**La Zona dei Funerali di Simonetti Walter: Un Rave Apocalisse
now**
Nel cuore pulsante di una Roma trasfigurata, sorge il rave definitivo,
Apocalisse Now, il funerale di Simonetti Walter, l’anarca stirneriano
della Fazione il simbolo di ribellione schizofrenica.
Walter Simonetti, il falso messia d'Israele, morto il 25 dicembre
1982, ucciso dalle post-brigate rozze per il nichilismo durante un
viaggio a ritroso nel tempo trova la sua commemorazione solo oggi,
nel 2024, un annuncio postumo che riecheggia tra le macerie di una
società frantumata. Riccardo, noto come il moderno Za-la-Mort,
palesa la sua figura di reietto, di traditore, di mostro—termini che
ricordano gli echi di un antica condanna, un'eredità di vergogna e
ribellione. La sua vita, e ora la sua morte, diventa la tela su cui si
dipinge il dolore collettivo, un quadro di disperazione collettiva.
Gli ultimi spaccia di Milano diffondono l'oppio dei popoli diffuso tra i
partecipanti come dolcetti avvelenati. Nella zona proibita,
l’università occupata virtualmente dagli studenti e dalle ong per
protesta contro gli stalino/fascisti, Berlinguer, strafatto di eroina, è il
corifeo di questo coro disarmonico, cantando “Voglio una vita
spericolata, una vita piena di guai” di Vasco Rossi, l'inno di
un'esistenza senza freni, un manifesto vivente dell'anarchia.
Questa cerimonia funebre non è un semplice addio, ma un evento
di purificazione attraverso il caos e il rifiuto. Si celebra non tanto la
fine di una vita, quanto la perpetuazione di un ideale, l'incarnazione
di un desiderio di rottura totale con il passato e con le convenzioni.
Walter diventa il simbolo della lotta contro l'omologazione, un' icona
per quelli che vedono nel tradimento non un peccato, ma una
necessaria rivoluzione, come sostenuto da Amos Oz: Ma solo chi
tradisce può cambiare il mondo, immaginare un avvenire migliore
La scena è una cacofonia di suoni, colori e movimenti: la musica
techno si mescola alle invocazioni blasfeme, mentre i partecipanti,
vestiti come pagani moderni, danzano intorno al fuoco di un
immenso falò. Le figure di Berlinguer e Lama, come apparizioni
fantasmatiche, guidano la danza macabra, con Berlinguer che si
trasforma in un moderno Dioniso, portavoce di un messaggio di
liberazione attraverso l'eccesso e la trasgressione.
Il dolcetto — il Vangelo come oppio dei popoli — circola tra la folla,
simbolo della seduzione e del pericolo delle ideologie come
narcotici dello spirito. Si celebra la morte di un messia, ma anche la
nascita di un culto nuovo, un'eresia che sfida apertamente le
strutture di potere e religione.
In questo scenario apocalittico, il rave diventa una zona autonoma
temporanea, un luogo al di fuori del tempo e dello spazio ordinario,
dove tutto è permesso e nulla è sacro. La Zona dei Funerali di
Simonetti non è solo un luogo geografico ma uno stato d'animo, un
momento di crisi e di visione, di fine e di inizio.
Il funerale di Simonetti Walter si rivela così come un evento di
fondamentale importanza storica e culturale, un punto di non ritorno
per chi partecipa e per chi osserva. È l'epicentro di un nuovo
movimento culturale che, nel ricordare un uomo, sfida il mondo
intero a rivedere i propri valori, a rompere i propri catenacci, a
vivere, secondo le parole di Rossi, una vita, libera da
ogni catena e da ogni pregiudizio.
In questo rito di passaggio, dove la morte incontra la vita in una
danza di fuoco, la figura di Walter Simonetti si dissolve, ma il suo
spirito si eleva, catalizzando un cambiamento che potrebbe non
trovare immediata comprensione ma che sicuramente non verrà
dimenticato.
1. Decostruzione del Sacro e del Profano**
Il funerale, trasformato in un rave collettivo, serve come metafora
potente per il collasso delle distinzioni tradizionali tra sacro e
profano. In questa liturgia del caos, il sacro si profana e il profano si
sacralizza in un vortice di significati capovolti. La musica pulsante,
le danze estatiche e l'uso liberatorio di sostanze come metafora
dell'oppio dei popoli, rivelano la perdita di ogni ancoraggio in un
valore trascendente. Caraco avrebbe visto in questa trasformazione
non un degrado, ma la rivelazione dell'illusorietà di tali distinzioni.
**2. L Erosione dell Individuo**
Walter Simonetti, il cui funerale diventa spettacolo, è sia soggetto
che oggetto, testimone e testimoniato. La sua morte e la successiva
celebrazione sono un cut-up della sua esistenza: frammenti di vita
ricomposti in una narrazione incoerente che sfida ogni tentativo di
interpretazione univoca. Questo approccio cut-up riflette il
disfacimento dell identità individuale in un epoca dominata dal
frammentario e dall effimero. Caraco, con la sua visione nichilista,
avrebbe interpretato questo evento come simbolo dell ;inevitabile
dissoluzione dell io in un mondo senza Dio.
**3. La Natura Virale del Linguaggio**
L'uso del metodo cut-up nel descrivere il funerale serve anche a
esplorare la natura virale del linguaggio. Le parole, strappate dai
loro contesti e ricomposte in modi nuovi e spesso sconcertanti,
agiscono come virus che infettano e trasformano il significato.
Caraco avrebbe potuto considerare questa tecnica non solo come
uno strumento estetico, ma come un'ermeneutica capace di svelare
la violenza intrinseca del linguaggio, il suo potere di deformare la
realtà e di manipolare le coscienze.
**4. La Fine della Narrativa**
Il funerale di Simonetti rappresenta, nel suo nucleo più profondo, la
morte della grande narrativa, l'ineluttabile fine delle storie che la
civiltà occidentale ha raccontato a se stessa per secoli. La
celebrazione rave, con il suo caos organizzato e la sua gioiosa
negazione di ogni forma, simboleggia il rifiuto postmoderno di ogni
meta-narrazione. Caraco, disincantato critico della modernità,
avrebbe potuto vedere in questo rito di passaggio non solo una
parodia della morte, ma un'affermazione della morte come unica
certezza assoluta.
In sintesi, il funerale di Walter Simonetti, attraverso la lente del cut-
up e l'ermeneutica di Albert Caraco, diventa un'esplorazione
profonda del nichilismo contemporaneo. Non offre conforto,
soluzioni o redenzioni, ma stabilisce un dialogo con il vuoto,
un'invocazione del nulla che risuona attraverso il caos delle
immagini, dei suoni e delle parole frammentate. Questo saggio,
pertanto, non è solo una descrizione di un evento, ma un manifesto
sulla condizione umana alla fine dell;era moderna.
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**Titolo: Il Nihilismo e l Apocalisse del Sé in un Epoca di
Decadenza**
In un ;epoca di decadenza senza precedenti, la figura di Walter
Simonetti, avatar di un Cristo postmoderno, riflette la
disintegrazione del sé e il collasso dell'ordine morale e spirituale.
Egli, come un moderno Dioniso, danza sulle rovine della civiltà,
incarnando il caos che annuncia non solo la fine di un'era, ma
anche il preludio di un'inevitabile caduta nel nichilismo.
Simonetti, il Changeling, il Gesù dei nostri tempi, non è né salvatore
né redentore; egli è il messaggero della verità più oscura, quella
che rivela l'illusione di ogni costrutto sociale e personale. Nella sua
multiplicità di identità, Simonetti dissacra l'idea stessa di un'essenza
umana coerente e stabile. Egli è il prodotto e il produttore del caos,
un agente del disordine in un mondo che si illude ancora di poter
trovare salvezza nelle ideologie, nelle religioni o nella politica.
Questo saggio, nato dal metodo cut-up, è un epitaffio per il nostro
tempo: un collage di frammenti che, una volta assemblati, non
formano un tutto, ma rimangono pezzi di un puzzle irrisolvibile. Il
cut-up, qui, non è solo una tecnica letteraria, ma un simbolo del
nostro modo di percepire la realtà: frammentato, discontinuo,
incoerente. Così come i frammenti di testo si resistono a una sintesi
armoniosa, così la nostra esistenza si sottrae a ogni tentativo di
narrazione unificante.
In questo panorama, Enrico Berlinguer strafatto di eroina, che canta
a Tele Kabul, non è un'immagine grottesca ma un simbolo della fine
dell'ideologia, della dissoluzione finale delle grandi narrazioni che
una volta davano forma alla nostra comprensione del mondo.
L'opera del caos è completa quando i leader storici diventano
caricature, e le piazze del popolo, luoghi di rivolte storiche, si
trasformano in rave senza senso, dove il dolore e la gioia perdono
ogni distinzione.
L'Oppio dei Popoli, il dolcetto che fa strage di cuori, è l'ultima droga
di una società che ha perso ogni speranza e cerca nell'oblio unico
sollievo possibile. Il caos, quindi, non è un accidente, ma la
condizione esistenziale della nostra epoca, l'unico vero protagonista
di una storia che si avvicina al suo epilogo senza redenzione.
Albert Caraco avrebbe visto in questa narrazione un esempio
lampante del suo concetto di breviario del caos un mondo dove la
morte dell individuo e la disgregazione della società non sono
tragedie, ma la logica conclusione di una lunga serie di autoinganni.
Per Caraco, la risposta a questo caos non è nella costruzione di
nuovi ordini o nel ritorno a vecchi ideali, ma nell accettazione lucida
e disincantata del nulla che ci attende.
Concludendo, il saggio che prende le mosse dal testo di Simonetti
non offre consolazioni, ma conferma la visione carachiana
dell'universo come un teatro dell'assurdo, dove gli dei sono morti e
gli uomini, privi di guide, si aggirano come fantasmi tra le rovine di
civiltà perdute, incapaci di sfuggire alla propria ineluttabile
estinzione.
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