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venerdì, giugno 25, 2010

Non mi pento di nulla da Anarcotico.net

E' con un certo imbarazzo che mi accingo a scrivere di Luigi Luccheni. La sua fulgida figura di martire dell'Ideale non può che abbagliarci; egli è divenuto ormai un simbolo, un'icona, un emblema non già dell'anarchismo perbene, rispettoso delle convenzioni, Ufficiale, che lo ha spesso e volentieri denigrato infangato e condannato, bensì del sovversivismo irregolare, smodato e spostato ai confini della follia, vagabondo del pensiero, diseredato e mal tollerato da quella che ora è la cosiddetta sinistra antagonista ovverosia l'area del rivoluzionarismo educando e filoistituzionale. Ma noi che ci picchiamo di essere antiparlamentaristi e antistituzionali per definizione, non possiamo che commuoverci ed esaltarci di fronte alla vicenda umana di Luccheni.
Egli nasce nel 1873 a Parigi da madre italiana e padre ignoto.Il nostro Luigi Galleani, comunista anarchico ed individualista, nella sua opera capitale "La fine dell'anarchismo?" (1907), parlando di questa circostanza ci dice che "Luccheni bastardo ammonisce che non indarno buttano i preti al rigagnolo il frutto degli amori inconfessabili". Abbandonato in un orfanotrofio, viene preso in custodia da una famiglia del Parmese. Vive esperienze crudeli, amarissime e terribili, che non dovrebbero appartenere a niuno dei viventi ma che spesso sono invece il pane quotidiano dell'enorme maggioranza di essi.
Allora, quando la speranza aveva ancora un senso, egli incomincia ad avvicinarsi agli ambienti anarchici. Suggestionato da quella che Pier Carlo Masini chama "l'epoca degli attentati" del movimento anarchico, Luccheni decide di colpire a Ginevra la personalità di un potente, rappresentativa di un mondo intero di barbarie, miseria, guerra, sfruttamento, oppressione e abiezione. Si erge ad alfiere dei senzanome e dei senzapotere, delibera di riscattare con un gesto austero e dignitoso la sua unica, singola ed irripetibile individualità e con essa l'intera Umanità. Arde e si immola per la causa della Redenzione Universale.

Il 10 settembre 1898 egli colpisce al petto con una lima appuntita Elisabetta di Wittelsbach, imperatrice d'Austria: il suo obiettivo era inizialmente il duca d'Orleans, ma il suo mancato benché preannunziato arrivo a Ginevra indirizza altrove la furia della sua ira vendicatrice. Tutti abbandonano il Ribelle, tra i pochi a lui sodali Giuseppe Ciancabilla, uomo d'onore in mezzo a cialtroni terrorizzati.

Luccheni viene condannato all'ergastolo. In carcere, sempre a Ginevra, egli verga le sue Memorie, nelle quali ribadisce la sua appartenenza anarchica. Per un ulteriore atto di malvagità, i suoi scritti gli vengono sottratti, portandolo all'ultima stazione del suo Calvario e al culmine irreversibile della sua disperazione; poco tempo dopo sarà trovato impiccato nella sua cella, il 19 ottobre 1910.
Di Luccheni, come venne fatto nell'antichità a Spartaco, venne distrutto il corpo, in modo da impedire il culto e la venerazione che inevitabilmente si sarebbero dispiegate sul luogo della sua sepoltura.

L'altero e sublime "anarca cencioso", come lo nomò Alfredo Oriani, abbandonato dai pusillanimi e fervidamente amato dagli individualisti, dagli inquieti senza partito, dai nemici di tutte le chiese e di tutti i credi umani, compì l'opera sua e al processo esclamò: "Morte alla società! Viva l'anarchia!"

Galleani ancora scrive ne "La fine dell'anarchismo?": "quanti, sulle sue tracce, hanno ai fini dell'azione rivoluzionaria, attentato alla proprietà rivelando che non è poi così sacra, così invidiabile la sovranità del miliardo, se deve ogni giorno ingoiarsi uno sberleffo od un ceffone; tutti, tutti sferzano una viltà, ribellano un'acquiescenza, incidono un insegnamento, fanno opera di rivoluzione".
E parafrasando il rivoluzionario Mario Mariani che nel 1923 affermava che "il mio socialismo è insomma marianismo", io proclamo che il mio anarchismo è insomma lucchenista.

Eh, caro infame riformistuc
olo possibilista Camillo Berneri, della cui morte non sarò mai abbastanza grato agli stalinisti, i pazzoidi, come li chiamavi tu, ci sono ancora nel movimento anarchico, in quello non ufficiale ed eterodosso naturalmente.
Noi rinnoviamo e perpetuiamo la dionisiaca e genesiaca tradizione di Renzo Novatore e Luigi Luccheni.
Siamo gli scismatici e gli scomunicati dell'Anarchia.

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