In origine, questo articolo doveva servire come presentazione al
convegno su «Fantascienza e tradizione socialista», tenutosi a
Cincinnati nell'aprile 1978, alla Convention della Popular Culture
Association. Infatti, come suggeriva il tema di questo convegno (e di
quello successivo, su «Perisiero utopico e distopico nella
fantascienza») la cultura popolare e la fantascienza rappresentano ormai
un settore di grande interesse per quanti auspicano radicali
modificazioní nella nostra struttura sociale. lo credo che la
fantascienza possa essere non solo un buon veicolo per la trasmissione
del pensiero socialista e/o utopico, ma anche un mezzo per incoraggiare
le persone a darsi una rappresentazione concreta dell'attuazione dei
propri ideali e delle proprie aspirazioni. Questo era appunto il mio
approccio, nell'articolo originario: avevo letto i "Reietti" di Ursula Le Guin,
l'avevo usato nella mia attività di insegnante, e mi ero reso conto che
conteneva un'analisi estremamente dettagliata, meticolosa, di un
possibile mondo anarchico, un esame realistico dei vantaggi che esso
potrebbe avere e dei problemi che dovrebbe affrontare. Da allora, ho
consigliato la lettura di questo libro a chiunque mi capitasse, e ho
sempre avuto risposte entusiastiche quanto la mia. Tutti sono rimasti
colpiti dalla solidità della rappresentazione della Le Guin e dalla
complessità del suo pensiero.
Nell'articolo per il convegno, la mia
analisi era preceduta dalla citazione di alcuni frammenti di «notizie
dal mondo esterno», che mi apparivano attinenti ai temi dell'anarchismo.
Menzionavo, dapprima, una recensione apparsa sul New York Review of Books,
nella quale l'autore si domandava perché mai, di tutte le rivoluzioni
della storia recente autodefinitesi "socialiste", nessuna sia mai
riuscita a realizzare veramente i propri scopi. La risposta era che
nessuna rivoluzione ha mantenuto la promessa iniziale di restituire il
potere conquistato al popolo, in nome del quale la rivoluzione stessa
era stata fatta. Successivamente, passavo ad alcuni esempi di quella che
definivo naiveté anarchica e, all'opposto, di intransigenza anarchica.
Nel primo caso, riportavo la dichiarazione di Geroge Woodcock, secondo
cui stiamo passando da un mondo economico ad un altro dove «... i
vecchi motivi del profitto e dell'interesse cesseranno di dominare la
vita economica. Invece, l'incentivo sarà il bene di tutti i membri della
società, senza distinzione». Nel secondo, citavo le critiche di
Raymond Carr agli anarchici spagnoli, per la loro miopia in merito alle
reali possibilità di successo delle collettività, nonché la loro
intransigenza astensionista, nel rifiutare ogni forma di rappresentanza
eletta. Tutto ciò mi appariva strettamente collegato al duplice tema del
romanzo della Le Guin, che una società decentrata, di impostazione
anarchica, sarebbe superiore ad una come la nostra attuale,
centralizzata e gerarchica, e che tuttavia l'anarchismo non può ignorare
che anche una politica anarchica potrebbe cedere alla tentazione del
potere e della coercizione, quello che la Le Guin chiama la spinta verso
la "dominazione".
Mentre scrivo, comunque, si presenta alla nostra
attenzione un nuovo esempio di questo tipo di problemi, con orribili
dettagli: l'assassinio del membro del Congresso Ryan e di numerosi
giornalisti, e l'imposizione del suicidio a piú di 900 persone, nella
comune di Jonestown, un esempio che riporto con diffidenza, nel senso
che, forse, un fatto così fuori del normale non riguarda altro che la
particolare psicologia di Jim Jones e dei suoi seguaci. Ma in fondo al
cuore, sento che ci riguarda. Una sopravvissuta ha parlato della
combinazione di «idealismo e repressione» presente in Jones. In alcuni
dei suoi aspetti, la comune dì Jones è stata descritta come
"socialista", eppure il figlio diciannovenne di Jones parla di suo padre
come di un uomo "autoritario". In un'intervista filmata di alcuni anni
fa, a Redwood City, in California, Jones appare come una persona
sensibile e sincera, affermando che nella sua comune non esiste piú
razzismo, sessismo, che le divisioni di classe sono state abolite (come
se certi atteggiamenti, presenti in noi a causa di anni di
socializzazione, se non di secoli, potessero essere spazzati via con una
semplice dichiarazione di principio). Un altro sopravvissuto ha
dichiarato che per tutto l'anno precedente erano state fatte prove del
suicidio collettivo, aggiungendo che Jones aveva prima "governato" con
"l'amore" e poi con "la paura".
I media fino ad oggi hanno definito il Tempio del Popolo
piú una "confessione religiosa" che una comunità utopica. La differenza
può essere colta con maggiore esattezza alla luce della distinzione di
L. Veysey tra due tipi fondamentali di esperimenti comunitari, quello
cosidetto "mistico" e quello "anarchico". Sulla base di ricerche
storiche e dell'esperienza, Veysey dice che la comune mistica tende a
durare piú a lungo di quella anarchica, ma ciò avviene al prezzo di una
leadership autoritaria, carismatica, cioè esattamente per quella spinta
verso la "dominazione" che costituisce l'argomento concettule
dell'analisi politica della Le Guin.
... uno degli elementi
piú diffusi e fastidiosi dei movimenti radicali è il magnetismo
personale. La reverenza verso gli eroi, non la passione in se stessa, o
gli intensi sentimenti di amicizia, questo è l'elemento davvero nefasto
che il Romanticismo ci ha lasciato in eredità. E ripetutamente, negli
insediamenti comunitari vecchi e nuovi, esso risolleva la testa. La
storia dimostra che il carisma è il nemico persistente della libertà
umana. Nell'ambito della sinistra attuale, la propensione a correre
appresso a questo o quel leader "ispirato", è profondamente scoraggiante
... Gli esempi delle tendenze autoritarie in seno alla tradizione
mistica sono di per sé illuminanti. Non si può fare a meno di essere
grati alla tradizione anarchica che ha saputo per tanto tempo fornire,
almeno in parte, un correttivo ...
Ma anche la comune
anarchica non è del tutto priva di pericoli. Come dice Veysey, anche gli
anarchici sono riluttanti a controllare da vicino la presenza di potere
e dominazione all'interno dei loro stessi gruppi, e spesso si
autoingannano in merito alla natura della leadership in seno a gruppi
apparentemente privi di leaders. Veysey afferma che è estremamente
difficile che gli esseri umani sappiano conservare un atteggiamento di
scetticismo sia verso le opinioni correnti che verso l'alternativa di
sinistra:
E' davvero difficile mantenere un atteggiamento
distaccato contemporaneamente verso i presunti profeti e i leaders
ufficiali. Tale atteggiamento deve convivere con la fiducia ideale che
induce ad abbassare le proprie difese verso i compagni comuni
allorquando la promessa sincera di vita comunitaria è nell'aria. Questo,
ancor piú che i meccanismi decentrati da attuare nei sistemi politici
od economici alternativi, è il problema urgente con cui i movimenti di
sinistra devono confrontarsi.
E' ovvio che le osservazioni di
Veysey mi sembrino estremamente ricche di suggerimenti, proprio in
relazione al romanzo della Le Guin. Lì, infatti, lo scienziato Shevek si
mostra capace di conservare il proprio scetticismo sia verso il
pensiero dominante sia verso l'alternativa radicale, e tutto il romanzo
concorda con l'opinione di Veysey, secondo cui l'anarchismo, pur
offrendo una consapevolezza politica superiore, paragonata a quella
delle altre tradizioni comunitarie, deve comunque affrontare anch'esso
il fatto che le persone tendono a dominare e ad essere dominate. La
Le Guin fa propria questa concezione, insistendo che la rivoluzione "è
nell'individuo", ed esiste per e attraverso l'individuo, non viceversa.
La Le Guin ha scelto chiaramente da che parte stare, nel conflitto
continuo tra tendenze individualistiche e comunitarie, in seno
all'anarchismo, ed io, per quanto mi riguarda, sono d'accordo con lei.
Mi
sia concesso, adesso, prendere in esame il romanzo in sé. Esso si
sviluppa ingegnosamente attraverso due storie parallele, reciprocamente
alternantesi, una sul mondo anarchico di Anarres, l'altra sul mondo
capitalista di Urras. (Per buona misura, la Le Guin rappresenta anche
l'autoritarismo di tipo sovietico di Thu, e il mondo bruciato di Terra).
La storia di Anarres si svolge attraverso flashbacks della vita dei
fisico Shevek. Scopriamo così che il suo modo di comportarsi di fronte
agli eventi attuali della storia è funzione del passato. Il passato ci
rivela Shevek come un individuo che ha combattuto per la sua libertà,
anche contro le coercizioni apparentemente necessarie di un'utopia
anarchica: vistosi rifiutare la pubblicazione delle sue ricerche sul
tempo, egli aveva deciso di passare all'azione diretta, fondando un
collettivo editoriale. E ci accorgiamo, anche, quanto profonde siano le
radici della dominazione, nella natura umana: Shevek aveva tratto
piacere dal mettere un amico "in prigione".
Nell'immediato presente
della storia, Shevek si batte anche contro la coercizione anarchica, che
vorrebbe impedirgli di visitare il pianeta Urras, al quale Anarres si
era ribellato circa 200 anni prima, durante la rivoluzione "odoniana"
(da Odo, una donna che di tale rivoluzione era stata il capo carismatico
e libertario). Questa ribellione è all'origine del termine "reietti"
presente nel titolo del romanzo. Due sono i motivi per cui Shevek
insiste a recarsi su Urras: spera di trovarvi una diversa atmosfera
intellettuale, forse piú libera e piú congeniale alle sue ricerche di
fisica temporale, e spera anche di poter gettare le basi di una
riconcilazione tra il pianeta madre e il figlio ribelle. Entrambe le
cose sono in antitesi con la volontà generale della popolazione di
Anarres: l'arte della Le Guin ci rappresenta una manifestazione
anarchica allo spazio-porto, per protestare contro la partenza di
Shevek. E' una manifestazione, ma disorganizzata, con individui che
girano qua e là senza ben sapere come comportarsi gli uni verso gli
altri per dar origine ad una protesta di massa! Successivamente Shevek
finisce per rendersi conto della futilità del suo tentativo di
riconcilazione tra Urras e Anarres. Trova nuovamente necessario agire
per conto suo, e si unisce all'underground di Urras, tradendo così
l'ospitalità dei suoi amici su quel pianeta. Su Urras ha trovato
ricchezza e libertà intellettuale, eppure si rende conto che lì le sue
scoperte di fisica temporale diverrebbero nient'altro che una merce, un
mezzo in più per sfruttare la gente e dominarla. E' significativo che,
sebbene l'atmosfera intellettuale su Urras sia piú libera (è qui che
Shevek fà la scoperta chiave per la realizzazione del suo telefono
temporale), Shevek scelga di ritornare su Anarres (attraverso gli uffici
dell'ambasciatore di Terra) e di pubblicare i risultati delle sue
ricerche, per metterli a disposizione di tutta l'umanità.
Nonostante
il mio drastico riassunto, mi preme notare che la Le Guin ha fatto un
lavoro eccellente al fine di mostrarci la qualità della vita nelle due
diverse società, soprattutto attraverso la coscienza di Shevek. Il
romanzo ci dà realmente il senso di quale potrebbe essere la vita in un
mondo come Anarres, con le sue risorse limitate ma con il suo genuino
decoro, oppure come Urras, opulento ma senza cuore.
Ho detto in
precedenza che il romanzo della Le Guin mi ha interessato per due
ragioni. La prima di esse è semplicemente il fatto che l'autrice indica
la superiorità della concezione anarchica come guida per la
riorganizzazione della società: invece di un'organizzazione gerarchica e
competitiva, dall'alto al basso, la vita sarebbe piú libera e piú
egualitaria con un'organizzazione dal basso in alto.
Shevek
afferma che un simile tipo di organizzazione era stato concepito
idealmente per una società stabile e ad elevato sviluppo tecnologico,
perché ciò avrebbe reso agevole la decentralizzazione (l'ideale , credo,
è quello della concezione di Murray Bookchin, di un anarchismo post
scarcity). In realtà le cose non erano andate così. Anarres, infatti, è
un pianeta povero, poco dotato di risorse e materie prime, dove bisogna
disperatamente risparmiare per sopravvivere. La Le Guin ha scelto la
strada piú difficile, per l'anarchismo: se, grazie ai miracoli di
un'ampia disponibilità energetica e tecnologica, ognuno potesse avere
quanto gli serve, l'autogestione non sarebbe poi così difficile. La
Le Guin, invece, ci mostra che l'anarchismo può essere efficace in
un'economia povera, e qui sta la sua superiorità rispetto ad ogni altro
modello organizzativo, perché ci indica un modo più decente di spartire
fra tutti il poco disponibile. L'elemento chiave su cui essa si
sofferma è la contrapposizione tra efficienza (capitalistica) e libertà
(anarchica). Come dice Shevek al domestico dei suoi amici urrasiani, su
Anarres il lavoro necessario è svolto da tutti in modo egualitario, il
che non è certamente il massimo dell'efficienza: è necessario che ognuno
venga continuamente "allenato" a far ciò. Ma la domanda fondamentale, a
questo punto, è: «Non si può ordinare ad un individuo di fare un lavoro
che in pochi anni può renderlo invalido o ucciderlo. Perché dovrebbe
farlo?»
Nello
schema della Le Guin, ognuno ha optato per la libertà individuale al
posto dell'efficienza sociale, ed è libero di fare quello che vuole,
quindi è anche libero di unirsi ad altri in gruppi di volontari per
l'esecuzione di quanto è necessario per la società.
Qui la Le
Guin si distacca dalla tradizione socialista classica per aderire alle
teorie anarco-comuniste di Kropotkin e Proudhon; ad esempio, su Anarres
tutti i mezzi di produzione e di consumo sono in comune, non c'è
proprietà di alcun genere (quindi c'è "ordine" e non delinquenza), ma, a
differenza di quanto vorrebbe la tradizione socialista, non c'è nemmeno
lo Stato, che è stato abolito. Al posto di esso, c'è un'organizzazione
sindacale dell'economia, in cui le ricchezze sociali sono possedute da
gruppi volontari, collettivi, sindacati, gruppi di affinità, ecc. - e
vengono amministrate attraverso un "Comitato di Produzione e
Distribuzione" (CPD). Sembrerebbe di essere in presenza di un caso di
quello che si usa chiamare "controllo operaio", ma, secondo la mia
opinione, l'idea della Le Guin non è né semplicistica né ingenua. Il
CPD, infatti, è concepito unicamente come un organismo amministrativo:
esso non "governa", né possiede l'autorità di ordinare alla gente
alcunché. E'piuttosto un meccanismo di "registrazione" e "risposta":
registra la natura della "pubblica opinione" e la restituisce alla
popolazione come "coscienza sociale". Sulla base delle sue osservazioni,
esso "informa" la gente circa quanto è necessario fare e come il lavoro
possa essere suddiviso egualitariamente fra tutti.
Qui la Le Guin
affronta un altro problema chiave della tradizione anarchica e
socialista, e precisamente come armonizzare le necessità individuali con
quelle sociali. L'autrice dà grande risalto alla libertà individuale, ma comprende anche che l'umanità deve sopravvivere come "specie sociale" (che,
invece, è quanto Terra non ha saputo fare, come dice l'ambasciatore di
quel pianeta). Quindi gli individui devono sacrificare una frazione
della loro libertà in nome della sopravvivenza sociale, sebbene sia
detto anche che «sacrificio non significa compromesso». Su questa base
razionale che il CPD assegna alla gente l'esecuzione di questo o quel
lavoro ingrato, e la gente accetta di eseguirlo.
A questo punto,
si impongono all'attenzione alcuni aspetti importanti del problema delle
motivazioni. Come è possibile ottenere che le persone lavorino
realmente, se nessuno le costringe? E soprattutto, come è possibile
ottenere che vengano eseguiti i "lavori di merda"? Le risposte sono
contenute nell'idea che la Le Guin ha della natura umana, che viene
vista come parzialmente malleabile, adattabile in funzione di una
particolare società; come dice Shevek, una volta rimossi gli incentivi
economici, e dopo aver riconosciuto che, paradossalmente, la
"coercizione" è il mezzo meno efficace per ottenere l'ordine, si diventa
consapevoli di tutte le altre motivazioni che spingono gli esseri
umani:
Alle persone piace fare quello in cui riescono bene...
Ma, è vero, il problema è un problema di mezzi e fini. Dopo tutto, il
lavoro viene fatto per il lavoro. Il piacere della vita, è sempre vivo.
La coscienza individuale lo sa. Ed anche la coscienza sociale,
l'opinione di chi ci sta attorno. Il nostro piacere e il rispetto dei
nostri amici, sta tutto lì. E quando le cose stanno così, vedrete che
l'opinione degli altri può essere una forza davvero potente:
Secondo
la tradizione morale anglosassone, la Le Guin sembra attenersi sia alla
linea di pensiero di Hobbes Mandeville (orgoglio e vergogna come
motivazioni) sia a quella di Shaftbury; e forse c'è anche qualche
traccia di Paul Goodman ("Alla gente piace lavorare"). Ad ogni
modo, questo è considerevolmente più complesso del pensiero di Woodcock
che prima ho citato, secondo cui è la nozione di bene generale a fornire
agli individui la motivazione per rinunciare al proprio interesse
particolare a favore di quello pubblico. E se qualcuno rifiuta di
cooperare? Questo accade raramente, dice Shevek.
Comunque,
quando accade... Bè, se ne va. Gli altri si stufano di lui, e lo
scherniscono, Oppure lo trattano male, lo picchiano. In una comunità
piccola, è anche possibile che si decida di cancellarlo dalla lista dei
pasti, cosicché dovrà cucinare e mangiare per conto suo, e questo è
umiliante. E allora quello se ne va ...
Qui si parla di potere
e di coercizione, e sembra che la Le Guin sia disposta ad accettare una
certa misura di quest'ultima come necessaria, anche in una società
basata sul libero accordo. Ma a suo giudizio tale coercizione deve
essere ridotta al minimo, ed ogni membro della società deve vigilare per
mettere in evidenza i casi di coercizione non necessaria. Ed ecco il
secondo motivo del mio interesse per "I Reietti": uno degli
elementi originali di questo romanzo è di darci una critica
dell'anarchismo, sia per quanto riguarda gli impulsi verso il
potere-dominazione (anche sotto forma di "opinione pubblica" e
"coscienza sociale") sia per ciò che di essi è il corollario, la
sottomissione masochista di molti al potere altrui.
La chiave
dell'analisi che la Le Guin conduce sulla natura umana si trova a metà
circa del romanzo, quando Shevek avanza l'ipotesi che gli uomini siano
mossi contemporaneamente da un impulso verso la dominazione e verso la
cooperazione:
La gente distingueva molto attentamente tra
l'amministrazione delle cose e il governo degli uomini. Lo faceva così
bene, da farci dimenticare che la volontà di dominio è insita negli
esseri umani tanto quanto l'impulso all'aiuto reciproco, ed ogni
individuo, ogni nuova generazione, deve "allenarsi" ad esso. Nessuno
nasce piú Odoniano di quanto non nasca civilizzato! Ma l'abbiamo
dimenticato. Non ci educhiamo alla libertà. L'istruzione, la piú
importante attività dell'organismo sociale, è divenuta rigida, moralista
, autoritaria. 1 ragazzi imparano a ripetere le parole di Odo come se
fossero leggi, una mostruosa bestemmia!
A livello pubblico,
questa spinta verso la dominazione trova la sua conferma nell'evoluzione
dei CPD, organo inizialmente solo "amministrativo" che finisce poi per
diventaree un mezzo per organizzare le persone: 'L'amministrazione" si
trasforma in "governo", e il CPD diviene "autoritario". A livello
interindividuale, anche gli scienziati e gli intellettuali esercitano
una sorta di dominio sugli altri, attraverso l'uso che sanno fare delle
idee. E' questa la chiave, e Shevek se ne accorge quando, per ottenere
il diritto alla pubblicazione delle sue teorie temporali, deve passare
attraverso il controllo "amministrativo" del fisico suo amico Sabul:
Shevek acconsente a che il nome di Sabul figuri insieme al suo, come
co-autore dell'opera da pubblicare, eppure Sabul non concede al
sindacato della stampa la sua autorizzazione per la pubblicazione delle
teorie di Shevek. Il fatto importante, però, non è tanto il controllo
esterno esercitato da Sabul, quanto l'interiorizzazione della necessità
di tale controllo da parte di Shevek. Per Shevek è proprio ottenere il
permesso da Sabul che è necessario:
(parole di Shevek alla
moglie) il fatto è che nessuno di noi ragiona con la sua testa. Nessuno
sceglie, lasciamo che sia Sabul a scegliere per noi. Ognuno ha il suo
Sabul personale, interiorizzato... conformismo, moralismo, paura
dell'ostracismo sociale, paura di essere diversi, paura di essere liberi
Il risultato immediato di questa raggiunta consapevolezza, è
la decisione di Shevek di costituire un gruppo editoriale per conto
suo, allo scopo di pubblicare le opere sue e degli altri dissidenti che
hanno subìto la censura del CPD.
Anche il viaggio di Shevek su Urras è
un caso simile di azione individuale e ribellione. Ed è l'occasione per
rivelare un ulteriore aspetto dell'analisi della Le Guin, perché Urras è
si gerarchico e fondato sulla proprietà, eppure lì le idee circolano
liberamente. Shevek ha bisogno di un ambiente del genere, per portare a
compimento le sue ricerche. Le idee, secondo la Le Guin, non sono
totalmente sottoposte alle strutture economiche della società, come è
invece per alcuni marxisti: Anarres sembra aver occultato le sue idee
originarie di rivoluzione, Urras invece mantiene almeno questo aspetto
della libertà.
Del conflitto tra individuo e società, Shevek ha una
concezione migliore di quella che rappresenta la situazione di fatto
esistente su Annares. In parte, ciò comporta una riaffermazione della
necessità di bilanciare, o armonizzare, i diritti della società e quelli
degli individui, piuttosto che lasciare che sia la società a prevalere
completamente:
Non è vero che cooperiamo, noi obbediamo.
Temiamo di essere segnati a dito, di essere definiti pigri,
disfunzionali, egoizzanti. L'opinione dei vicino di casa è più
importante del rispetto della nostra libertà di scelta. Tu non Mi credi,
Tak, ma prova, prova soltanto ad immaginare di trasgredire, e dimmi
come ti senti ... Forziamo un uomo a porsi al di fuori della sfera della
nostra approvazione e poi lo condanniamo.
Piú esplicitamente, si tratta anche di rifiutare la coercizione in se stessa:
Ciò
che vogliamo è ricordare a noi stessi che non siamo venuti su Anarres
per la sicurezza, ma per la libertà. Se dobbiamo per forza essere tutti
d'accordo, e tutti lavorare insieme, non siamo migliori di una macchina.
Se c'è uno che non è capace di lavorare in solidarietà con i suoi
compagni, allora è suo dovere lavorare da solo. E' un suo dovere, ma
anche un suo diritto. Abbiamo sempre detto... che bisogna lavorare
con gli altri, che bisogna accettare l'imperio della maggioranza. Ma
ogni imperio è tirannia. Il dovere di un individuo è quello di non
accettare imposizioni, di essere l'ispiratore dei suoi propri atti, di
essere responsabile. Solo così la società potrà vivere cambiare,
adattarsi, durare. Non siamo i sudditi di uno Stato fndato sulla legge,
ma i membri di una società fondata sulla rivoluzione. La rivoluzione è
la nostra speranza di evoluzione. «La Rivoluzione è nel cuore
dell'individuo, o non è in alcun posto... Se è vista come qualcosa che
deve finire, non comincerà mai veramente». Non possiamo fermarci qui
dove siamo. Dobbiamo andare avanti. Dobbiamo rischiare.
Il
richiamo di Shevek all'individuo "responsabile" introduce nell'idea
anarchica un'altra importante qualificazione: la Le Guin, in sostanza,
dice che si è responsabili solo quando si pongono le proprie azioni
individuali in seno al contesto del passato (psicologico, sociale,
storico) e del futuro, e solo a patto di, abbandonare, in questo, ogni
idea di stabilità temporale o di perfezione. Spiegando perché il CPD sia
diventato autoritario, Shevek afferma che ciò non riguarda soltanto il
CPD, ma qualunque istituzione dove siano richieste "competenza" e
stabilità: « ... in effetti la stabilità fornisce uno scopo alla tendenza autorìtaria». Anche
creando strutture volte a prevenire che gli esperti si insediino e
possano così dominare gli altri, sta di fatto che gli esperti si
insediano comunque, e dominano; i non esperti accettano l'idea che
essi non sono in grado di amministrare, oppure che non hanno alcunché da
amministrare in proprio, e quindi si sottomettono alle decisioni degli
esperti. Per contrastare questo autoritarismo istituzionale bisogna
saper riconoscere in quale misura il nostro bisogno di stabilità e di
efficienza contribuisce allo spirito di dominazione. In particolare, la
Le Guin attribuisce all'incertezza un valore esistenziale positivo,
almeno come contromisura (emergente dalla leggenda di "Ainsetain")
dell'idea marxista che la storia sia un libro chiuso e che ogni mezzo
possa essere adottato per poter giungere al termine di essa, che è
conosciuto, millenaristico. Significativamente, Shevek fa la sua
scoperta della comunicazione istantanea (il telefono temporale) mentre
si trova sul pianeta Urras, e dopo aver abbandonato i suoi desideri di
certezza teorica. Il futuro non è né completamente conosciuto né
completamente ignoto, è piuttosto come una profezia che si autorealizza,
sarà quello che desideriamo e vogliamo.
L'attenzione
della Le Guin si volge dunque, in gran parte, al tempo, visto sia come
una "freccia", per mettere in evidenza la successione e il progresso,
sia come un "cerchio", per mettere in evidenza l'unità (il che vale
anche per la vita di Shevek, e per la struttura stessa del romanzo, che
procede verso molte direzioni e resta tuttavia circolare nella sua unità
etica).
... non lo si può spiegare né come pura sequenza né
come pura unità. Non vogliamo la purezza, ma la complessità, le
relazioni di causa ed effetto, di mezzi e fini... Una complessità che
include non solo la conservazione, ma anche la creazione, non solo
l'essere ma il divenire, non solo la geometria ma anche l'etica.
Verso la fine del romanzo, la Le Guin così riassume il pensiero di Shevek:
Un
atto non è un atto umano finquando non si presenta nel panorama del
passato e del futuro. La lealtà, che fonda la continuità del passato e
del futuro, perché lega il tempo in un tutto, è la radice della forza
umana; niente di buono si può fare senza di essa.
Da
questo punto di vista, la circolarità temporale significa esattamente
quello che intendeva Johnson situando gli atti umani a metà strada tra
la "memoria" e la "previsione", cioé tra le azioni passate mosse dalle
speranze future legate alla coscienza del passato. Nel romanzo, ciò è
visibile anche attraverso la storia personale di Shevek e sua moglie,
che continuano nonostante tutto a rimanere legati l'un l'altra. C'è un
tocco di determinismo in tutto questo, Shevek lo ammette, ma scegliendo
"l'incertezza" ci si può rendere conto che non si può mai essere
deterministicamente sicuri di quanto dovrà accadere nel futuro o di ciò
che è accaduto nel passato. E' significativo che la Le Guin porti queste
idee sulla relatività a supporto di concezioni anarchiche/socialiste;
in tal modo, infatti, rende assai più ricca la concezione anarchica di
individuo (infatti, come si può essere individui, nel senso stretto
della Parola, se siamo stati forgiati dal nostro passato, dalla
famiglia, dalla società) e di società (che non è qualcosa di dato, ma ha
radici, è legata alle speranze, alle profezie, agli utenti). Inoltre il
tempo visto come qualcosa di circolare e simultaneo (un' "eterno
presente") può allontanare le persone dal bisogno di autoaffermazione e
di dominazione e spingerle verso la cooperazione: in altri termini, se
quanto facciamo adesso non è che il riflesso delle nostre aspettative
per il futuro, allora abbiamo la possibilità di controllare a quale
futuro stiamo andando incontro. La Le Guin stessa fa questi
collegamenti, attraverso il concetto di responsabilità:
... la
cronosofia è legata all'etica. Perché il nostro senso dei tempo
coinvolge la nostra capacità di separare causa ed effetto, mezzi e fini.
Il bimbo ... l'animale, non vedono la differenza tra quanto fanno ora e
quanto accadrà a causa della loro azione. Non sanno fare una puleggia,
né possono fare una promessa. Invece noi possiamo. Noi percepiamo la
differenza tra ora e non ora, e sappiamo stabilire il rapporto. Ed ecco
che entra in gioco la morale. Responsabilità... Mancare ad una promessa è
come negare la realtà del passato. Ed equivale a negare la speranza in
un vero futuro.
E questo senso del tempo, in tutta la sua
ricchezza, che spiega l'uso della fantascienza da parte della Le Guin.
Nella fantascienza il tempo è un antidoto contro il pessimismo e il
cinismo. Attraverso le sue finzioni, anche quelle catastrofiche, la
fantascienza ci indica che il futuro è nelle nostre mani, che le cose
sono indeterminate, in evoluozione, eppure possono venir padroneggiate e
sottomesse ai nostri desideri:
Tu non capisci cos'è il tempo,
disse. Dici che il passato è passato, che il futuro non è reale, che
nulla cambia, sche non c'e' speranza. Pensi che Anarres sia un futuro
che non si può raggiungere, così come il Passato non può essere
modificato. Quindi non c'è che il presente, Urras, ricco, reale,
stabile, adesso. E pensi che sia qualcosa che si può possedere. Lo
desideri. Pensi che sia qualcosa che ti piacerebbe avere. Ma non è
reale, lo sai. Non è stabile, non è solido ... niente lo è. Le cose
cambiano, cambiano. Non puoi avere niente. E meno che mai puoi avere il
presente, a meno di accettare con esso anche il passato e il futuro. Non
solo il passato, ma anche il futuro, non solo il futuro, ma anche il
passato!
Quindi il titolo ha anche un altro significato!
In
generale, dunque, la Le Guin ha collegato le idee fondamentali
dell'anarchismo (libertà individuale, cooperazione volontaria,
sindacalismo) ad una teoria intelligente sul duplice bisogno umano di
dominare e di cooperare; inoltre ha accoppiato gli aspetti positivi e
negativi dell'anarchismo ad una suggestiva interpretazione del tempo e
della teoria della relatività. Ciò che mi sembra particolarmente
importante è il fatto di mettere in rilievo l'ingenuità dell'ottimismo
anarchico: la volontà di dominio è intrinseca all'uomo ed è un
problema che va affrontato ad ogni nuova generazione; si presenta in
forme diverse e non è destinata a scomparire semplicemente con la
scomparsa dello Stato. Può essere contrastata solo rendendoci conto
di quanto desideriamo la stabilità, di come sia facile interiorizzare
l'idea della dominazione sugli altri, e soprattutto rendendoci conto di
quanto scarsa sia la nostra fiducia nelle nostre possibilità di azione
autonoma.
Tratto da "Volontà" n.3 del 1986
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