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giovedì, marzo 06, 2014

Jacques Camatte A proposito di dominio formale e dominio reale del capitale.

Nota: A proposito di dominio formale e dominio reale del capitale.

Nella nota in merito al processo di produzione immediato del capitale abbiamo già indicato che — contrariamente a quanto affermammo nel 1966 — Marx parla del dominio formale del capitale o sottomissione formale del lavoro al capitale e del dominio o sottomissione reale, già nel Libro I del Capitale-, e ciò fin dalla terza Sezione, cap. 8 (ed. ted. e it.): « La giornata lavorativa ». Tuttavia è soltanto nella quarta Sezione, cap. 14 (ed. ted. e it.): «Plusvalore assoluto e plusvalore relativo», che Marx definisce i due momenti. Questo passo non compare nella trad. fr. di Roy. Eccolo:

« Il prolungamento della giornata lavorativa oltre il punto fino al quale l’operaio avrebbe prodotto soltanto un equivalente del valore della sua forza-lavoro, e l’appropriazione di questo plusvalore da parte del capitale: ecco la produzione del plusvalore assoluto. Essa costituisce il fondamento generale del sistema capitalistico e il punto di partenza della produzione del plusvalore relativo. In questa, la giornata lavorativa è a tutta prima divisa in due parti: lavoro necessario e pluslavoro. Per prolungare il pluslavoro, il lavoro necessario viene accorciato con metodi che servono a produrre in meno tempo l’equivalente del salario. La produzione del plusvalore assoluto concerne soltanto la lunghezza della giornata lavorativa; la produzione del plusvalore relativo rivoluziona da cima a fondo i processi tecnici del lavoro e i raggiungimenti sociali.

« Essa tiene sotto [untestellt) dunque un modo di produzione specificamente capitalistico che esso stesso sorge e viene formato naturalmente coi suoi metodi, mezzi e condizioni dapprima sul fondamento della sussunzione formale del lavoro sotto il capitale. La sussunzione reale del lavoro sotto il capitale subentra poi al posto della sussunzione formale.

« E’ sufficiente un semplice cenno alle forme ibride26 nelle quali il pluslavoro non viene pompato al produttore attraverso la costrizione diretta e la cui subordinazione formale sotto il capitale non ha ancora avuto luogo. Qui il capitale non si è ancora impadronito immediatamente del processo lavorativo. Accanto ai produttori autonomi che lavorano artigianalmente, o coltivano la terra, in imprese tradizionali, ancestrali, prende posto l’usuraio o il mercante, il capitale usurario o il capitale mercantile, che li smunge parassitariamente. Il predomini 


di questa forma di sfruttamento in una società esclude il modo di produzione capitalistico al quale, d’altra parte può formare il passaggio, come nel tardo medioevo. Infine, come mostra l’esempio del lavoro a domicilio moderno, qua e là certe forme ibride vengono riprodotte sullo sfondo della grande industria sia pure con fisionomia completamente alterata.

« Se per la produzione del plusvalore assoluto è sufficiente la semplice sussunzione formale del lavoro sotto il capitale, per esempio che gli artigiani, che prima lavoravano per se stessi o anche come garzoni di un maetsro artigiano, entrino adesso come lavoratori salariati sotto il controllo diretto del capitalista, si è visto d’altra parte come i metodi per la produzione del plusvalore relativo siano allo stesso tempo metodi per la produzione del plusvalore assoluto. Anzi il prolungamento smisurato della giornata lavorativa si è rappresentato (darstellte) come peculiarissimo prodotto della grande industria. In genere, il modo di produzione specificamente capitalistico cessa di essere un semplice mezzo di produzione del plusvalore relativo appena si è impadronito di una intera branca della produzione e, a maggior ragione, di tutte le branche decisive della produzione. Diventa allora forma generale, socialmente dominante del processo di produzione. Come metodo particolare per la produzione del plusvalore relativo opera solo nella misura in cui, in primo luogo si impadronisce di industrie fino a quel momento soltanto subordinate formalmente al capitale, dunque nel loro propagarsi. In secondo luogo, nella misura in cui le industrie che s’è già accaparrato vengono continuamente rivoluzionate dal cambiamento dei metodi di produzione.

« Da un certo punto di vista la differenza tra plusvalore assoluto e plusvalore relativo appare in genere illusoria. Il plusvalore relativo è assoluto perché implica un prolungamento assoluto della giornata lavorativa al di là del tempo di lavoro necessario per l’esistenza dell’operaio stesso. Il plusvalore assoluto è relativo perché implica uno sviluppo della produttività del lavoro che permette di limitare il tempo di lavoro necessario ad una parte della giornata lavorativa. Ma se si tiene presente il movimento del plusvalore, allora questa parvenza di identità scompare. Appena il modo di produzione capitalistico si è instaurato una volta per tutte ed è divenuto modo di produzione generale, la differenza fra plusvalore assoluto e plusvalore relativo si fa percepire non appena si tratta di accrescere il saggio del plusvalore in generale. Se si suppone che la forza-lavoro venga pagata al suo valore, ci si trova davanti questa alternativa: data la forza produttiva del lavoro e il suo grado normale d’intensità il saggio di plusvalore può essere accresciuto soltanto mediante prolungamento assoluto della giornata lavorativa-, d’altra parte, con un dato limite della giornata


lavorativa, il saggio del plusvalore non può essere accresciuto che mediante la variazione di grandezza relativa delle sue parti costitutive, il lavoro necessario e il pluslavoro, il che presuppone da parte sua, poiché il salario non deve scendere al di sotto del valore della forza-lavoro, una variazione nella produttività o intensità di lavoro » (Il Capitale, I, 2, pp. 222-4; Das Kapital, Buch I, pp. 534-6).

Lo stabilirsi di questa periodizzazione è in Marx indissolubilmente legato allo studio del processo di produzione immediato. In realtà, si ha dominio reale del capitale solo quando il processo lavorativo è divenuto processo lavorativo del capitale, processo nel quale l’uomo non è più un elemento determinante; il che ha potuto prodursi soltanto in seguito ad un ribaltamento totale del rapporto fra uomo e natura, fra uomo e utensile, fra uomo e strumento di lavoro ecc. e quindi in seguito al rovesciamento (Verkehrung) di cui abbiamo parlato nella nota precedente.

Dopo questo capitolo Marx affronta la sezione sul lavoro salariato, altro polo del capitale; soltanto quando c’è salariato c’è capitale; è per il fatto di essere stati separati dai loro strumenti di produzione che gli uomini possono diventare salariati. Il salariato è la forma mediatrice della ricostituzione dell’unità mezzi di produzione-uomo, senza la quale la produzione è impossibile. Il salariato è anche il mezzo per addomesticare gli uomini usato dal capitale, come Marx mostra nell’ultima sezione del Libro I: « Il processo di accumulazione del capitale ». Nell’edizione tedesca ciò appare chiaramente nelle pp. 646, 653, 661, 673, 762 e infine, a p. 766, vediamo ricomparire il concetto di sussunzione formale:

« La classe dei lavoratori salariati che è sorta nella seconda metà del secolo XIV, formava allora e nel secolo successivo, soltanto una parte costitutiva molto ristretta della popolazione e la sua posizione era fortemente protetta dalla proprietà contadina autonoma nella campagna e dall’organizzazione delle corporazioni delle città. Tanto nelle campagne che nelle città, padroni (Meister) e operai erano socialmente vicini. La subordinazione del lavoro sotto il capitale era solo formale, cioè il modo di produzione stesso non aveva ancora un carattere specificamente capitalistico. L’elemento variabile per il capitale prevaleva fortemente su quello costante» (Libro I, 3, pp. 196-7; Das Rapiteli, Buch I, p. 777).

Questo passo segue immediatamente quello da noi citato nel 1970 in Remarques (cfr. La Prefazione del presente libro) nel quale Marx presenta il risultato del trionfo del capitale: l’addomesticamento della classe operaia. Di qui l’importanza, per lo studio del divenire delle classi e delle loro lotte, specialmente per quanto riguarda il proletariato, di una conoscenza precisa di questi modi di dominio del capitale. Ciò conferma simultaneamente la nostra affermazione che la pe-riodizzazione secondo questi due modi di dominio sottende tutto II Capitale.

D’altra parte in questa sezione Marx mostra come lo Stato faciliti la subordinazione del lavoro al capitale, benché, allora, lo Stato fosse ancora uno Stato di una società fondata su un altro modo di produzione. Così alla fine del Libro I constatiamo che l’operaio è dominato dal processo di lavoro divenuto processo del capitale (processo tecnologico, scientifico). Nel Libro II e nel Libro III Marx espone come il capitale non possa accontentarsi di dominare in seno al processo di produzione; esso deve impadronirsi dell’antico processo di circolazione, facendone il suo processo di circolazione (creazione del credito ad es.); allo stesso tempo ciò impone un nuovo orientamento dell’insegnamento — anche se ciò si manifesta assai tardi. Il capitale non può più accontentarsi dello Stato come collaboratore, è necessario che esso diventi uno Stato capitalistico, impresa capitalistica. Ciò significa che il capitale deve rovesciare tutti i presupposti sociali, capitalizzarli tutti. E’ quanto abbiamo esposto nelle pagine precedenti mettendo in risalto il dominio reale del capitale; abbiamo tuttavia omesso di precisare che, ciò facendo, estendevamo il campo dei concetti di Marx dalla fabbrica all’intera società, fondandoci a tal fine su tutta la sua opera.

Questa implicita necessità di accrescere il campo di validità dei concetti di dominio formale e di dominio reale è sentita anche da altri, da Dangeville per esempio. Lo si può percepire nella frase di Dangeville citata nella nota precedente, e in quella che quasi immediatamente la segue:

« Quanto dire che le strutture ideologiche o politiche non sono un semplice riflesso dell’economia, ma piuttosto il suo complesso prolungamento in sfere d’attività (politica, militare, amministrativa, religiosa, educativa, giuridica), che servono a mantenere e a perpetuare la dominazione borghese in tutti i campi. E’ in questo senso che la violenza o Io Stato sono un fattore economico (Engels) » (ed. cit., p. 56).

Tutto il movimento del capitale per accedere al dominio reale sulla società viene qui eluso e fatto sparire. Infatti sulla base del dominio formale, nel momento in cui il processo di produzione immediato non è stato ancora soppiantato, mascherato dal processo di circolazione, il capitale utilizza lo Stato e la « società politica » così come li trova. Non è quindi in alcun modo possibile che vi sia un « riflesso dell’economia ». Nello stadio finale, è il capitale che organizza tutta l’attività umana. A questo punto è del tutto assurdo parlare tanto di riflesso quanto di « prolungamento complesso »; lo Stato non è più un semplice agente economico. Questo « escamotage » è perfettamente coerente con la successiva analisi del Capitolo VI condotta da Dangeville.

Per concludere facciamo notare che abbiamo tradotto nel 1964, come del resto hanno fatto altri traduttori, Unterord-nung con ” subordinazione ” e Subsumtion con ” sottomissione ”. Tuttavia occorre osservare che Subsumtion implica qualcosa di più di una semplice ” sottomissione ”21. In realtà subsumieren vuol dire ” comprendere in qualche cosa ”, ’’subordinare ”, ” implicare sembra quindi, che Marx voglia indicare che il capitale fa del lavoro la propria sostanza, che se lo incorpora e lo rende capitale. Ciò è perfettamente coerente con quanto abbiamo esposto in merito al passaggio dal processo di lavoro al processo di lavoro del capitale, vale a dire a proposito del capitale che prende corpo, s’incarna. Cosa che può fare solo appropriandosi della forza-lavoro — e qui come in tedesco ” appropriarsi ” (sich aneignen) è preso nel suo senso letterale, pregnante.
 Nel periodo di dominio formale, il capitale non arriva ad assoggettare a sé e dunque ad incorporare la forza-lavoro, che gli è restia, gli si ribella al punto da mettere in pericolo lo sviluppo del suo processo, dal momento che ne dipende totalmente. Ma l’introduzione delle macchine modifica tutto. Il capitale si impadronisce allora di tutta l’attività che il proletario dispiega nella fabbrica. Con lo sviluppo della cibernetica si constata che il capitale si appropria, incorpora a sé il cervello umano; con l’informatica, crea il proprio linguaggio sul quale deve modellarsi il linguaggio umano, ecc. A questo livello, non sono più unicamente i soli proletari — coloro che producono il plusvalore — ad essere sottomessi al capitale, ma tutti gli uomini, la maggior parte dei quali viene proletarizzata. E’ il dominio reale sulla società, dominio in cui tutti gli uomini diventano schiavi del capitale (schiavitù generalizzata, quindi, convergenza col modo di produzione asiatico).
In tal modo non è più il lavoro, momento definito e particolare dell’attività umana, ad essere sottomesso e incorporato al capitale, bensì tutto il processo vitale degli uomini. Il processo d’incarnazione (Einverleibung) del capitale, cominciato in Occidente quasi cinque secoli or sono, è terminato. Il capitale è ormai l’essere comune (Gemeinwesen) oppressore degli uomini.

(Nota del 1972)

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