso della totalita.
Camatte in precedenza aveva spiegato però
che
questa
rappresentazione non e, di fatto,
operante
che a partire dal momento in cui
gli
uomini interiorizzano il capitale e fanno
del
capitale la loro rappresentazione
e quindi, da quel momento «la mediazione tra
esseri umani e qualsiasi realtà è il capitale». Per
cui:
L'irrazionale
di ieri e il razionale d'oggi.
Tutto
quello che fu umano diventa irrazionale.
Rivendicare
una vita fondata sugli uomini
e sulle
donne, sulla rigenerazione della
natura,
la riconciliazione con essa, ha del
pazzesco.
Il dibattito sull'inquinamento e i
limiti
dello sviluppo lo mostra ampiamente
(rileggendo queste frasi, come si notano immediatamente
i riverberi, gli echi di una consonanza
e di un'affinità teoretiche tra Camatte e
Cesarano — che peraltro non fu mai identità —,
come si riconoscono, a prima vista, gli argomenti
dibattuti dall'uno e dall'altro!).
Nell'ottava tesi di Ciò
che non si può tacere (documento
redatto assieme a Paolo Faccioli), che
si può considerare l'ultimo suo scritto43, Cesarano
scrive cosi:
Oggi
noi, pressati dal carattere di aut-aut
raggiunto
dal Dominio (sulla natura, esterna
e interna
all'uomo),
riconosciamo non
tanto il
massimo della disgregazione, dell'impoverimento
giunto
alla sua forma piu
completa
[...], quanto l'insorgere di cio che
43
Pubblicato da Puzz
n.
20 nel giugno-agosto 1975.
sempre
rimase irriducibile, il suo presentarsi
nello
stato d'emergenza come una
certezza,
il suo profilarsi, nel carattere ultimativo
della
lotta, come forza che si
afferma
e si mostra proprio al limite in cui
la
negazione assoluta e l'omologazione assoluta
ci
restituiscono rovesciato il senso di
secoli
di errance
de l'humanite,
come la soglia
che fa
scattare la differenza quale motore
della
discontinuita, del Nuovo≫. Inoltre,
accennano
gli autori, nella tesi conclusiva,
all'emergere
di una ≪totalita reale, vivente,
gia di
fatto in pressione contro la superficie
blindata
della totalizzazione operata
dai modi
di produzione capitalistici.
Nel paragrafo tredicesimo della Cronaca di un
ballo mascherato (1974)
Cesarano, Coppo e Fallisi
avevano scritto che
a mano a
mano che l'antropomorfosi del
capitale
mette in scena un'umanita di automi,
insorge
a combatterla cio che le e irriducibilmente
alieno,
e nella conclusione avevano detto che
L'umanizzazione
del pianeta e dell'universo
naturale,
e l'umanizzazione dell'uomo
stesso,
e il
possibile,
che traspare al di la dei
diagrammi
del collasso capitalista, al di la
della
mostruosita imposta al mondo e agli
uomini
da un modo di produzione necrotizzante,
fondato
sulla valorizzazione del
falso
storpiando il vero sin dal seme e sin
dalla
culla.
Camatte, in Ce
monde, prova tuttavia a porsi
delle altre domande sullo stesso aut-aut. Può il
capitale liberarsi del «residuo di un modo
d'essere umano»? E, in definitiva:
Infine
se esso si emancipa totalmente, cosa
puo
finalmente essere se non l'accettazionerappresentazione
che noi
ne abbiamo nel
nostro
cervello?
Questa rappresentazione, egli avverte, è sia
«la sua forza più grande», sia il luogo a partire
dal quale può avvenire la sua dissoluzione. Ciò
richiede la necessità di
considerare
in particolare tutto cio che il
capitale
puo essere in realta, tutto quello
che gli
uomini investono coscientemente o
no nella
realta capitale
(e questa nota ci fa sovvenire, sia tutta la diffidenza
che Cesarano avvertiva nei riguardi della
personalità, della coscienza e dell'Ego, e verso
la «forma ancora idealisticamente coscienziale»
delle teorie rivoluzionarie del passato, sia l'eco
che trascina un'aggettivazione, per via dell'impiego
dell'espressione realtà
capitale da cogliere,
secondo Cesarano, al contrario, come utopia capitale).
Dunque (siamo arrivati di nuovo alla
questione della «fine del capitale, ma anche della
specie e attraverso essa della natura»), «essendosi
spogliato di ogni materialità e avendo assoggettato
gli uomini al suo essere, il capitale
potrà ancora sopravvivere?»
Il divenire del capitale è un divenire di
emancipazione, spiega Camatte, sempre sulla
scorta di Marx:
Il
capitale si libera degli uomini e della natura.
Per
dirla altrimenti, gli uomini si separano,
si
liberano della natura attraverso
il
capitale, e di conseguenza «gli uomini
diventano astratti».
Viene un
momento — come si e sempre verificato
nel
corso di tutte le rivoluzioni —
in cui
si ha una rottura e tutto si sgretola.
Perche
questa rottura si effettui, qualsiasi
avvenimento
puo essere determinante. Ma
questo
non puo essere il punto di partenza
di un
altro modo di vivere se non in quanto
gli
uomini e le donne abbiano acquisito
un'altra
rappresentazione, si mettano al di
fuori
della vecchia societa.
Ed ancora: «Non si tratta di liberare il comunismo,
perché esso implica per realizzarsi un
immenso atto di creazione», e il movimento comunista
«non può dare l'avvio a una dinamica di
vita nuova».
Il movimento di fuga dal capitale sarà realizzabile
soltanto se «gli esseri umani ritrovano nel
loro passato (dunque ricordandosene) le molteplici
potenzialità di cui sono stati spogliati».
Questa tensione estrema a cui può essere
soggetto l'essere umano, pone in rilievo, tra
l'altro, la questione della schizofrenia e dei paladini
dell'io diviso, che ritorna in Cesarano (e
Faccioli) fino all'ultima tesi di Ciò che non si può
tacere,
dopo essere stata affrontata nel Manuale
di sopravvivenza:
L'apologetica
dell'io diviso adorna di poesia
i
movimenti autonomizzati in cui l'individuo
spezzato
(schizo-frenia, cuore spezzato)
realizza
il valore di se quale agente
del
capitale.
Ciò si integra al tema del costante recupero
di ciò che apparentemente si oppone al capitale,
e di cui parla anche Camatte.
Camatte afferma che il movimento di realizzazione
della comunità umana dovrà collocarsi
al di fuori delle dinamiche di autonomizzazione,
di emancipazione-liberazione-dissociazione.
Sarà necessario invece ripensare tutto il movimento
passato, individuando come primi esempi
di ciò il «rapporto tra le diverse specie
umane prima del trionfo dell'Homo sapiens» o
il «rapporto tra le diverse comunità umane, loro
dissoluzione».
Che cosa
abbiamo perduto? E anche, che
cosa
avrebbe potuto manifestarsi, qualcosa
che fu
latente e che fu sempre inibito?
Domande del genere, Cesarano se le era poste
sicuramente, come è ampiamente provato
dalle note di lettura (von Bertalanffy, Clegg,
Pfeiffer, Róheim, Ruyer, ecc.) pubblicate nel
volume III delle Opere
complete.
Quali sono le possibili scelte, si domanda
Camatte? Le scelte sono, in realtà, soltanto apparenti,
poiché rispetto a un dominio
assoluto, «le
scelte non sono che apparenti», e c'è un «determinismo
rigoroso che conduce a una certa realizzazione».
Per offrirne un esempio:
Per
l'umanita si pone la scelta tra l'accettazione
del suo
proliferare distruttore della
vita o
il controllo-contrazione della sua
inumana
moltiplicazione quantitativa.
In riferimento alle prospettive del momento,
Camatte scriveva (ripeto che il testo è del 1974)
che
possiamo
aggiungere che viviamo un periodo
simile a
quello degli anni ‹20, periodo in
cui
molti credettero che la rivoluzione fosse
in
corso, che fosse possibile, ovvero inevitabile,
mentre
di fatto permisero, con la
loro
azione, la realizzazione della comunita
materiale
del capitale, operando nell'ambito
del suo
divenire al dominio reale.
E quindi precisava che attualmente, si tratta di un
periodo in cui e
in gioco
la possibilita di accesso del capitale
a un
dominio piu totale: il modo di produzione
capitalistico
tende realmente a superare
gli
ostacoli legati alle vecchie istituzioni
e alle
vecchie rappresentazioni.
Solo a partire dalla distruzione delle vecchie
rappresentazioni «può sbocciare una nuova comunicazione
tra gli esseri».
È indispensabile che si manifesti una «rappresentazione
diversa». Queste nuove rappresentazioni
riguarderanno il
nutrimento, la sessualità,
la morte.
Infine:
Occorre
concepire una dinamica nuova,
perche
il modo di produzione capitalistico
non
sparira in seguito ad una lotta frontale
degli
uomini contro il loro attuale oppressore,
ma
attraverso un immenso abbandono
che
implica il rifiuto di una via percorsa ormai
da
millenni.
Tuttavia non si può non notare come questa
direzione della ricerca di Camatte sia rivendicata
con parole che sembrano appartenere agli
autori di Apocalisse
e rivoluzione: «Così ritroviamo
in un'altra modalità la dimensione biologica
della rivoluzione».
In Ciò che non
si può tacere, Cesarano e Faccioli
affermavano, in una tesi già citata, in cui si nominano
Bordiga e Adorno, che quando
la
prassi insufficiente non riesce a sciogliere
in se,
inverandola, la teoria separata, allora
questa e
sospinta a rifuggirla assumendo in
modo
consolatorio e rassicurante i tempi
lunghi.
Si può pensare che la soluzione prospettata
da Camatte sia diversa, ed effettivamente discordante,
rispetto al tono e al contenuto di
Cronaca di un ballo mascherato, dove il richiamo e
l'urgenza della rivoluzione continuano ad essere
affermati con forza. Tuttavia si deve riconoscere
all'analisi della dinamica, che pare
estendersi più a lungo termine — verso i «tempi
lunghi» — nello scritto di Camatte, delle metamorfosi
(delle trans-formazioni) del capitale,
una sua validità storicamente evidenziatasi (Camatte,
a questo proposito, in Ce
monde, cita una
frase di Marx tratta dai Grundrisse,
e che pure
Cesarano riporta nella sua nota di lettura: «Il
capitale è dunque in ogni sua fase la negazione
di se stesso in quanto soggetto delle sue differenti
metamorfosi» ). Quanto alle linee di ricerca
allora indicate da Camatte («riproduzione,
nutrizione, morte»), non credo che sia questa
l'occasione per soffermarvisi, tanto più che in
quel testo erano soltanto introdotte e sollecitate
come campo di ricerca ulteriore — infatti in
nota Camatte scriveva che
nei
prossimi articoli di Invariance
si
analizzera
come
l'oppressione-addomesticamento
degli
esseri umani si e effettuata e si effettua
non solo
attraverso la sessualita, ma anche
attraverso
il nutrimento.
FONTE: http://www.ilcovile.it
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