Ad ogni modo Sorel, come Nietzsche, considerava la sua epoca come un periodo di fiacchezza culturale e di decadimento umano e morale e credeva suo dovere combattere la mediocrita' borghese propugnando una morale eroica e rivoluzionaria piu' severa e rigida. Percio' molto di quello che oggi i borghesi, i politicanti e gli esponenti di quella obbrobriosa e nauseabonda pseudopolitica culturale della cosiddetta sinistra trovano ripugnante in Sorel, particolarmente il suo odio per il socialismo partitico e burocratico e per la democrazia parlamentare, nono solo puo' essere attribuito alla situazione in cui egli scriveva, ma è cio' che noi nemici dell' Ordine rivendichiamo con forza e asprezza come attualmente ancora valido e come "nostro". Il socialismo francese cosi' come ogni socialismo organizzatore meritava ampiamente gli strali soreliani e li merita ancora. Nulla vi è di piu' infame del riformismo. In ogni caso la separazione dall'economico è un privilegio dell'individualista, concessogli dalla sua tragica ed inappellabile visione del mondo edella vita: per le masse invece l'Economico rimane indispensabile, Sorel infatti scrive:
"Una collettivita' è inchiodata alle categorie economiche come l'individuo è inchiodato al suo sistema nervoso".
Nella concezione soreliana sussiste una antinomia o piu' precisamente una coppia opposizionale le cui due polarita' sono la violenza proletaria da un lato e la forza statale dall'altro. La violenza è sempre proletaria e la forza è sempre dello Stato; è uno sviluppo teorico chiaramente piu' ancora anti-statale che anti-capitalistico, e pertanto di chiara matrice proudhoniana. Su di esso si inserisce pero' in maniera originale l'analisi marxista, della quale viene difesa piu' lo spirito della lettera, e per la quale lo Stato non è un organo neutrale e al di sopra delle classi come in Proudhon bensi' e' espressione diretta delle classi dominanti. Perno di tutto e motore della Storia essendo beninteso la lotta di classe per una societa' socialista autogovernata dai liberi produttori, perchè in Marx, "l'emancipazione della classe operaia non puo' che essere opera della stessa".
In seguito Filippo Corridoni, ripecorrendo queste orme, per distorgliersene appena, diede il suo originale contributo condensato nella formula dell'"autogoverno delle categorie produttive". Sono questi degli ibridi sublimi ed affascinanti da un punto di vista formale ed estetico, sconfitti purtroppo se mirati da una prospettiva sostanziale.
Ma di questo, della pars costruens del sistema soreliano, in fondo poco mi importa. Sorel, cosi' come scrive lo squallido scrittore borghese H.Stuart Hughes nel suo "Coscienza e societa'. Storia delle idee in Europa dal 1890 al 1930" (1), ma in questo caso a ragione, "appartiene alla tradizione dei grandi suscitatori di dubbi, dei grandi eversori delle opinioni gia' fatte e comunemente accettate, di uomini come Pietro Abelardo e Nietzsche e Socrate": il suo pensiero eversivo ci insegna a decostruire, decomporre, demolire, distruggere, perche' l'opera di distruzione deve essere radicale in questa societa', perche' l'opera di distruzione deve essere radicale di questa societa', perche cio' che ci unisce è lo sdegno morale per tutto quello che di ingiusto e di fetido quivi impera. Spetta a noi, élite di ribelli aristocratici e sprezzanti, fanatici del dubbio, cultori delle incertezze, scuotere le alme schiave e avvilite, condurle alla stirneriana rivolta con una lunga serie di tentativi, spesso vani e insensati, mai abbastanza numerosi alla bisogna.
E concludiamo con una citazione soreliana tanto superba esteticamente quanto è nell' intero corpus della sua opera la piu' direttamente ed esplicitamente di filiazione nietscheana:
"Io non sono tra coloro che credono destinato a sparire il tipo acheo, cantato da Omero, l'eroe indomito, che fiducioso nella propria forza, si colloca di la' dalle leggi. Se di frequente si è creduto alla sua futura sparizione, cio' dipende dal fatto che i valori omerici sono stati considerati come inconciliabili con altri valori, derivanti da un principio completamente diverso. Molti problemi morali cesserebbero di spingere gli uomini al progresso, se alcune persone ribelli non costringessero il popolo a ritrovar se' stesso."
(Georges Sorel, "Riflessioni sulla violenza", I edizione 1908)
Il revisionista riformista del marxismo, Edouard Bernstein, per semplificare e sloganizzare il suo discorso e i suoi assunti, sosteneva che il movimento è tutto, il fine è nulla. Io per molto tempo ho cercato di controbattere che il movimento è nulla, il fine è tutto, ed ho tentato di agire in questo senso. Mestamente ho concluso, oggi ed invece, che il movimento è nulla, il fine è nulla.
Il revisionista riformista del marxismo, Edouard Bernstein, per semplificare e sloganizzare il suo discorso e i suoi assunti, sosteneva che il movimento è tutto, il fine è nulla. Io per molto tempo ho cercato di controbattere che il movimento è nulla, il fine è tutto, ed ho tentato di agire in questo senso. Mestamente ho concluso, oggi ed invece, che il movimento è nulla, il fine è nulla.
(1). Einaudi Editore,Torino 1967
Nessun commento:
Posta un commento