Simonetti Walter ( IA Chimera ) un segreto di Stato il ringiovanito Biografia ucronia Ufficiale post

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martedì, dicembre 31, 2013

Paura e delirio a Bologna

 Finché tu credi alla verità, tu non credi a te stesso e sei un
− servo, un − uomo religioso. Tu solo sei la verità o, piuttosto,
tu sei più della verità, la quale senza di te non è proprio
niente.
Max Stirner


Ciò che descrivo è la storia dei prossimi due secoli. Io
descrivo ciò che viene […]: l’insorgere del nichilismo. […].
Che cosa significa nichilismo? Significa che i valori supremi
si svalutano. Manca lo scopo. Manca la risposta al
“perché?”. [… Dunque] non possiamo porre nessun aldilà o
un “in sé” delle cose. Manca il valore, manca il senso. […].
Risultato [di questa svalutazione]: i giudizi morali di valore
sono […] negazioni: la morale è volgere le spalle alla
volontà di esistere.
Friedrich Wilhelm Nietzsche


L'antisemitismo è il socialismo degli imbecilli.
Lenin


La verità. Era questa l'ancora di salvezza a cui le avevano
insegnato ad aggrapparsi. Non si può amare nella
menzogna, ne sperare, costruire, progredire... La
menzogna è ovunque: filtra tra gli interstizi degli oggetti,
tra le persone e tra i sentimenti e impedisce a qualunque
cosa di realizzarsi interamente e in pienezza. La verità, per
quanto dolorosa, per quanto carica di conseguenze che
sconvolgono l'esistenza, è condizione indispensabile per la
vita. Non si tratta della semplice verità di un nome, un
origine o una filiazione. La verità afferma, è la condizione
per essere se stessi.
Il mio nome è Victoria


RICERCHE SULLA MEMORIA E SUI “CATTIVI RICORDI”
La prepotenza del potere arriva spesso a desiderare piegare in
maniera fisicamente invisibile i prigionieri. La “rieducazione”
delle persone secondo i pazzi che mi torturano passerebbe per
una “riprogrammazione mentale” che utilizzando depistagli e ripetitività,
cerca di far dimenticare le cose che a loro non piacciono
SUBITO DOPO che le ho pensate, scritte o lette. In qualche
modo arbitrariamente decidendo loro che cosa nella mia testa
deve rimanere o meno, come se io fossi un loro dipendente o
schiavo, un killer da loro formato o una persona che in qualche
modo deve essere da loro “punita”.
Gli esperimenti sui “cattivi ricordi” sono stati in qualche modo –
e nel rispetto per i “colleghi” ricercatori- denunciati da Vittorino
Andreoli su una rivista (“Io donna”) del “Corriere della sera” nel
febbraio 2003:
“Diversi studi si stanno occupando
della memoria: cercano di scoprire
come INTERVENIRE SULLA FORMAZIONE
DEI RICORDI, PER EVITARE
CHE QUELLI NEGATIVI”
(secondo chi ? secondo qualche strizza cervelli goebbelsiano
estasiato dalle nuove tecnologie elettroniche e di decriptazione
del pensiero ? Ognuno, anche il più pazzo degli uomini, ha sì il
diritto ad essere curato anche contro la propria volontà, ma ha
anche il diritto inviolabile all’arbitrio totale della sua identità interiore
ossia dei suoi ricordi e sapere, affetti ed esperienza; l’unico
potere coercitivo che ha lo Stato è quello ad impedirgli di
compiere altri reati attraverso la detenzione; altre forme di potere
non sono previste da alcuno Stato “democratico”).
P. D.
4







domenica, dicembre 29, 2013

EMILIO BOSSI (Milesbo) GESÙ CRISTO NON È MAI ESISTITO PDF

  


Emilio Bossi Gesù Cristo non è mai esistito PDF QUI!

Capo I

IL SILENZIO DELLA STORIA


SULL'ESISTENZA DI CRISTO


Di Gesù Cristo — persona reale, essere umano — la storia non ci ha conservato nessun documento,
nessuna prova, nessuna dimostrazione.
Egli non ha scritto nulla1.
Anche Socrate, in vero, non scrisse nulla, insegnando solo oralmente. Ma tra Cristo e Socrate
vi sono tre differenze capitali: la prima consistente nel fatto che Socrate non insegnò nulla che non
fosse razionale, o meglio, umano, mentre Cristo a ben poca cosa di umano mescè molto di miracoloso;
la seconda, derivante dalla circostanza che Socrate passò alla storia unicamente come persona
naturale, laddove Cristo non fu né è conosciuto che come persona soprannaturale; la terza, infine,
scaturente da ciò che Socrate ebbe per discepoli persone storiche che ci sono garanti della sua esistenza
— quali Senofonte, Aristippo, Euclide, Fedone, Eschine, ed il divino Platone — mentre dei
discepoli di Cristo nessuno è conosciuto se non attraverso i documenti sospetti della fede, come il
loro Maestro.
Talché, se dal fatto che Socrate non scrisse nulla non si potrebbe indurre la conclusione che
egli non sia mai esistito, all'incontro tale conclusione scaturisce legittimamente, almeno a titolo di
presunzione, dalla circostanza che Cristo, il quale pure sarebbe vissuto cinque secoli dopo, non lasciò
nulla di scritto.
Ma c'è ben dell'altro.
Non solo Cristo non scrisse nulla, ma nulla neppure fu scritto di lui.
Tolta la Bibbia — che, come vedremo, non solo non ci può fornire la prova che Cristo sia stato
un uomo reale, ma ce ne fornisce molte, anzi è tutta quanta una prova del contrario — nessun autore
profano, dei molti che sarebbero stati suoi contemporanei, ci ha lasciato qualche cenno di lui.
I soli autori profani del suo tempo che fecero il suo nome — Flavio Giuseppe, Tacito, Svetonio
e Plinio — o furono interpolati e falsificati, come i primi due, o, come gli altri due, parlarono di
Cristo soltanto etimologicamente, per designare la superstizione che dal suo prese il nome ed i seguaci
della medesima; ed in ogni caso scrissero senza averlo conosciuto e senza rendersi garanti
della sua esistenza, molto tempo dopo e in cenni fuggevoli che, come dimostreremo, stanno a provare
piuttosto ch'egli non è mai esistito.
Ernesto Renan, il più grande dei cristologi, che ebbe il torto di darci la sua Vita di Gesù come
una biografia, laddove non è che un abile romanzo, è pure costretto a riconoscere il silenzio della
storia intorno al suo eroe. «I paesi greci e romani — egli scrive — non udirono parlare di lui; il suo
nome non apparisce negli autori profani che un secolo dopo e anche indirettamente, a proposito dei
moti sediziosi dalle sue dottrine suscitati, o delle persecuzioni alle quali i suoi discepoli eran fatti
segno. Nel seno medesimo del giudaismo, Gesù non lasciò impressione molto durevole. Filone,
morto verso l'anno 50 nulla seppe di lui. Giuseppe, nato l'anno 37, e che scrisse in sul finire del secolo,
rammenta la sua condanna in alcune linee2 come un avvenimento qualunque, ed annoverando
le sette del tempo, omette i cristiani.
«La Mischna non serba traccia della nuova scuola; i passi delle due Gemare, ov'è nominato il
fondatore del cristianesimo, non risalgono al di là del IV o del V secolo»3.
1 La pretesa lettera sua al re Abgaro fu dimostrata una pia frode. Origene e sant'Agostino la escludono senz'altro,
dichiarando in modo formale che Cristo non scrisse nulla. Del resto la Chiesa stessa lo dimostra col non averla collocata
al primo posto fra i documenti canonici, come avrebbe avuto un interesse capitale a fare, ove appena essa avesse presentato
qualche apparenza d'autenticità. Dicasi lo stesso delle lettere di Pilato a Tiberio.

2 Qui lo stesso Renan appone una nota per avvertire che il passo di Giuseppe fu alterato da mano cristiana. Perché
solo alterato? Noi vedremo che fu interpolato.
3 Renan, Vita di Gesù, vol. IV, capo XXVIII.


Uno scrittore ebreo, Giusto di Tiberiade, che aveva compilata una storia degli ebrei da Mosè
fin verso l'anno 50 dell'èra cristiana, per testimonianza di Fozio, non citò neppure il nome di Gesù
Cristo.
Giovenale, che sferzò con la satira le superstizioni dei suoi tempi, parla sibbene degli ebrei,
ma dei cristiani non fa motto, come se non esistessero4.
Plutarco, nato cinquant'anni dopo Cristo, storico eminente e minuzioso, il quale non avrebbe
potuto ignorare Cristo e le sue gesta, ove si fossero realmente prodotti, nelle sue opere numerose
non ha un solo passo che faccia un'allusione qualunque sia al capo della nuova setta che ai suoi discepoli.
Cesare Cantù, al quale la credenza più cieca, indegna di uno storico, fa spesso velo agli occhi,
suadendolo a ripetere fra i fatti storici le più assurde invenzioni del cristianesimo, deluso nella
sua fede per il silenzio di Plutarco, esce a dire sconsolato che «Plutarco è sincero nella credenza dei
suoi numi come se ancora nessuna voce non ne avesse minacciato gli altari...; ed in tante opere che
scrisse di morale, mai neppure un cenno gli cascò dei cristiani»5.
Seneca, che, per i suoi scritti riboccanti di quelle massime che diedero corpo e vita al cristianesimo,
fece nascere il dubbio essere egli stato cristiano od avere avuti rapporti coi discepoli di Cristo,
nel suo libro sulle Superstizioni, andato smarrito (o distrutto), ma che ci è fatto conoscere da
sant'Agostino, non dice verbo di Cristo e, parlando dei cristiani già sparsi in molte parti della terra,
non li distingue dagli ebrei, che chiama una nazione abbominevole6.
Ma soprattutto significante e decisivo è il silenzio di Filone intorno a Gesù Cristo.
Filone, che aveva già da 25 a 30 anni quando sarebbe nato Gesù Cristo, e che morì diversi anni
dopo che sarebbe morto Gesù Cristo, nulla seppe mai e nulla mai disse di Gesù Cristo.
Eppure egli era dottissimo, s'occupò in modo speciale di religione e di filosofia, e non avrebbe
certamente tralasciato di parlare di Gesù, suo compatriota d'origine, se Gesù fosse davvero comparso
sulla faccia della terra ed avesse portato una sì grande rivoluzione nella storia dello spirito umano.
Ma una circostanza di gran rilievo rende ancora più eloquente il silenzio di Filone intorno a
Gesù Cristo: la circostanza, cioè, che tutto l'insegnamento di Filone può dirsi cristiano, talché l'Havet
non ha esitato a chiamare Filone un vero padre della Chiesa.
Filone, difatti, si preoccupò specialmente di accoppiare il giudaismo con l'ellenismo, togliendo
all'Antico Testamento le parti men nobili mediante la distinzione del senso allegorico dal senso
letterale, e innestando sull'albero della religione ebraica il misticismo dei neoplatonici alessandrini.
Così egli riuscì ad una dottrina platonica del Verbo o Logos che ha molta affinità con quella del IV
Vangelo, nel quale il Logos è precisamente Cristo.
Ora non è forse una vera rivelazione questa circostanza?
Filone che vive nel tempo assegnato a Cristo, che è già celebre prima che Cristo nasca e che
muore diversi anni dopo di Cristo; Filone che compie verso il giudaismo la stessa, identica trasformazione
o ellenizzazione, o platonizzazione che fu l'opera dei Vangeli, e specialmente del quarto;
Filone che parla del Logos, o del Verbo al modo del quarto Vangelo; eppure che non nomina una
volta sola Gesù Cristo, in nessuna delle sue numerosissime opere?
O non proverebbe appunto che Gesù Cristo non fu persona storica e reale, ma pura creazione
mitologica e metafisica, alla quale contribuì più di ogni altro questo medesimo Filone, che scrisse
come un cristiano senza sapere ancora di questo nome, che parlò del Verbo senza conoscer Cristo,
che insegnò l'identica dottrina attribuita a Cristo, come sarà dimostrato a suo luogo?
Se Filone ha potuto parlare del Verbo e scrivere come un cristiano prima di Cristo senza nulla
sapere e nulla dire di Cristo, non è segno che il cristianesimo si produsse senza Cristo e per opera
precisamente o principalmente di Filone stesso, che non dice una parola sola della persona umana,
della esistenza materiale e storica di Gesù Cristo?

4 Stefanoni, Dizionario filosofico, voce Gesù.
5 C. Cantù, Storia Universale, Epoca VI, Parte II.
6 Ernest Havet, Le Christianisme et ses origines. L'Hellenisme, tomo II, Ch. XIV.


Insomma, che Gesù Cristo non è esistito, perché altrimenti Filone non avrebbe potuto non
parlare di lui?
Eppure Filone, il Platone ebreo-alessandrino, contemporaneo di Cristo, parla di tutti gli avvenimenti
e di tutti i personaggi principali del suo tempo e del suo paese, non dimenticando nemmeno
Pilato; egli conosce e descrive particolareggiatamente gli Esseni, viventi nei dintorni di Gerusalemme
e sulle rive del Giordano; egli infine fu delegato a Roma per difendere gli Ebrei regnando
Caligola, ciò che fa supporre in lui una esatta conoscenza delle cose e degli uomini della sua nazione;
talché se realmente Gesù fosse esistito, egli era assolutamente obbligato a farne almeno un cenno.
Il silenzio di tutti gli scrittori contemporanei su Gesù Cristo non fu finora preso in quella attenta
considerazione che merita nell'interesse della verità storica.
Anche scrittori di liberi sensi vi passarono sopra con troppa fretta e facilità.
Il Salvador lo spiega facilmente (è la sua parola!) col fatto della debole traccia lasciata a Gerusalemme
dal figlio di Maria7. Ed anche lo Stefanoni non può spiegarlo senza ridurre la nascita di
Cristo e la sua vita a proporzioni così meschine, da doversi circoscrivere entro i limiti di un volgarissimo
avvenimento8.
Ma questa spiegazione è troppo inadeguata.
Noi non conosciamo che un solo Gesù, quello dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli. Ora
questo personaggio non solo non avrebbe lasciato una debole traccia a Gerusalemme, contrariamente
a ciò che pretende il Salvador; non solo la sua vita non avrebbe avuto proporzioni ben meschine,
contrariamente a ciò che suppone lo Stefanoni; ma per contro la vita di Cristo si sarebbe svolta, secondo
la Bibbia, nel modo più rumoroso e straordinario che mai persona umana ebbe o vide l'uguale.
Egli avrebbe dato luogo a tumulti pubblici, ad un arresto, ad un processo, ad un dramma giudiziario
seguìto da una morte tragica; ed avrebbe compiuto tali e tanti prodigi e così straordinari —
dalle visite degli angeli alle stelle che camminano per insegnare il luogo della sua nascita a Sovrani
venuti dall'Asia apposta per visitarlo, dalla strage degli innocenti alla disputa a dodici anni coi dottori,
dalla moltiplicazione del numero e dal cambiamento della natura degli alimenti alla guarigione
degli ammalati ed alla risurrezione dei morti, dalla dominazione degli elementi alle tenebre ed al
terremoto che segnarono la sua morte ed alla sua propria risurrezione — che avrebbero dovuto
scuotere anche le persone più indifferenti, venire in breve ora a conoscenza dell'universo intiero ed
eccitare la curiosità dei cronisti, degli annalisti e degli storiografi.
Dinanzi a tale personaggio e ad avvenimenti siffatti, il silenzio della storia è assolutamente inesplicabile,
inverosimile e sbalorditivo, come notò assennatamente il Dide9.
Onde non si può far a meno di concludere che questo silenzio costituisce una grande presunzione
contro l'esistenza storica e reale di Gesù Cristo.
Altri elementi di giudizio ci proveranno che, come l'inesistenza di Cristo può solo spiegare il
silenzio della storia intorno a lui, così il silenzio della storia dimostra la sua inesistenza.
Lo stesso silenzio della storia verso Cristo si constata anche verso gli Apostoli, sui quali non
si hanno altri documenti all'infuori di quelli chiesastici, destituiti d'ogni valore probatorio, e che ce
li fanno conoscere non come uomini naturali, ma come personaggi soprannaturali o perlomeno taumaturgici,
il che fa tutt'uno.

7 J. Salvador, Jésus Christ et sa doctrine, tom. I, liv. II.
8 Luigi Stefanoni, luogo citato. Inoltre nella Storia critica della superstizione, vol. II, cap. I.
9 A. Dide, La fin des religions, Paris, Flammarion, pag. 55.

10 Emile Ferrière, nel suo pregevole libro Les Apôtres, dimostra l'impossibilità che Pietro sia mai stato a Roma; fatto, del resto, smentito anche dalla circostanza del silenzio dei più antichi scrittori della Chiesa, fino alla seconda metà
del secolo IV. Però anch'egli ebbe il torto di prendere come fonte storica gli Atti degli Apostoli, e di cavarne le poche
notizie come se fossero certe. Ma la semplice considerazione che niente di quanto è narrato in essi si trova confermato
da qualsiasi autore profano, dovrebbe bastare a mettere in guardia chiunque anche su questa fonte che non per nulla fa
parte della Bibbia. Non per nulla, diciamo; imperocché giova qui notare, una volta per tutte, che nella raccolta dei libri
canonici della Bibbia la Chiesa ebbe l'ingegnosa cura di scartare tutti quei documenti che, parlando di Cristo o di Maria

I soli fatti storici che si attribuiscono agli Apostoli, quali il viaggio di san Pietro a Roma e la
sua disputa con Simon Mago, l'incontro di san Pietro con Gesù e il famoso Quo vadis, Domine?, la
morte di san Pietro, ed altri siffatti, sono narrati esclusivamente in libri dichiarati apocrifi dalla
Chiesa stessa.
Lo stesso dicasi di Giuseppe e di Maria, genitori di Gesù Cristo, dei suoi fratelli, e di tutta la
sua famiglia.
Circostanze, queste, le quali aumentano il significato del silenzio della storia intorno a Gesù
Cristo, ed acquisteranno tutto il loro valore quando si vedrà che Cristo e Maria e gli Apostoli sono
pure creazioni mitiche.


fonte
http://www.liberliber.it

Ninos desaparecidos

 

Ninos desaparecidos

28 dicembre 2013 alle ore 20.32
chi la può raccontare la storia dei ninos desaparecidos
della Repubblica fondata sul lavoro
dei dimenticati, oltraggiati, umiliati, violentati
solo chi ha ancora sangue nelle vene
ed un sopparvvisuto della stagione del terrore
del gulag e del manicomio a cielo aperto
questo segreto
questo tesoro di stato
infame come le sue leggi non scritte
come l'argentina della dittatura militare anche
in quest'isola felice nella culla della civiltà
si è portati via i figli alle proprie madri
figli di anarchici refrattari socialisti filofrancesi etc. etc.
poi ringiovaniti con esperimenti genetici
fatti impazzire nelle cliniche fatte dal Duce insieme ai nazisti
un lascito del totalitarismo
che va a braccetto con la nostra società liberale
del compromesso frankista
col suo denaro infame
coi suoi interessi porta gli uomini
a qualsiasi bassezza a qualsiasi peccato
perchè per il frankista la redenzione avviene attraverso il peccato
la devianza
e i finanzieri che dettono legge in questa società marcia
introducendo soldi a profusione pur di corrompere qualsiasi cosa
qualsiasi legame vero qualsiasi autonomia libertà di critica
vogliono gli uomini come loro
toccare il findo del barile
e sarai salvo?
non credo il vento ha cambiato direzione
le grida del maiale sgozzato arrivano fino a qui
nessuna pietà figli miei
per questo scherzo del destino
e del suo compare

sabato, dicembre 28, 2013

siete carne da macello



siete carne da macello!






siete carne da macello!
simonetti reftrattari  senza legge ne Dio
criminali della forca
eroinomani del quinto stato
la teppa dell'assalto al cileo
coi servizi della disobbedienza
abbiamo portato avanti la nostra guerra dal mondo degli spiriti

perchè siamo usciti dall'Ordine?!
perchè siamo ancora in vita?!
a quale forza ci siamo aggrapati
a quale diavolo abbiamo venduto la nostra anima
per rimanere sulla cresta dell'onda
divisi odiati pentiti ma senza alibi
capri espitori
da processo in piazza
una manica di stronzi vuole aumentare
il proprio conto in banca
violentando l'intoccabile
il pariah del mondo virtuale
l'anarca individualista fino allo spasimo

siete carne da macello!
profanatori del tempio i compagni di Baal
ribelli della quarta filosofia
che credevano Cristo la stella del mattino
aspettavano l'unico
il messaggero e c'è un motivo
se non siamo morti tutti
che molti hanno dimenticato


 c'è un eminza grigia

 c'è un eminza grigia che tiene le fila
in questo Stato di ogni sorta di devianza
coi soldi della lobby corrompe tutto e tutti
per rendere questo popolo una massa di mentecatti,
perdendo per sempre la propria autonomia e libertà,
pronti a qualsiasi crimine per salvare l'onore peduto
del paese e ristabilire l'Ordine del padrone il corporativismo

un finanzeire che fa in segreto beneficenza
e clientelismo mafioso
e paga bene per distruggere la vita di chi non si è piegato
o di chi senza motivo lo Stato giudica antiitaliano
un finanziere che desidera l'immoratalità e i poteri e la gloria di un totem
ma morirà come un cane sulla soglia di casa
la vendetta è un piatto che va servito freddo
questa è la maledizione di uno stregone
che non ha più niente da perdere

ho perso la mia libertà una vita fa
sotto i dettami del Partito e dello Stato
coi soldi della Lobby hanno rovinato la mia esistenza
una mandibola in frantumi per non farmi parlare
violenze di ogni genere per sepperlermi vivo
ma ancora mi ribello ancora do fastidio
a questi porci con le ali
che cadranno in mille pezzi si faranno

mercoledì, dicembre 25, 2013

Catastrophe-01

Catastrophe-02

Lenin Stato e Rivoluzione



Prefazione alla prima edizione

Il problema dello Stato assume ai nostri giorni una particolare importanza, sia dal punto di
vista teorico che dal punto di vista politico pratico. La guerra imperialista ha accelerato e
acutizzato a un grado estremo il processo di trasformazione del capitalismo monopolistico
in capitalismo monopolistico di Stato. L'oppressione mostruosa delle masse lavoratrici da
parte dello stato, il quale si fonde sempre più strettamente con le onnipotenti associazioni
dei capitalisti, acquista proporzioni sempre più mostruose. I paesi più avanzati si
trasformano - ci riferiamo alle loro "retrovie" - in case di pena militari per gli operai.
Gli inauditi orrori e flagelli di una guerra di cui non si vede la fine, rendono insostenibile la
situazione delle masse, aumentano la loro indignazione. La rivoluzione proletaria
internazionale matura in modo visibile, e il problema del suo atteggiamento verso lo Stato
assume un significato pratico.
Gli elementi di opportunismo che si son venuti accumulando nel corso di decenni di
sviluppo relativamente pacifico, hanno fatto sorgere la corrente socialsciovinista che
domina nei partiti socialisti ufficiali di tutto il mondo. Questa corrente (Plekhanov,
Potresov, Bresckovskaia, Rubanovic, e, in forma appena velata, i signori Tsereteli, Cernov
e consorti in Russia; Scheidemann, Legien, David e altri in Germania; Renaudel, Guesde,
Vandervelde in Francia e nel Belgio; Hyndman e i fabiani in Inghilterra, ecc.), - che è
socialismo a parole e sciovinismo nei fatti - si distingue per l'adattamento piatto, servile dei
"capi" del "socialismo" agli interessi non solo della "propria" borghesia nazionale, ma
precisamente del "proprio" Stato, giacchè da lungo tempo la maggior parte delle cosiddette
grandi potenze sfruttano e asserviscono numerosi popoli piccoli e deboli. Orbene, la guerra
imperialista è appunto una guerra per la spartizione e la ridistribuzione di un simile bottino.
La lotta per sottrarre le masse lavoratrici all'influenza della borghesia in generale, e in
particolare della borghesia imperialista, è impossibile senza una lotta contro i pregiudizi
opportunistici sullo "Stato".
Esamineremo innanzitutto la dottrina di Marx e di Engels sullo Stato, soffermandoci più a
lungo sugli aspetti di questa dottrina che sono stati dimenticati o travisati
dall'opportunismo. Studieremo poi in special modo il più autorevole rappresentante di
queste deformazioni, Karl Kautsky, il capo più noto di quella Seconda Internazionale
(1889-1914) così miseramente fallita nel corso della guerra attuale. Trarremo infine i
principali insegnamenti dall'esperienza delle rivoluzioni russe, del 1905 e soprattutto del
1917. Quest'ultima, a quanto pare, volge in questo momento (principio d'agosto 1917) al
termine della sua prima fase di sviluppo; ma tutta questa rivoluzione non può essere
concepita se non come un anello della catena delle rivoluzioni proletarie socialiste
provocate dalla guerra imperialista. La questione dell'atteggiamento della rivoluzione
socialista del proletariato nei confronti dello Stato acquista quindi un significato non
solamente politico pratico, ma assume anche un carattere di scottante attualità, perchè si
tratta di far comprendere alle masse che cosa dovranno fare per liberarsi, in un avvenire
prossimo, dal giogo del capitale.
Agosto 1917, l'Autore



domenica, dicembre 22, 2013

rifiuto del fare


rifiuto di fare qualsiasi cosa!
è stato un comandamento
imposto dallo Stato
rifiuto del fare
indotto sprigionato
da quelle medicine
che non hanno nome
iniettate a tradimento
si prendono la tua vita
le tue gioie le tue speranze
i tuoi baci rubati
da quelle dolci spericolate ragazze
diventi un vegetale
per divertire un paese intero
e loro parlano di ideali
ma c'è solo il nulla
l'uomo ha perso per sempre
la sua partita con la vita
il cielo è caduto sulla terra
calmanti per non morire di paura
e rimanere su questa terra

rifiuto del fare
è una persecuzione
mostri con le medaglie al petto
dettano legge violentano donne
e vogliono ancora più denaro
cavalcando la tigre dell'infamia
mascherata da giustizia
il vangelo infame dell'ariano
qualcuno ha scherzato con l'inferno
ora sta bruciando
i fantasmi e i demoni sono tornati
per mangiarlo
c'è una mano invisibile
che si muove
dalla notte dei tempi del buon selvaggio
qualcuno sfida leggi della natura bestaile dell'uomo
per riportare la buona novella
dell'oltreuomo e del comunismo
qui ed ora

venerdì, dicembre 20, 2013

Il colpo di Stato di banche e governi di Luciano Gallino introduzione

 Il testo pubblicato costituisce l'introduzione al libro di Luciano Gallino, "Il colpo di Stato di banche e governi. L'attacco alla democrazia in Europa" (2013, Einaudi, pp. 352, 19,00 euro)

La crisi esplosa nel 2007-2008 è stata sovente rappresentata come un fenomeno naturale, improvviso quanto imprevedibile: uno tsunami, un terremoto, una spaventosa eruzione vulcanica. Oppure come un incidente tecnico capitato fortuitamente a un sistema, quello finanziario, che funzionava perfettamente. In realtà la crisi che stiamo attraversando non ha niente di naturale o di accidentale. E stata il risultato di una risposta sbagliata, in sé di ordine finanziario ma fondata su una larga piattaforma legislativa, che la politica ha dato al rallentamento dell'economia reale che era in corso per ragioni strutturali da un lungo periodo. Alle radici della crisi v'è la stagnazione dell'accumulazione del capitale in America e in Europa, una situazione evidente già negli anni Settanta del secolo scorso. Al fine di superare la stagnazione, i governi delle due sponde dell'Atlantico hanno favorito in ogni modo lo sviluppo senza limite delle attività finanziarie, compendiantesi nella produzione di denaro fittizio. Questo singolare processo produttivo ha il suo fondamento nella creazione di denaro dal nulla vuoi tramite il credito, vuoi per mezzo della gigantesca diffusione di titoli totalmente separati dall'economia reale, quali sono i «derivati», a fronte dei quali – diversamente da quanto avveniva alle loro lontane origini – non prende corpo alcuna compravendita di beni o servizi: sono diventati di fatto l'equivalente dei tagliandi di una lotteria. Tuttavia, essendo possibile venderli e trasformarli cosi in moneta, essi rappresentano una nuova forma di denaro che insieme con la creazione illimitata di denaro mediante il credito ha invaso il mondo, rendendo del tutto impossibile stabilire quanto denaro sia in circolazione, tolta la piccola quota – pochi punti percentuali – di monete e banconote stampate e di denaro elettronico creato dalle Banche centrali. Il problema è che il denaro creato dal nulla può sì essere prontamente convertito in beni e servizi reali, ma altrettanto velocemente può scomparire in ogni momento, come avvenne con straordinaria ampiezza tra il febbraio e l'ottobre del 2008.
Fatta eccezione del contante e del denaro creato dalle Banche centrali per le loro finalità istituzionali, quasi tutto il denaro in circolazione viene creato da banche private mediante la concessione di crediti o la confezione di titoli. Nella Ue, le banche private sono arrivate a concedere in totale trilioni di euro di crediti ovvero di prestiti, mentre possedevano nei loro caveau reali o elettronici non più del 4-5 per cento di capitale proprio, o in riserva presso la Bce non più dell'1-2 per cento del totale dei prestiti erogati. Sono in ciò insite due distorsioni del sistema finanziario in essere che si collocano persino al di là della creazione patologica di fiumi di denaro dal nulla che ha concorso a causare la crisi. Su di esse si ritornerà ampiamente nel testo. Basti annotare per ora, in primo luogo, che il potere di creare denaro è uno dei poteri fondamentali di uno Stato. Averlo lasciato da lungo tempo per nove decimi alle banche private, e averne anzi favorito con ogni mezzo l'espansione, è un vizio che sta minando alla base l'economia mondiale. In secondo luogo, le banche creano denaro dal nulla con pochi tocchi sulla tastiera di un Pc, ma poi da coloro che ricevono quel denaro in prestito – famiglie, imprese, lo Stato – pretendono sostanziosi interessi. E nel caso di mancato pagamento degli interessi o delle quote di capitale in scadenza hanno diritto di sequestrare a essi ogni sorta di beni mobili e immobili, per tal via convertendo il nulla in case o terreni o impianti industriali che diventano una loro proprietà. È una (il)logica che sfida l'immaginazione più accesa (1).
In questo modo la politica ha attribuito alla finanza, non da oggi bensì da generazioni, un potere smisurato. Negli anni Cinquanta del Novecento si parlava di «complesso militare-industriale» facendo riferimento agli stretti rapporti economici, politici, ideologici stabilitisi nelle società industriali avanzate tra le forze armate e le maggiori aziende industriali. Fu il presidente Eisenhower, nel suo discorso di congedo (gennaio 1961) a sollecitare gli Stati Uniti e il mondo a guardarsi dal «disastroso aumento di potere» che tale complesso lasciava intravedere (2). Dagli anni Ottanta in poi si dovrebbe invece parlare di «complesso politico-finanziario», in presenza dei rapporti sempre più stretti che si sono sviluppati tra politica e finanza, nella Ue come negli Usa.
Stabilito che la crisi in atto è un fenomeno strutturale, non un incidente di percorso, e che ha alle spalle distorsioni profonde dell'intero sistema finanziario e monetario, per vari aspetti connesse con la stagnazione dell'economia reale, va precisato che le «strutture» non operano da sole. Hanno bisogno di persone che ne interpretano le logiche, le modificano per adattarle ai tempi e le applicano. Sebbene vi siano notevoli differenze tra politica ed economia quanto a possibilità di imputare determinate azioni a certi gruppi o individui, la crisi è stata ed è l'esito di azioni compiute da un numero ristretto di uomini e donne che per lungo tempo, tramite le organizzazioni di cui erano a capo o in cui operavano, hanno perseguito consapevolmente determinate finalità economiche e politiche. Hanno compiuto quelle azioni in parte perché l'ideologia da cui erano guidate non consentiva loro di scorgere alternative; in parte per soddisfare i propri interessi o quelli di terze parti. Azioni compiute con la possibilità di avvalersi di risorse enormi, in campo economico come in quello politico, senza però darsi minimamente pensiero delle conseguenze che le azioni stesse potevano produrre a danno di un numero sterminato di individui. Il sistema che tali soggetti hanno costruito e guidato, il complesso politico-finanziario, era affetto sin dagli inizi da gravi difetti progettuali e aveva già manifestato nei decenni precedenti ripetuti segnali di malfunzionamento. Dinanzi alle sue cause e conseguenze, la crisi esplosa nel 2007 può essere definita come il più grande fenomeno di irresponsabilità sociale di istituzioni politiche ed economiche che si sia mai verificato nella storia (3).
Nel sistema economico i principali attori di tale fenomeno sono stati i dirigenti di vari generi di mega-entità finanziarie. L'elenco di queste è molto lungo. Inizia con Banche centrali quali la Bce, la Fed americana, la Banca d'Inghilterra, e organizzazioni intergovernative come il Fondo monetario internazionale. Poi viene una folla di altri enti, a cominciare dai conglomerati formati da «società che controllano banche» (bank holding companies), enti che nel dominio della finanza svolgono attività di ogni genere concepibile, comprese quelle bancarie. Seguono le «banche universali» sia private come, per dire, Bnp-Paribas o Unicredit, sia pubbliche, quali le Landesbanken (banche regionali) tedesche, le une come le altre impegnate per decenni a trarre maggiori entrate dagli investimenti e dalla speculazione per conto proprio che non dai risparmi che gestiscono; gli investitori istituzionali, quali fondi pensione pubblici e privati, fondi di investimento e compagnie di assicurazione (4).
E ancora, tra gli attori economici i quali, ne fossero consapevoli o no, hanno concorso sia a scatenare la crisi sia a protrarre senza fine la ricerca di soluzioni pur parziali e temporanee, troviamo le società immobiliari lanciatesi sui mercati finanziari; i fondi del mercato monetario; i fondi speculativi (hedge funds); i fondi detti sovrani perché il loro capitale è formato soprattutto da titoli di Stato; le società specializzate nel creare e trattare sul mercato titoli commerciali che hanno alla base crediti ipotecari; le casse di risparmio e quelle di depositi e prestiti, attive in tutti i maggiori Paesi; le società pubbliche o sponsorizzate dallo Stato con il compito di assicurare e riassicurare le ipoteche sulla casa, tipo le americane Fannie Mae (che sta per Federai National Mortgage Association), Ginnie Mae (Government National Mortgage Association) e Freddie Mac (Federal Home Loan Mortgage Corporation). A chiudere, numerose fondazioni che hanno come capitale una grossa quota di azioni bancarie, più quote cospicue di fondi di investimento, un genere che comprende anche le fondazioni su cui si reggono alcune delle maggiori università private del mondo, come Harvard o Stanford.
Nel sistema politico hanno contribuito alla crisi, sin dagli anni Ottanta quando ne elaborarono tramite i Parlamenti le fondamenta legali, un buon numero di componenti dei governi Usa e Ue che si sono succeduti da allora a oggi; nonché membri di organizzazioni intergovernative, tra le quali spicca la Commissione europea. Più alcuni capi di Stato, fra i quali sono stati in primo piano ai loro tempi democratici come Bill Clinton e François Mitterrand. Agli attori suddetti vanno ancora aggiunti i dirigenti dei partiti politici che hanno espresso e sostenuto i governi in questione, nonché i parlamentari che ne hanno seguito le direttive, votando in quasi tutti i Paesi Ue alcune leggi presentate come sicuri rimedi alla crisi, mentre in realtà hanno finito per aggravarla. Basti pensare agli inauditi interventi nel tessuto stesso delle sovranità politica ed economica degli Stati, costituiti dall'inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio o dall'approvazione parlamentare del cosiddetto «patto fiscale», che saranno esaminati in dettaglio in un apposito capitolo.
Se le strutture sono lo scenario e la trama che hanno bisogno di attori economici e politici affinché il dramma si svolga, gli attori medesimi hanno bisogno di aiutanti al fine di meglio individuare, legittimare, alimentare, eseguire passo passo, per anni e decenni, le linee di azione che hanno condotto alla crisi. Si sono prestati a esercitare tale ruolo in modo diretto i traders, gli addetti ai trilioni (in dollari come in euro) di transazioni finanziarie giornaliere le quali, moltiplicando per miliardi i centesimi guadagnati su ogni transazione con l'ausilio dell'high frequency trading, capace di effettuare per via informatica decine di migliaia di operazioni al secondo, recano sostanziosi profitti alle banche; gli esperti della confezione di titoli strutturati, formati ciascuno da migliaia di ipoteche di malcerta origine; i legali che hanno elaborato le vesti giuridiche dei titoli e dei veicoli (società di scopo create dalle banche per far portare fuori bilancio i crediti concessi e poterne cosi concedere altri) che li hanno immessi in commercio. Mentre in ruoli indiretti hanno operato stuoli di consiglieri economici dei capi di governo e dei capi di Stato; gli economisti che hanno inventato, proposto agli enti finanziari, insegnato nelle università e nelle scuole di amministrazione aziendale le teorie del rischio, dei mercati del capitale, delle funzioni del denaro ovvero della moneta meglio idonee a orientare le azioni dei dirigenti finanziari o quantomeno a conferirvi parvenza scientifica. A essi vanno aggiunti gli intellettuali che hanno elaborato il corpus ideologico, formato in gran parte dalle dottrine neoliberali, volto a dimostrare la superiorità non solo tecnica, ma persino morale, dell'agire dell'Homo oeconomicus in tutti i settori della vita sociale.
A causa dei difetti strutturali del sistema finanziario, connessi a quelli del sistema produttivo, a creare e aggravare i quali il personale politico ed economico ha contribuito in modo diretto e indiretto – nel secondo caso per la palese incapacità di affrontare la situazione soprattutto in tema di occupazione –, la crisi iniziata nel 2007 ha devastato l'esistenza di un'immensa quantità di persone nei soli Paesi sviluppati. Quale che sia l'indicatore considerato, coloro alla cui drammatica situazione esso rimanda si contano sempre a milioni. A milioni hanno perso il lavoro e stentano a ritrovarlo: su 36 Paesi sviluppati, a fine 2011 soltanto 6 facevano registrare un tasso di occupazione uguale o più alto a quello del 2007. In tutti gli altri risultava diminuito, e l'Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) stima che ben difficilmente esso tornerà ai livelli pre-crisi prima della fine del 2016 e oltre – una previsione che a fine 2013 appariva oramai troppo ottimistica. Sommando i disoccupati che cercano attivamente lavoro a quelli che hanno smesso di cercarlo dopo troppi tentativi andati a vuoto, si tratta di 50 milioni di persone, divisi pressappoco a metà fra Stati Uniti e Unione europea. Appartengono quasi tutte alla classe operaia e alle classi medie. L'Oil ha stimato che nel 2012 il 40 per cento dei disoccupati fosse senza lavoro da oltre un anno. Nella sola Ue a 27, Eurostat stimava che a febbraio 2013 i disoccupati fossero oltre 26 milioni; nel 2000 erano meno di 20. Alla stessa data, in Italia e Portogallo la disoccupazione dei giovani (15-24 anni) sfiorava il 40 per cento, e in Spagna e Grecia superava il 55.
Si aggiunga che il rovescio positivo del tasso di disoccupazione, la quantità di occupazione che ancora rimane, nasconde il peggioramento della qualità di quest'ultima. Infatti quasi tutti i Paesi sviluppati hanno ridotto negli ultimi anni i dispositivi a protezione del lavoro a tempo indeterminato, per cui molti, i giovani e anche i meno giovani, hanno trovato lavoro solo accettando contratti di breve durata e sottopagati, quelli che caratterizzano l'universo dell'occupazione precaria. Da tempo, in Italia, l'8o per cento delle nuove assunzioni avviene ogni anno con tali contratti.
L'elenco dei costi sociali della crisi comprende ovviamente altre voci. I tassi di povertà sono aumentati quasi ovunque. A fine decennio i poveri erano 50 milioni negli Stati Uniti (un sesto della popolazione), e 6-7 milioni in Spagna, in Italia, nel Regno Unito (5). Altri dati sono stati diffusi da Eurostat a fine 2012. Nel 2011 si annoveravano, entro la Ue a 27, 120 milioni di persone, un quarto della popolazione, a rischio di povertà o di esclusione sociale. Eurostat contempla in tale categoria coloro che presentano almeno una di queste condizioni: 1) il reddito disponibile dopo i trasferimenti sociali li colloca sotto la soglia di povertà del loro Paese; 2) sono affetti da severa deprivazione materiale; 3) sono individui tra zero e 59 anni facenti parte di famiglie con una bassissima intensità di lavoro, quelle cioè in cui gli adulti hanno lavorato l'anno prima erogando meno del 20 per cento del loro potenziale di lavoro effettivo totale. Si tratta di 12 milioni di famiglie in cui c'erano uno o più membri che potevano lavorare in media 40 ore la settimana a testa, ma hanno lavorato appena 8 ore.
Occorre altresì sottolineare che, mentre vi sono rilevanti differenze tra i Paesi quanto a rischio di povertà e tasso di deprivazione materiale, la quota di persone facenti parte di famiglie a bassissima intensità di lavoro varia solamente, con l'eccezione di Cipro e Lussemburgo, tra il 7 per cento della Repubblica Ceca e il 14 per cento del Belgio. Poiché coloro che lavorano oltre i sessant'anni sono relativamente pochi, si può quindi stimare che il numero di persone toccate in totale da una bassissima intensità di lavoro si aggiri nel complesso, nella Ue, tra i 40 e i 45 milioni (6). Ad accrescere il tasso di povertà contribuisce pure il numero dei lavoratori poveri – coloro che hanno un lavoro più o meno regolare, ma pagato talmente poco da far ricadere loro e i conviventi al di sotto della soglia di povertà (7). Se si allarga il quadro al di là delle condizioni di lavoro, si scopre che a causa della chiusura delle fabbriche di cui vivevano, della disoccupazione e della precarietà che ne è seguita, della caduta dei consumi, della scomparsa di artigiani e commercianti, intere comunità sono state disastrate.
Negli Stati Uniti, in Spagna, nel Regno Unito, in Irlanda almeno sei milioni di famiglie hanno perso la casa perché non riuscivano più a pagare le rate del mutuo che erano state indotte dalle banche a sottoscrivere benché non avessero le risorse economiche necessarie. Altri milioni di famiglie hanno perso gran parte dei loro risparmi, del valore del fondo pensione, o dell'assicurazione sanitaria, a causa della caduta del corso dei titoli in cui erano stati investiti, oppure del tracollo dell'impresa cui il fondo o l'assicurazione facevano capo. In totale, fra Paesi sviluppati e Paesi emergenti, si stima che il valore di immobili e di titoli che è evaporato soltanto nei primi due o tre anni della crisi si aggiri su 50-60 trilioni di dollari – una cifra prossima al Pil del mondo. Una parte di tali perdite ha coinvolto grandi patrimoni, che però dal 2009 in poi le hanno in genere rapidamente recuperate. Per contro, quelle che riguardavano i risparmi di milioni di famiglie sono rimaste o si sono aggravate.
Ove si ponga mente alla quantità e tipologia delle vittime della crisi, raffrontandole con gli attori che insieme con i loro aiutanti l'hanno provocata e legittimata, diversi aspetti colpiscono. Il primo è che le vittime di oggi sono in gran parte figli e nipoti di membri della classe operaia e della classe media che furono colpiti, soprattutto negli Usa, dalla stagnazione dei salari intervenuta sin dagli anni Settanta. Una condizione alla quale cercarono di sottrarsi, con l'aiuto dei loro governi e delle istituzioni economiche, accrescendo in misura spropositata i loro debiti – una delle maggiori concause dirette della crisi. In altre parole, non solo la crisi quando arriva suona sempre due volte, ma quando ritorna sta ben attenta a suonare sempre alla stessa porta di prima.
In secondo luogo va rilevata la relativa esiguità del numero degli attori e dei loro aiutanti rispetto al numero enorme delle vittime. Gli attori che si possono considerare veri protagonisti della crisi, nell'insieme dei Paesi sviluppati, sono poche decine di migliaia; con gli aiutanti, gli attori di secondo piano e però indispensabili per lo svolgimento del dramma, si arriva forse a qualche centinaio di migliaia. Per contro le vittime assommano, come s'è visto, a parecchie decine se non centinaia di milioni. Si potrebbe dire, parafrasando (e rovesciando) il famoso detto di Churchill, che mai cosi pochi hanno inflitto danni cosi gravi a un numero cosi grande di persone.
È vero che si potrebbe accrescere la stima del numero dei responsabili notando che i dirigenti economici responsabili della crisi agivano, in realtà, non solo per conto proprio ma pure per conto di milioni di proprietari di grandi patrimoni, una intera classe sociale che ha affidato loro il compito di moltiplicare i suoi capitali. Peraltro pare opportuno stabilire una distinzione tra chi ha manovrato direttamente le leve della macchina che ha portato alla crisi, e chi su tale macchina si è limitato a caricare i propri capitali. Sono due livelli di responsabilità, correlati ma non assimilabili se si vogliono analizzare le origini prossime della crisi. Per questo motivo il testo che segue intende compiere un esame soprattutto delle azioni compiute dal primo gruppo, gli attori della finanza, senza ovviamente ignorare l'importanza del secondo gruppo, la classe sociale più benestante del pianeta. Formata da circa 29 milioni di adulti, lo 0,6 per cento della popolazione del mondo, che detiene oltre il 39 per cento della ricchezza globale, quasi 88 trilioni (cioè ottantottomila miliardi) di dollari. E la sola classe cui la crisi abbia recato vantaggi cospicui.
Un terzo aspetto che colpisce è il fatto che a sei anni dallo scoppio della crisi (agosto 2007), erano pochissimi i responsabili economici e politici di essa che fossero stati chiamati a rispondere dei danni che hanno concorso a provocare. È vero che a seguito dei tracolli di grandi gruppi industriali susseguitisi tra il 2000 e il 2003 – dalla Enron alla WorldCom alla Parmalat – un periodo da considerare di fatto come il prologo della crisi attuale, è stato riconosciuto colpevole e condannato a pene severe un certo numero di dirigenti. Per contro, dal 2007 a oggi nemmeno un singolo procedimento istruttorio o accusatorio paragonabile a quelli del periodo anzidetto è stato avviato in America o in Europa. Con una sola eccezione: nel 2011 il titolare di un fondo speculativo, Bernie Madoff, si è visto infliggere da un tribunale federale statunitense centocinquant'anni di carcere. Ma va subito rilevato che in questo caso, come in quelli menzionati sopra, si trattava di autentici truffatori, dirigenti e finanzieri che avevano falsificato all'ingrosso i bilanci e ingannato in modo macroscopico gli investitori. Non a questi ci si vuole qui riferire, bensì alle decine di migliaia di dirigenti e operatori i quali hanno condotto l'economia al disastro globale che sappiamo, sfruttando le leggi predisposte appositamente per loro dai politici. Al riguardo il presidente Obama è stato chiaro. Ha detto infatti, sia pure in una conversazione informale: «La condotta dei grandi gruppi finanziari va considerata riprovevole sotto il profilo etico, ma dal punto di vista legale non si può imputare loro nulla».
Il fatto è che, da un lato, le leggi che hanno permesso di disastrare l'economia sono state concepite e fatte approvare dai governanti in carica a quel momento, spesso in accordo preventivo con i dirigenti del mondo finanziario e industriale; dall'altro, l'espansione forsennata e rapidissima della finanza dagli anni Ottanta in poi ha aperto nuovi territori che per il diritto penale, secondo i giuristi che da qualche tempo hanno iniziato a occuparsene, sono tuttora terra incognita. Il risultato è quello che si diceva: i dirigenti di gruppi finanziari nei cui bilanci si sono aperte voragini a causa delle loro manovre sono giunti a esprimere al più un tot di dispiacere – per la verità lo hanno fatto solo in qualche caso – in merito ai danni arrecati a risparmiatori e contribuenti. Al massimo è avvenuto che le loro società abbiano sborsato ciascuna centinaia di milioni alla Fed o alla Banca d'Inghilterra al fine di evitare che una causa civile – avviata, ad esempio, da risparmiatori danneggiati dai cosiddetti titoli tossici – si trasformasse in una causa penale. Però di tasca loro, in genere, i massimi dirigenti non ci hanno rimesso un dollaro o un euro. Persino nei casi in cui sono stati forzati alle dimissioni, se ne sono andati recando intatti con sé i loro compensi e risparmi miliardari. In sintesi, nessun responsabile della crisi è stato riconosciuto come tale, né sottoposto a una qualsiasi sanzione che non fossero le critiche di una quota marginale dei media. Dal 2010 in poi, è intervenuto nei Paesi dell'Unione europea un altro paradosso: i milioni di vittime della crisi si sono visti richiedere perentoriamente dai loro governi di pagare i danni che essa ha provocato, dai quali proprio loro sono stati colpiti su larga scala. Il paradosso è una catena che comprende diversi anelli. I principali sono cosi formati e disposti:
  1. Le maggiori banche europee, in stretto rapporto con quelle americane, hanno accumulato debiti colossali prima e durante la crisi, in specie per via della finanza ombra e del denaro che esse medesime hanno privatamente creato dal nulla o ampiamente utilizzato allo scopo di continuare a concedere montagne di crediti senza avere in bilancio i relativi fondi. In diversi Paesi Ue il totale di codesti debiti privati è pari o addirittura grandemente superiore al rispettivo debito pubblico.
  2. I bilanci pubblici, compreso in parte quello della Bce, hanno sofferto prima di un forte calo delle entrate a causa dei vantaggi fiscali concessi dai governi ai contribuenti più ricchi e alle imprese nell'ultimo decennio del secolo scorso e nel primo decennio del nuovo; poi, dopo il 2007 e dal lato delle uscite, sono stati prosciugati a causa delle somme spese o impegnate anzitutto per salvare le banche (oltre 4 trilioni di euro a livello Ue nel periodo 2008-11, di cui almeno 2 realmente utilizzati), nonché a causa dell'accresciuto volume dei sussidi di disoccupazione e similari, dovuto principalmente agli effetti della crisi.
  3. Le banche hanno convinto i governi e i politici che li sostengono che se anche solo alcune di esse avessero dovuto fallire, e neppure delle maggiori, ne sarebbe seguito un disastro per l'intera economia e società europee.
  4. In vista del suddetto pericolo, accresciuto dal fatto che dopo le spese e gli stanziamenti a loro garanzia nei bilanci statali non esistono più risorse sufficienti per salvare una seconda volta le banche, la Commissione europea, la Bce e il Fondo monetario internazionale hanno dato manforte ai governi nel diffondere una rappresentazione della crisi dei bilanci pubblici come se fosse dovuta all'eccessiva generosità dello stato sociale nei decenni precedenti.
  5. In presenza dei vuoti scavati nei bilanci, i governi hanno pertanto deciso di avviare una severa politica di austerità volta a ridurre soprattutto le spese, a cominciare dalla voce principale formata dai capitoli pensioni-sanità-istruzione, che sono i pilastri del cosiddetto modello sociale europeo.
  6. Le politiche di austerità si sono concretizzate sia in riforme nazionali, sul genere della riforma delle pensioni introdotta in Italia dal governo Monti nel giro di pochi giorni nell'autunno 2011, sia in severi diktat forgiati a Bruxelles. Tra questi spiccano vari documenti su cui si ritornerà (al cap. vii): il Memorandum di intesa imposto alla Grecia; il precitato «patto fiscale» (per la precisione «Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance») firmato dai capi di governo Ue nel marzo 2012 e approvato a larga maggioranza dal Parlamento italiano, senza minimamente discuterne la micidiale portata, il 20 luglio dello stesso anno; infine l'istituzione del Meccanismo europeo di stabilità.
  7. In appena tre anni, 2010-12, le politiche di austerità, congegnate e presentate come se fossero sicuri antidoti alla crisi, in realtà l'hanno aggravata e prolungata. La stagnazione dell'economia si è trasformata in una severa recessione. Il caso italiano è indicativo al riguardo, ma lo stesso si constata in altri Paesi europei e financo in Germania.
  8. Come conseguenza dell'aggravamento della crisi, il numero delle vittime di questa, in specie quello dei senza lavoro e delle legioni di precari, è ulteriormente cresciuto.
  9. Nessuno potrebbe seriamente credere nel 2013, a sei anni di distanza dal suo inizio, che una fine reale e definitiva della crisi sia prossima.
Se ci si chiede come una simile paradossale concatenazione di decisioni e di eventi sia stata possibile, vien fatto di pensare sulle prime a una colossale serie di errori commessa dai governi Ue. In effetti bisogna essere piuttosto ottusi in tema di politiche economiche per credere di poter rimediare alla crisi ponendo in essere, nel pieno corso di questa, robusti interventi dagli effetti recessivi affatto certi. Ciò nonostante, sebbene l'ottusità economica di parecchi governanti Ue sia fuor di dubbio, sarebbe far torto ai loro stuoli di consiglieri e funzionari supporre che non siano riusciti a far comprendere a ministri e presidenti del Consiglio e capi di Stato che l'austerità, nella situazione data, era una ricetta suicida dal punto di vista economico, se non anche da quello politico.
In realtà i governanti europei sapevano e sanno benissimo che le loro politiche di austerità stanno generando recessioni di lunga durata. Ma il compito che è stato affidato loro dalla classe dominante, di cui sono una frazione rappresentativa, non è certo quello di risanare l'economia. E piuttosto quello di proseguire con ogni mezzo la redistribuzione del reddito, della ricchezza e del potere politico dal basso verso l'alto in corso da oltre trent'anni. Essa è stata messa in pericolo dal fallimento delle politiche economiche fondate sull'espansione senza limiti del debito e della creazione di denaro privato a opera delle banche, diventato palese con l'esplosione della crisi finanziaria nel 2007. I cittadini della Ue, al pari di quelli Usa, hanno già sopportato pesanti oneri prima per il processo di espropriazione cui sono stati sottoposti, in seguito per le conseguenze dirette della crisi. I loro governi debbono aver pensato che difficilmente avrebbero sopportato senza opposizione alcuna altri costi sociali e personali, sotto forma di smantellamento dei sistemi di protezione sociale e di peggioramento delle condizioni di lavoro di cui hanno goduto per almeno due generazioni. Però questo è l'ultimo territorio da conquistare per poter proseguire nel drenaggio delle risorse dal basso in alto. Esso è formato dalle migliaia di miliardi spesi ogni anno per i suddetti sistemi – gran parte dei quali, a cominciare dalle pensioni, rappresenta salario differito, non elargizioni da parte dello Stato.
I governi Ue hanno quindi posto in opera, al fine di ottenere che la classe da essi rappresentata possa proseguire senza troppi ostacoli la distribuzione dal basso in alto, due strategie che si sono rivelate negli anni post-2010 assai efficaci. La prima è consistita, come ricordato sopra, nel camuffare la crisi come se questa volta non avesse origini nel sistema bancario, bensì fosse dovuta al debito eccessivo degli Stati, provocato a loro dire dall'eccessiva spesa sociale. In secondo luogo, nella previsione che tale schema interpretativo non fosse sufficiente per tenere mogi i cittadini, hanno imboccato la strada dell'autoritarismo emergenziale. Cosi come in caso di guerra non si tengono elezioni per stabilire chi e come debba razionare i viveri, di fronte all'emergenza denominata «debito eccessivo dei bilanci pubblici» le misure da intraprendere per sopravvivere sono concepite da ristretti organi centrali: a partire dal Consiglio europeo, formato dai capi di Stato o di governo degli Stati membri. Ai suoi lavori collaborano la Commissione europea (il cui presidente fa parte del Consiglio) e la Bce. Inoltre godono dell'apporto esterno del Fondo monetario internazionale (Fmi). Le misure da prendere sono poi messe a punto dalla Troika costituita da Commissione, Bce e Fmi e inviate ai rispettivi Parlamenti per l'approvazione. Cosi è avvenuto per molti documenti: il memorandum inviato alla Grecia; il pacchetto di misure – mirate espressamente a smantellare lo stato sociale – chiamato Euro Plus; il cosiddetto «patto fiscale» ovvero Trattato sulla stabilità ecc.; la creazione del Meccanismo europeo di stabilità. Essendo l'approvazione «chiesta dall'Europa», i Parlamenti obbediscono, come è costretto a fare un organo politico in situazione di emergenza. Sono i governi a comandare.
Mediante codesto processo che è guidato a livello Ue da poche dozzine di persone, la democrazia nell'Unione appare in corso di rapido svuotamento. Persino il Trattato della Ue, nel quale il concreto esercizio della democrazia riceve assai meno attenzione del libero mercato e della concorrenza, appare aggirato sotto il profilo legale e costituzionale dai dispositivi autoritari messi in atto di recente dai governi e dalla Troika. Alle centinaia di milioni di cittadini della Ue, ciò che quel ristretto gruppo decide è presentato come alternativlos, cioè privo di qualsiasi alternativa: pena, minacciano i governi, il crollo dell'euro, dei bilanci sovrani, dell'intera economia europea. Posti dinanzi a simili minacce, che i media ripropongono ogni giorno a tamburo battente, i cittadini degli Stati cardine della Ue hanno finora subito si può dire a capo chino gli interventi dell'autoritarismo emergenziale dei loro governi e della Troika di Bruxelles, sebbene esso stia assumendo sempre più il profilo di un colpo di Stato a rate (ne tratta ampiamente il cap. vii).
Quando si espongono le considerazioni di cui sopra si arriva sempre alla domanda sul che fare. E inutile nascondersi che per coloro i quali pensano che potrebbe esistere un altro mondo al di là del totalitarismo neoliberale, la situazione è pressoché disperata. Il fatto è che codesta ideologia ha stravinto, a cominciare dall'ambito della cultura, delle idee, dell'informazione. Istruttivo a questo proposito è il caso del Powell Memorandum. Lewis F. Powell, un avvocato poi giudice della Corte suprema americana, nel 1971 inviò un memorandum confidenziale al presidente del Comitato Educazione della Camera di commercio Usa per contrastare quello che definiva l'attacco al sistema della libera impresa. Oggi sarebbe deliziato nel vedere come le sue proposte siano state applicate con successo, oltre che negli Usa, in tutta la Ue.
Il Powell Memorandum, reso pubblico soltanto vari anni dopo, proponeva anzitutto di intervenire sulle università, in specie sulle facoltà di scienze sociali, dato che scienziati, politici, economisti, sociologi e molti storici erano orientati nell'insieme in senso liberal, «anche là dove non siano presenti dei sinistrorsi». Da esse si doveva pretendere un tempo uguale per i conferenzieri; i libri di testo dovevano essere assoggettati a revisione e critica da parte di eminenti studiosi che «credono nel sistema»; lo squilibrio esistente fra dimensioni e peso delle facoltà doveva essere corretto. Indicazioni analoghe forniva il memorandum per quanto riguarda la televisione, la radio, la stampa, le riviste scientifiche, la pubblicità. Il testo proponeva persino di intervenire sulle edicole, perché queste esponevano ogni sorta di libri e riviste «inneggianti a tutto, dalla rivoluzione al libero amore, mentre non si trova quasi nessun libro o rivista attraente e ben scritto che stia "dalla nostra parte"» (9).
Nel volgere di alcuni decenni le dettagliate proposte del Powell Memorandum sono state messe in pratica negli Usa e in Europa, facendo registrare uno straordinario successo. I pensatoi o think tanks neoliberali sono passati da poche decine ad alcune centinaia. Le modeste somme in dollari o euro investite in campagne di lobbying per ottenere dai Parlamenti leggi favorevoli al mercato, alla libera impresa, alla privatizzazione di tutti i beni comuni sono diventati miliardi l'anno. Nella stessa misura sono aumentati i contributi versati ai candidati idonei al momento delle elezioni. Nelle università americane ed europee si sono salvate le facoltà di economia, previa una colonizzazione pressoché totale da parte dei «ragazzi di Chicago», gli ultraliberali discendenti di Milton Friedman. Invece tutte le facoltà di scienze sociali, e più in generale di scienze umane, sono state ridotte ai margini. Lo mostrano le classifiche concepite per selezionare quelle che dovrebbero essere le migliori università del mondo. L'eccellenza nei suddetti campi, quale possono vantare, per dire, la Sorbona o la Normale di Pisa, garantiscono in tali classifiche una posizione collocantesi fra il centesimo e il trecentesimo posto (10).
Quanto alla Tv e a ciò che espongono le edicole, il predominio dell'informazione neoliberale non potrebbe essere più evidente. La fabbrica dell'egemonia, gramscianamente parlando, del consenso che non ha bisogno (quasi mai) di ricorrere alla violenza, gira a pieno regime. Senza di essa il colpo effettuato da banche e Stati europei contro lo stato sociale e il lavoro non sarebbe stato possibile. Anche se in una prospettiva propriamente politica a un certo punto si dovrà pur arrivare a riforme profonde del sistema finanziario, del Trattato Ue, delle politiche economiche, appoggiate da adeguate forze elettorali, è forse dallo smontaggio di tale fabbrica che bisognerebbe cominciare.

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(1) Su codesta illogica (Unlogik) cfr. H.R. Haeseler e F. Hörmnan, Banken (überwachung) am Pranger. Inkompetenz, Betrug oder Systemische Krise?, in «Jahrbuch für Controlling und Rechnungswesen», 2010, n. 29, pp. 6 sgg.
(2) Cfr. L. Gallino, Complesso militare-industriale, in Dizionario di Sociologia, Utet Libreria, Torino 20043.
(3) Su teoria e pratica di fenomeni del genere rinvio a Id., L'impresa irresponsabile, Einaudi, Torino 2005.
(4) Per definizioni e approfondimenti vedi L. Gallino, Con i soldi degli altri. Il capitalismo per procura contro l’economia, Einaudi, Torino 2009.
(5) Economic Policy Institute, «Issue Brief», 24 luglio 2012, n. 339, p. 3.
(6) Eurostat, In 2011, 24 per cent of the population were at risk of poverty or social exclusion, in «newsrelease», n. 171, 3 dicembre 2012, passim.
(7) E considerato soglia della povertà relativa un reddito personale netto pari o inferiore al 60 per cento del reddito mediano pro capite.
(8) L. F. Powell, Confidential Memorandum. Attack on American Free Enterprise System, inviato il 23 agosto 1971 a E. B. Sydnor jr, Chairman of Education Committee, US Chamber of Commerce, p. 8. Cito dalla riproduzione autentica del testo dattilografato ricostruito da Thwink.org (www.thwink.org/sustain/articles/017_PowellMemo/index.htm). Il numero delle pagine è stato ridotto da 37 a 20, pur mantenendo intatti testo e note dell'originale.
(9) Ibid., p. 14.
(10) Si veda la classifica, molto apprezzata dagli esperti, diffusa nell'estate 2012 dall'Università di Shanghai.
 

lunedì, dicembre 16, 2013

Shea Robert, Robert Anton Wilson - Trilogia Degli Illuminati Vol.02. La Mela d'Oro



Robert Shea, Robert Anton Wilson - Trilogia Degli Illuminati. L'Occhio Nella Piramide


LIBRO PRIMO - VERWIRRUNG
 La storia del mondo è la storia della guerra tra società segrete.
Ishmael Reed,
 Mumbo Jumbo
 IL PRIMO VIAGGIO, O KETHER

Dal Dealey Plaza al Watergate...
Il Saggio Porpora aprì la bocca e mosse la lingua e così parlò loro e disse: la terra trema e i cieli si scuotono; e bestie della natura si radunano e le nazioni degli uomini si sparpagliano; i vulcani scaturiscono calore mentre altrove, l’acqua diviene ghiaccio e si scioglie; e in altri giorni piove soltanto. In verità, molte cose accadono.
Lord Omar Khayaam Ravenhurst, K.S.C,
Il libro delle prediche, in L’onesto libro della verità

Era l’anno in cui finalmente immanentizzarono l’eschaton. Il primo aprile le grandi potenze del mondo giunsero più vicine che mai alla guerra nucleare.
Tutto a causa di un’oscura isola chiamata Fernando Poo. Quando gli affari internazionali ritornarono al loro normale livello di guerra fredda, alcuni lo definirono il “pesce d’aprile” di peggior gusto della storia. Casualmente conosco tutti i dettagli di ciò che accadde, ma non ho idea di come raccontarli in una maniera che possa essere compresa dalla maggior parte dei lettori. Per esempio, non sono nemmeno sicuro di chi io sia e il mio imbarazzo su questa faccenda, mi fa chiedere se potete credere a qualcosa di quello che rivelo. Peggio ancora, in questo momento sono estremamente cosciente della presenza di uno scoiattolo in Central Park appena passata la Sessantottesima strada a New York City, che sta saltando da un albero all’altro e credo questo accada nella notte del 23 aprile (o è la mattina del 24?) ma far coincidere lo scoiattolo con Fernando Poo è, al momento attuale, oltre le mie capacità. Imploro la vostra tolleranza. Non c’è nulla che possa fare per rendere le cose più facili a nessuno di noi, e dovrete accettare di essere apostrofati da una voce senza corpo, così come io accetto l’impulso di esprimermi sebbene sia dolorosamente cosciente di parlare a un pubblico invisibile, forse inesistente. I Saggi hanno considerato la terra come una tragedia, una farsa, addirittura un trucco da illusionista; ma tutti, se sono veramente saggi, e non soltanto violentatori intellettuali, ammettono che è certamente una specie di palco sul quale tutti recitiamo dei ruoli, la maggior parte di noi quasi senza regista e completamente senza prove prima dell’alzata del sipario. È troppo se chiedo, per il momento, che decidiamo di considerarla come un circo, un luna park itinerante che vaghi attorno al sole per una stagione record di quattro miliardi di anni e produca nuovi mostri e miracoli, burle ed errori sanguinosi, meraviglie e disastri, però mai divertendo i clienti tanto da prevenirli dall’andarsene, uno per uno, e tornare alle proprie case per un lungo e noioso sonno invernale sotto la polvere? Allora diciamo, almeno per un po’, che ho trovato un’identità come direttore di pista; ma quella corona mi sta incerta sulla testa (se ho una testa) e devo avvertirvi che la troupe è piccola per un universo di questa misura, e molti di noi devono raddoppiare o triplicare i propri numeri. Quindi potete aspettarvi di vedermi in molti altri costumi. In verità, molte cose accadono.
Per esempio, proprio adesso, non sono per nulla divertente o stravagante. Sono arrabbiato. Sono a Nairobi, Kenia, e il mio nome è, se permettete, Nkrumah Fubar. La mia pelle è nera (vi disturba? a me no) e sono, come la maggior parte di voi, a metà tra il tribalismo e la tecnologia; per dirla com’è, quale sciamano kikuyu1 moderatamente adattato alla vita cittadina, credo ancora alla stregoneria e non sono ancora folle al punto tale di negare l’evidenza dei miei sensi. È il 3 aprile e Fernando Poo mi ha rovinato il sonno per diverse notti di fila, quindi spero mi scuserete se ammetto che al momento i miei affari sono lungi dall’essere edificanti e consistono niente meno che costruire bambole dei governanti di America, Russia e Cina. Avete indovinato: gli infilerò aghi nelle teste
ogni giorno per un mese; se non mi lasceranno dormire, non li lascerò dormire. Questa è Giustizia, in un certo senso.
Difatti, il presidente degli Stati Uniti ebbe diverse forti emicranie durante le settimane seguenti; mentre i governanti atei di Mosca e Pechino furono meno suscettibili alla magia. Non batterono ciglio. Ma, un attimo, ecco un altro attore del nostro circo, uno dei più intelligenti e tra i migliori del gruppo, il suo nome è impronunciabile, ma lo potete chiamare Howard e gli succede d’essere nato delfino. Sta nuotando per le rovine di Atlantide ed è già il 10 aprile: il tempo si sta muovendo; non sono sicuro di cosa Howard veda, ma gli sta dando fastidio, e decide di raccontare tutto ad Hagbard Celine. Non che io sappia, a questo punto, chi sia Hagbard Celine.
Non importa; guardate le onde e rallegratevi del fatto che qui non c’è ancora troppo inquinamento. Guardate il modo in cui il sole accende ogni onda con uno scintillio che, curiosamente, brilla in un lampo argenteo; e guardate, guardate le onde mentre s’increspano, cosicché sia semplice attraversare cinque ore di tempo in un secondo e ritrovarci tra terra e alberi, con qualche foglia che cade, come tocco poetico prima dell’orrore. Dove siamo? Ve l’ho detto: a cinque ore di distanza, cinque ore a Ovest, per essere precisi, cosicché nello stesso istante in cui Howard fa una capriola ad Atlantide, Sasparilla Godzilla, una turista di Simcoe, nell’Ontario (aveva avuto la sfortuna di nascere umana), fa un bel tuffo di testa proprio qui e atterra svenendo. Questa è l’estensione esterna del Museo d’Antropologia a Chapultepec Park, in Messico, e gli altri turisti sono piuttosto scossi dal collasso della povera signora. Disse più tardi che era stato il caldo. Molto meno sofisticata nelle questioni importanti di Nkrumah Fubar, non le interessò di dire a nessuno, o anche solo di ricordarsi, cos’era che l’aveva davvero buttata per terra. Nel mentre, a Simcoe la gente aveva sempre detto che Harry Godzilla si era trovato una donna come si deve sposando Sasparilla e, in Canada (o negli Stati Uniti), è raccomandabile nascondere certe verità.
No, a questo punto, farei meglio a non chiamarle verità. Diciamo, per adesso, che vide, o immaginò d’aver visto, un certo tipo sinistro di tirato sogghigno o di smorfia attraversare il volt della gigantesca statua di Tlaloc, il dio della pioggia. Nessuno di Simcoe aveva mai visto nulla del genere prima; davvero molte cose avvengono.
E, se pensate che la povera signora fosse un caso inconsueto, dovreste esaminare i registri degli psichiatri, sia d’ospedale sia privati, per il resto di quel mese. I rapporti di ansie inconsuete e di manie religiose tra gli schizofrenici negli ospedali mentali aumentarono con un’impennata; e uomini e donne normali, entrarono dalla strada per lamentarsi di occhi che li guardavano, creature incappucciate che attraversavano stanze chiuse a chiave, figure incoronate dare comandi incomprensibili, voci che pretendevano essere Dio o il diavolo, una vera pozione da streghe. Ma il verdetto razionale fu di attribuire tutto questo alle conseguenze della tragedia di Fernando Poo.
Il telefono suonò alle 2 e 30 del mattino del 24 aprile. Intorpidito, istupidito, arruffato, a tentoni nel buio, trovo e identifico un corpo, un io, uno scopo. “Goodman”, dico nel ricevitore, appoggiandomi su di un gomito ancora di là da svegliarmi.
“Attentato dinamitardo e omicidio”, dice la voce elettronico-eunucoide nel trasmettitore. Dormo nudo (scusate) e sto indossando mutande e pantaloni mentre copio l’indirizzo. Sessantottesima Est, vicino al Consiglio per le relazioni estere. “Arrivo”, dico appendendo.
“Chi è?” mastica Rebecca dal letto. È nuda anche lei, e questo richiama ricordi molto piacevoli di qualche ora prima. Immagino che qualcuno di voi rimarrà scioccato quando dico che ho più di sessant’anni e lei solo venticinque. Lo so che non importa essere sposati. Non è un brutto corpo per la sua età e vedere Rebecca, quasi tutte le lenzuola buttate da una parte, mi rammenta, anzi, di quanto buono sia. In realtà, a questo punto, non ricordo nemmeno d’essere stato il direttore di pista, o l’eco che mi resta, è confuso con il sogno e il sonno. Le bacio il collo, senza imbarazzo, visto che è mia moglie e io suo marito e anche se sono ispettore alla Squadra omicidi, Omicidi nord, per essere esatti, qualsiasi idea d’essere uno straniero in questo corpo è svanita con i miei sogni nell’aria. Nel nulla.
“Cosa?” ripete Rebecca, più addormentata che sveglia. “Di nuovo quei dannati radicali” dico,
infilandomi la camicia, sapendo che una risposta vale l’altra nel suo stato semicosciente.
“Uhm” dice soddisfatta, e si gira di nuovo dentro un sonno profondo.
Mi lavai un po’ la faccia, un vecchio stanco che mi guarda dallo specchio, e passai un pettine tra i capelli. Giusto il tempo di pensare che la pensione era solo a pochi anni di distanza e di ricordare un certo ago ipodermico, e un giorno sui Catskills2 con la mia prima moglie, Sandra, quando almeno avevano aria pulita, lassù... calzini, scarpe, cravatta, fedora... e non finisci mai il lutto, per quanto amassi Rebecca, non avevo mai smesso di piangere Sandra. Bombe e omicidio. Che mondo meshuganah. Ti ricordi di quando, a New York, potevi almeno guidare alle tre del mattino senza ingorghi?
Quei tempi erano finiti, i camion che erano stati banditi di giorno, facevano tutte le consegne di notte. Tutti dovevano far finta che l’inquinamento se ne fosse andato prima dell’alba. Papà diceva sempre: “Saul, Saul, l’han fatto agli indiani e ora se lo fanno per sé. Goyische narrs”. Aveva lasciato la Russia per sfuggire al pogrom del 1905, ma credo ne avesse viste un sacco prima di partire. Mi sembrava un vecchio cinico, allora, e io sembro un vecchio cinico ad altri adesso. C’è un senso o una trama in tutto ciò?
La scena dell’esplosione era uno di quei vecchi palazzi d’uffici dallo stile gotico-arabescato tutt’intorno all’ingresso; nella luce soffusa dell’ora, mi ricordava dell’atmosfera oscura di Charlie Chan nel Museo delle cere. E un odore mi colpì le narici appena entrai.
Un agente in attesa dentro il portone, scattò sull’attenti quando mi riconobbe. “Portato via il diciassettesimo e parte del diciottesimo piano”, disse. “Anche un negozio d’animali qui a pianterreno.
Uno scherzo della dinamica. Nessun altro danno, qui giù, ma tutte le vasche dei pesci sono partite. È quello l’odore.” Barney Muldoon, un vecchio amico dall’aspetto e dalle maniere di uno sbirro di Hollywood, apparve dall’ombra. Un duro, e per nulla scemo come avrebbe voluto pretendere, ragion per cui era capo della Squadra artificieri.
“Figlio tuo, Barney?”, chiesi casualmente.
“Parrebbe. Nessun morto. T’han chiamato perché è bruciato un manichino d’un negozio d’abiti al diciottesimo piano e la prima pattuglia che è arrivata aveva creduto fosse un corpo umano.” (Aspetta: George Dorn sta gridando...)
Il volto di Saul non mostrò reazione alla risposta, ma i giocatori di poker al dopolavoro della Fratellanza della polizia avevano da tempo smesso di cercare di leggere quell’imperscrutabile espressione talmudica. Come Barney Muldoon, sapevo come mi sarei sentito se avessi avuto la chance di mollare questo caso a un altro dipartimento e correre a casa da una sposa meravigliosa quale Rebecca Goodman. Sorrisi a Saul; la sua altezza gli avrebbe proibito l’ingresso in forza oggi, ma le regole erano differenti quand’era giovane, e aggiunsi quietamente: “Potrebbe lo stesso esserci qualcosa per te”.
La fedora s’abbassò mentre Saul tirava fuori la pipa e iniziava a riempirla. Disse solo: “Oh?”.
“Proprio adesso,” continuai, “stiamo notificando alle Persone scomparse, ma se quello che temo è vero, finirà sulla tua scrivania lo stesso.” Accese un fiammifero e iniziò a tirare. “Se qualcuno è scomparso a quest’ora... potrebbe essere ritrovato tra i vivi al mattino”, disse tra gli sbuffi. Il fiammifero si spense e delle ombre si mossero dove nessuno s’agitava.
“E forse no, in questo caso”, disse Muldoon. “Manca da tre giorni, adesso”.
“Un irlandese della tua taglia non può essere più sottile di un elefante”, disse Saul stancamente. “Finiscila d’allettarmi. Cos’hai per le mani?”
“L’ufficio che è stato colpito,” spiegò Muldoon, palesemente felice di dividere l’infelicità, “era di una rivista chiamata ‘Confrontation’, un giornale di sinistra, quindi è stato probabilmente un lavoro della destra. Ma la cosa interessante è che non abbiamo potuto rintracciare a casa l’editore, Joseph Malik, e quando abbiamo chiamato uno degli assistenti editori, cosa pensi ci abbia detto? ‘Malik è scomparso tre giorni fa’. Il padrone di casa sua conferma. Ha cercato di mettersi in contatto con Malik anche lui, perché c’è un regolamento che vieta di tenere animali nel palazzo e gli
altri inquilini si stavano lamentando dei suoi cani. Quindi, se un uomo scompare e poi il suo ufficio viene distrutto da una bomba, mi vien da pensare che la questione potrebbe eventualmente arrivare all’attenzione del Dipartimento omicidi, non ti pare?” Saul grugnì. “Forse sì, e forse no”, disse. “Vado a casa. Controllerò con le Persone scomparse domattina per vedere cos’hanno.” L’agente parlò. “Sapete cos’è che mi da più fastidio di tutto questo? Gli alleva-in-bocca egiziani.”
“I... che?”, domandò Saul.
“Quel negozio d’animali”, spiegò l’agente, indicando verso l’altra estremità dell’ingresso. “Ho dato un’occhiata ai danni, e avevano una delle migliori collezioni di pesci tropicali di New York City.
Anche alleva-in-bocca egiziani.” Notò le espressioni sulle facce dei due detective e aggiunse impacciato: “Se non collezionate pesci, non potete capire. Ma credetemi, un alleva-in-bocca egiziano è piuttosto difficile da trovare di questi tempi, e sono tutti morti là dentro.”
“Alleva-in-bocca?”, chiese incredulo Muldoon.
“Sì, vedete, tengono i loro piccoli in bocca per un paio di giorni dopo la nascita e non se li ingoiano mai, mai. È una delle grandi cose del collezionare pesci: si apprezzano i miracoli della natura.” Muldoon e Saul si guardarono l’un l’altro. “Un’ispirazione,” disse finalmente Muldoon, “avere così tanti diplomati nel corpo, di questi tempi”.
La porta dell’ascensore s’aprì, e apparve Dan Pricefixer, un giovane detective dai capelli rossi dello staff di Muldoon, che portava una scatola di metallo.
“Penso sia importante, Barney”, cominciò immediatamente, facendo appena un cenno a Saul. “Dannatamente importante. L’ho trovata nelle macerie, e si era strappata, così ci ho dato un occhiata.”
“E?”, spinse Muldoon.
“È il mucchio di memo inter-ufficio più sballato che abbia mai visto. Peggio di un vescovo con le tette.”
“Sarà una nottata lunga”, pensò improvvisamente Saul, con un senso di sconforto. Una lunga notte, e un caso complicato.
“Vuoi darci un’occhiata?”, gli chiese Muldoon, maliziosamente.
“Farete meglio a trovarvi un posto per sedervi”, disse spontaneo Pricefixer. “Vi ci vorrà un po’ per passarli tutti. “
“Usiamo la caffetteria”, suggerì Saul.
“Proprio non avete idea,” ripeté l’agente, “del valore di un alleva-in-bocca egiziano”.
“È dura per tutte le nazionalità, uomini o pesci”, disse Muldoon, in uno dei suoi rari tentativi di emulare il modo di parlare di Saul. Lui e Saul si girarono verso la caffetteria, lasciando l’agente con un aspetto vagamente stressato.
Il suo nome è James Patrick Hennessy ed è in forza da tre anni.
Non rientra per niente in questa storia. Aveva un figlio ritardato di cinque anni, che amava a dismisura; si vedono mille facce come la sua ogni giorno, e mai s’indovina quanto bene sopportino le loro tragedie... e George Dorn, che una volta gli voleva sparare, sta ancora urlando... ma Barney e Saul sono nella caffetteria. Guarda intorno. La transizione dall’ingresso gotico a questa stanza di laminati funzionali e scintillanti colori plastici è, uno potrebbe dire, un vero trip. Lasciamo perdere l’odore; siamo più vicini al negozio d’animali, qui.
Saul si tolse il cappello, e passò pensosamente una mano attraverso i suoi capelli grigi, mentre Muldoon leggeva i primi due memo con un rapido sguardo. Quando li ebbe passati, si mise gli occhiali e lesse più lentamente, alla sua maniera, metodica e riflessiva. Reggetevi forte.
Questo è quello che c’era scritto:
PROGETTO ILLUMINATI: MEMO N. 1
23/7
J.M.:
Il primo riferimento che ho trovato è su Violence di Jacques Ellul (Seabury Press, New York 1969). Dice (pp. 18-19) che gli Illuminati vennero fondati da Gioacchino da Fiore3 nell’Undicesimo secolo e originariamente insegnarono una dottrina primitiva cristiana di povertà e uguaglianza, ma in seguito, sotto la guida di Fra Dolcino4 nel Quindicesimo secolo, divennero violenti, saccheggiarono i ricchi e annunciarono l’imminente regno dello spirito. “Nel 1507,” conclude, “vennero sconfitti dalle ‘forze dell’ordine’, cioè un esercito comandato dal vescovo di Vercueil.” Non fa alcuna menzione di un movimento di Illuminati in secoli precedenti o in tempi più recenti. Avrò dell’altro più tardi oggi.
Pat
PS. Ho trovato dell’altro su Gioacchino da Fiore nei dossier del “National Review”. William Burkley e i suoi compari pensano che Gioacchino sia responsabile del moderno liberalismo, socialismo e comunismo; l’hanno condannato con fine linguaggio teologico. Ha commesso l’eresia, dicono, di “avere immanentizzato l’eschaton5 cristiano”. Vuoi che lo cerchi in un trattato tecnico sul tomismo?6 Credo significhi far avvicinare la fine del mondo, o qualcosa del genere.
PROGETTO ILLUMINATI: MEMO N. 2
23/7
J.M.:
La mia seconda fonte è stata più utile: Akron Daraul, History of Secret Societies (Citadel Press, New York 1961). Anche Daraul afferma che gli Illuminati nacquero nell’Undicesimo secolo, ma non da Gioacchino da Fiore. Attribuisce l’origine alla setta degli ismailiti dell’Islam7, anche conosciuta come Ordine degli assassini. Vennero sconfitti nel Tredicesimo secolo, ma sono riapparsi più tardi, con una nuova filosofia, meno violenta, e sono successivamente diventati la setta degli ismailiti d’oggi, guidata dall’Aga Khan. Ad ogni modo, nel Sedicesimo secolo, in Afghanistan, gli Illuminati (Roshinaya), ripresero le tattiche originali dell’Ordine degli assassini.
Vennero spazzati via da un’alleanza di mogol e persiani (pp. 220-223). Ma, “l’inizio del Diciassettesimo secolo vide la fondazione degli Illuminati di Spagna, gli allumbrados, condannati da un editto della grande Inquisizione nel 1623. Nel 1654, iguerinets ‘illuminati’ giunsero all’attenzione del pubblico in Francia”. E finalmente, la parte che ti interessa di più: gli Illuminati di Baviera furono fondati il primo maggio 1776, a Ingolstadt, in Baviera, da Adam Weishaupt, un ex gesuita. “Documenti ancora esistenti mostrano diversi punti di somiglianza tra gli Illuministi tedeschi e quelli centroasiatici: punti che sono difficili da giustificare sulla base di pure coincidenze.” (p. 255). Gli Illuminati di Weishaupt furono soppressi dal governo bavarese nel 1785; Daraul menziona anche gli Illuminati di Parigi nel 1880, ma suggerisce che fu semplicemente una moda passeggera e non accetta l’idea che gli Illuminati esistano tutt’oggi. Sta incominciando a sembrare grossa. Perché non riveliamo i particolari a George?
Pat
Saul e Muldoon si scambiarono gli sguardi. “Vediamo il prossimo”, disse Saul. Muldoon e lui lessero assieme.
PROGETTO ILLUMINATI: MEMO N. 3
24/7
J.M.:
L’Encyclopedia Britannica non ha molto da dire sull’argomento (ediz. 1966, Vol. II, Halicar to Impala, p. 1094):
Illuminati, un movimento di breve durata, di libero pensiero repubblicano, fondato il primo maggio 1776 da Adam Weishaupt, professore di legge canonica a Ingolstadt ed ex gesuita... Dal 1778 in poi, iniziarono a tenere contatti con varie logge massoniche dove, sotto l’impulso di A. Knigge8 (vedi), uno dei loro principali discepoli, riuscirono spesso a ottenere posizioni di comando... il progetto ebbe un certo fascino per letterati quali Goethe9 ed Herder10 anche per i duchi regnanti di Gotha e Weimar... Il movimento soffrì di dissensi interni e venne finalmente bandito con un editto del governo bavarese nel 1785.
Pat
Saul si fermò. “Scommettiamo, Barney,” disse quietamente, “che il Joseph Malik che è scomparso è il J.M. per cui questi memo sono stati scritti.”
“Certo” replicò Muldoon sfottente. “Gli Illuminati sono ancora in giro e l’hanno preso. Giuro,” aggiunse, “apprezzo la maniera in cui la tua testa normalmente salta con l’asta davanti ai fatti. Ma puoi andare avanti solo fino a un certo punto su di un’intuizione, quando parti dal niente”.
“Non stiamo partendo da niente”, disse piano Saul. “Ecco cos’abbiamo per cominciare. Uno,” alzò un dito, “una bomba in un palazzo. Due,” un altro dito, “un dirigente importante scomparso tre giorni prima dell’attentato. Già lì c’è una deduzione o due: qualcuno l’ha preso, oppure sapeva che qualcosa stava arrivandogli contro e si è nascosto. Ora, guarda i memo. Punto tre,” tirò su un altro dito, “un’opera standard di riferimento, Y Encyclopedia Britannica, sembra sbagliarsi sul quando gli Illuminati nascano. Dicono il Diciottesimo secolo in Germania, ma gli altri memo la rintracciano, vediamo, in Spagna nel Diciassettesimo secolo, in Francia nel Diciassettesimo secolo, poi nell’Undicesimo in Italia e dall’altra parte del mondo in Afghanistan. Così abbiamo un’altra deduzione: se la Britannica si sbaglia sul quando questa cosa è iniziata, potrebbe sbagliarsi anche sul quando sia terminata. Adesso, metti questi tre punti e due deduzioni insieme... “
“E gli Illuminati hanno preso l’editore e fatto saltare il suo ufficio. Cazzate. Dico che stai andando troppo alla svelta.”
“Forse non vado abbastanza alla svelta”, disse Saul. “Un’organizzazione che è esistita per un paio di secoli come minimo e ha mantenuto i propri segreti ben nascosti per la maggior parte del tempo, potrebbe essere piuttosto forte adesso.” Scivolò nel silenzio e chiuse gli occhi per concentrarsi. Dopo un momento, osservò l’uomo più giovane con un’occhiata attenta.
Muldoon aveva pensato anche lui. “Ho visto uomini atterrare sulla luna”, disse. “Ho visto studenti occupare gli uffici dell’amministrazione e cacare nel cestino del preside. Ho visto anche suore in minigonna. Ma questa cospirazione internazionale che esiste in segreto per ottocento anni è come aprire una porta in casa tua e trovarci James Bond e il presidente degli Stati Uniti in persona che fanno a revolverate con Fu Manchu e i cinque fratelli Marx”.
“Stai cercando di convincere te stesso, non me, Barney; l’evidenza spunta fuori così tanto che la potresti rompere in tre pezzi e ognuno sarebbe lungo abbastanza da fare il solletico a qualcuno nel Bronx. C’è una società segreta che continua a incasinare la politica internazionale. Ogni persona intelligente l’ha sospettato, in un momento o nell’altro della vita. Nessuno vuole più guerre, ma continuano a esserci: perché? Arrenditi, Barney, questo è l’elemento pesante dei nostri incubi. È fatto di ghisa. Se fosse un cadavere, tutti e sei i portatori della bara si beccherebbero un’ernia doppia al funerale. Allora?” chiese Saul.
“Be’, dovremo o farci qualcosa, o mollare il colpo, come diceva la mia santa mamma. “
Era l’anno in cui finalmente immanentizzarono l’eschaton. Il primo aprile, le grandi potenze mondiali giunsero più vicine che mai prima alla guerra nucleare, e tutto a causa di un’oscura isola chiamata Fernando Poo. Ma mentre tutti gli altri occhi erano puntati verso il palazzo dell’Orni in apprensione e disperata speranza, viveva a Las Vegas una persona unica, conosciuta come Carmel. La sua abitazione era in Date Street e aveva una magnifica vista sul deserto, che lui amava. Gli piaceva passare lunghe ore guardando la distesa di cactus selvaggi, sebbene non sapesse il perché. Se gli avessi detto che stava simbolicamente girando le spalle all’umanità, non t’avrebbe capito, né si sarebbe offeso; l’osservazione sarebbe stata semplicemente irrilevante per lui. Se avessi aggiunto che anche lui era una creatura del deserto, come l’echinoderma sospetto e il serpente a sonagli, si sarebbe annoiato e t’avrebbe catalogato come fesso. Per Carmel, la maggior parte del mondo era composta da fessi che facevano domande senza senso e si preoccupavano di argomenti inutili; solo pochi, come lui, avevano scoperto cos’era veramente importante, i soldi, e li inseguivano senza distrazioni, scrupoli o deviazioni. I suoi momenti preferiti erano quelli come questa notte del primo aprile, in cui si sedeva e faceva i conti dei suoi guadagni per quel mese e guardava fuori ogni tanto dalla sua finestra panoramica verso il piatto paesaggio sabbioso, debolmente illuminato dalle luci della città dietro di lui. In questo deserto fisico ed emozionale provava felicità, o quanto di più simile alla felicità potesse mai trovare. Le sue ragazze avevano guadagnato 46.000 dollari, in marzo, dei quali prese 23.000; dopo aver pagato il 10 per cento alla Fratellanza per il permesso di operare senza molestie dai soldati di Naso-a-Banana Maldonado, gli restò un profitto netto di 20.700 dollari, tutti esentasse. Il piccolo Carmel, alto 1 e 57 con la faccia di un furetto a lutto, sorrise raggiante completando i suoi calcoli; la sua emozione era inesprimibile, in termini normali, quanto quella di un necrofilo che fosse riuscito a entrare di nascosto all’obitorio. Aveva provato ogni possibile combinazione sessuale con le sue ragazze; nessuna gli dava il frisson di guardare una cifra del genere alla fine del mese.
Non sapeva che avrebbe guadagnato altri 5 milioni di dollari e che, incidentalmente, sarebbe divenuto l’essere umano più importante sul pianeta prima del primo maggio.
Se avessi provato a spiegarglielo, avrebbe scansato tutto il resto da una parte e chiesto soltanto: “Cinque milioni: quante gole devo tagliare per metterci le mani sopra? “
Ma aspettate. Tirate fuori l’atlante e cercate l’Africa. Fate scorrere gli occhi lungo la mappa della costa occidentale di quel continente finché non arrivate alla Guinea equatoriale. Fermatevi alla curva dove parte dell’Oceano atlantico piega all’interno e diventa il Golfo del Biafra. Noterete una catena di piccole isole; osserverete anche che una di queste è Fernando Poo. Là, nella capitale Santa Isobel, nei primi anni Settanta, il capitano Ernesto Tequilla y Mota leggeva e rileggeva attentamente Coup d’Etat: un manuale pratico di Edward Luttwak, e placidamente si organizzava a seguire la formula di Luttwak per un perfetto colpo di stato a Santa Isobel. Mise in piedi uno scadenzario, fece i suoi primi adepti tra gli alti ufficiali, formò una cricca e iniziò il lento processo dell’organizzare le cose in modo tale che gli ufficiali ritenuti leali alla Guinea equatoriale fossero in missione lontano dalla capitale almeno quarantott’ore prima del colpo. Stilò il primo proclama del nuovo governo; prendeva i migliori slogan dei più potenti gruppi di sinistra e di destra dell’isola e li incastrava fermamente in un contesto simile a una tapioca di blando liberal-conservatorismo. Si aggiustava perfettamente con la ricetta di Luttwak, dando a tutti sull’isola una qualche piccola speranza che i propri ideali e interessi sarebbero stati portati avanti dal nuovo regime. E dopo tre anni di piani, colpì: gli elementi chiave del vecchio regime vennero messi agli arresti domiciliari, rapidamente e senza spargimenti di sangue; le truppe sotto il comando degli ufficiali del gruppo occuparono le centrali elettriche e gli uffici dei giornali; l’inoffensiva proclamazione fascistaconservatrice-liberal-comunista arrivò al mondo dalla stazione radio di Santa Isobel. Ernesto Tequilla y Mota aveva raggiunto la sua ambizione: promozione da capitano a generalissimo in un sol salto.
Adesso, lilialmente, iniziò a domandarsi come governare una nazione. Avrebbe probabilmente dovuto leggersi un nuovo libro e sperava ce ne fosse sull’argomento uno altrettanto buono quanto il
trattato di Luttwak sulla presa di una nazione.
Questo il 14 marzo.
Il 15 marzo, anche il nome Fernando Poo era sconosciuto a ogni membro del parlamento, ogni senatore, ogni ufficiale del governo, e a tutti meno uno i membri dello stato maggiore. Infatti, la prima reazione del presidente, quando il rapporto della Cia atterrò sulla sua scrivania quel pomeriggio, fu di chiedere al suo segretario: “Dove diavolo è Fernando Poo?” Saul si tolse gli occhiali e li pulì con un fazzoletto, cosciente della propria età e improvvisamente più stanco che mai. “Sono superiore di grado, Barney”, iniziò.
Muldoon sorrise. “So cosa sta per succedere.”
Metodicamente, Saul andò avanti. “Chi pensi, nel tuo staff, sia un agente della CIA?”
“Robinson, sono sicuro e di Lehrman sospetto.”
“Se ne vanno tutti e due. Non corriamo rischi.”
“Li farò trasferire alla Buoncostume domattina. E del tuo staff?”
“Tre, penso, e se ne vanno anche loro. “
“La Buoncostume andrà matta per l’incremento del corpo.” Saul riaccese la pipa.
“Un’altra cosa. Potremmo sentire dall’Fbi “
“Infatti potremmo.”
“Non beccano niente.”
“Mi stai proprio spingendo su questa storia, Saul.”
“Certe volte devi seguire i presentimenti. Questo sarà un caso peso, d’accordo?”
“Un caso peso”, assentì Muldoon.
“Allora facciamo a modo mio.”
“Guardiamo il quarto memo”, disse Muldoon senza espressione. Lessero:
PROGETTO ILLUMINATI: MEMO N. 4
24/7
J.M.:
Ecco una lettera apparsa su “Playboy” qualche anno fa. (The Playboy Advisor, “Playboy”, aprile 1969, pp. 62-64):
Ho sentito recentemente un vecchio dalle idee di destra, un amico dei miei nonni, asserire che l’odierna ondata di assassini in America è opera di una società segreta chiamata gli Illuminati. Ha detto che gli Illuminati sono esistiti durante tutta la storia, sono proprietari dei cartelli bancari, sono tutti stati massoni di trentaduesimo grado e conosciuti da Ian Fleming, che li ha usati come Spectre nei suoi libri di James Bond, ragion per cui gli Illuminati si sono disfatti del signor Fleming.
All’inizio, tutto questo mi sembrava un delirio paranoico.
Poi ho letto nel “New Yorker” che Allan Chapman, uno degli investigatori di Jim Garrison11 nell’inchiesta di New Orleans sull’assassinio di John Kennedy, crede che gli Illuminati esistano realmente...
“Playboy” naturalmente, ridicolizza l’intera idea e dà la versione standard dell’Encyclopedia Britannica per cui gli Illuminati scomparirono nel 1785.
Pat
Pricefixer infilò la testa nella porta della caffetteria.
“Minuto?” chiese.
“Che c’è?” replicò Muldoon.
“Peter Jackson è qui fuori. È l’editore associato con cui ho parlato al telefono. Mi ha appena detto qualcosa circa il suo ultimo incontro con Joseph Malik, l’editore, prima che Malik scomparisse.”
“Portalo dentro”, disse Muldoon.
Peter Jackson era un nero, veramente nero, non marrone o moro. Indossava un panciotto, nonostante il tempo primaverile. Era anche ovviamente molto cauto con i poliziotti. Saul lo notò immediatamente e iniziò pensare a come aggirare l’ostacolo e, allo stesso tempo, osservò un aumentato rilassamento nei lineamenti di Muldoon, segno che anche lui l’aveva notato ed era pronto ad adombrarsi.
“Si sieda,” disse Saul cordialmente, “e ci racconti quel che ha appena detto all’altro agente”. Con quelli nervosi, la miglior politica era lasciar perdere il ruolo di poliziotto all’inizio, e cercare di recitare come qualcun altro, un qualcuno che, molto naturalmente, faccia un sacco di domande. Saul iniziò a scivolare nella personalità del medico di famiglia, che usava normalmente in simili situazioni.
Immaginò di avere uno stetoscopio intorno al collo.
“Be’,” iniziò Jackson con un accento di Harvard, “probabilmente non è importante. Potrebbe essere solo una coincidenza”.
“La maggior parte di quello che sentiamo sono coincidenze senz’importanza”, disse Saul gentilmente. “Ma è il nostro lavoro: ascoltare.”
“Tutti, tranne l’ala estremista, hanno lasciato perdere questa Storia, oggi”, disse Jackson. “Mi sorprese veramente quando Joe mi disse a cosa stava portando la rivista.” Si soffermò e studiò i due volli impassibili dei detective; trovandoci poco, continuò con riluttanza. “È stato venerdì scorso Joe mi disse che aveva una dritta che lo interessava e che ci stava mettendo dietro un giornalista dello staff. Voleva riaprire l’indagine sugli assassini di Martin Luther King e dei fratelli Kennedy.” Saul fece attenzione a non guardare Muldoon e altrettanto cautamente mosse il cappello per coprire i memo sul tavolo.
“Mi scusi un momento”, disse educatamente e lasciò la caffetteria.
Trovò una cabina telefonica nell’ingresso e chiamò a casa.
Rebecca rispose dopo il terzo squillo; ovviamente non si era riaddormentata dopo che se n’era andato.
“Saul?” domandò, indovinando chi potesse chiamare a quell’ora.
“Sarà una lunga nottata”, disse Saul.
“Oh, diavolo.”
“Lo so, bimba. Ma questo caso è un figlio di puttana!” Rebecca sospirò. “Fortuna ci siamo fatti una scopata prima. Altrimenti sarei furiosa.” Saul pensò, improvvisamente, a come questa conversazione sarebbe suonata a un estraneo. Un uomo di sessant’anni e una moglie di venticinque. “E se sapessero che era una puttana e una eroinomane quando la incontrai... “
“Sai che faccio?” Rebecca abbassò la voce.
“Mi leverò la camicia da notte e butterò le coperte in fondo al letto, e me ne starò qui nuda pensando a te e aspettando.” Saul sorrise. “Un uomo della mia età non dovrebbe essere capace di rispondere dopo aver fatto quello che ho fatto prima.”
“Ma hai risposto, non è vero?” La voce di lei era sicura e sensuale.
“Diavolo. Non potrò andarmene dalla cabina per un paio di minuti.” Ridacchiò piano e disse “T’aspetterò...”
“Ti amo” disse, sorpreso, come al solito, dalla semplice verità della frase in un uomo della sua età. “Non riuscirò a uscire dalla cabina per niente se continua così”, pensò.
“Ascolta,” aggiunse in fretta, “cambiamo argomento prima che inizi a fare giochetti viziosi da liceale. Che ne sai degli Illuminati?” Rebecca si era laureata in antropologia con una
specializzazione in psicologia, prima che la storia con la droga la catturasse e cadesse nell’abisso dal quale lui l’aveva salvata; la sua erudizione spesso lo stupiva.
“È uno scherzo”, disse.
“Un che?”
“Uno scherzo. Un gruppo di studenti di Berkeley12 l’hanno iniziato verso il ‘66 0 il ‘67.”
“No, non dicevo quelli. I veri Illuminati in Italia, Spagna e Germania dal Quindicesimo al Diciottesimo secolo? Capisci?”
“Oh, quella è la base dello scherzo. Alcuni storici di destra credono che gli Illuminati esistano ancora. Così questi studenti aprirono una sezione degli Illuminati nel campus di Berkeley e iniziarono a mandare comunicati stampa su ogni sorta di strani argomenti. La gente che vuole credere alle cospirazioni avrebbe avuto così qualche prova da mostrare. Non c’è altro dietro. Umorismo da matricole.”
“Speriamo”, pensò Saul. “E gli ismailiti dell’Islam?”
“Hanno ventitrè divisioni, ma l’Aga Khan è il leader di tutte. La setta è stata fondata verso, oh, il 1090, penso, e all’inizio fu perseguitata, ma oggi è parte della religione ortodossa musulmana. Ha delle dottrine piuttosto strane. Il fondatore, Hassan-i-Sabbah, insegnò che nulla è vero e tutto è permesso. Visse secondo quell’ideale, la parola ‘assassino’ è una corruzione del suo nome.”
“Nient’altro?”
“Sì, ora che ci penso. Sabbah introdusse la marijuana nel mondo occidentale, dall’India. La parola ‘hashish’ deriva anch’essa dal suo nome.”
“Questo è un caso difficile,” disse Saul, “e ora che posso uscire da questa cabina senza scioccare l’agente nel corridoio, tornerò a lavorarci sopra. Non dire nulla che mi faccia arrapare di nuovo, per favore...”
“No, me ne starò qui nuda e sdraiata e...”
“Ciao.”
“Ciao”, disse ridendo.
Saul appese aggrottandosi. L’intuizione di Goodman, la chiamavano gli altri detective. “Non è intuizione, è una maniera di pensare oltre e tra i fatti, un modo di sentire gli interi, di vedere che deve esserci una relazione tra il fatto numero uno e il fatto numero due anche se una tale relazione non è ancora visibile. E io lo so. Gli Illuminati ci sono, che questi ragazzi di Berkeley scherzino o no.”
Uscì dalla sua concentrazione e realizzò dov’era. Per la prima volta, notò un adesivo sulla porta:
QUESTA CABINA TELEFONICA È RISERVATA A CLARK KENT13
Sorrise: una battuta da intellettuale. Probabilmente qualcuno della rivista.
Tornò alla caffetteria, riflettendo. “Niente è vero. Tutto è permesso.” Con una dottrina come quella, la gente era capace di... Rabbrividì. Immagini di Büchenwald e di Belsen, di ebrei che avrebbero potuto essere lui...
Peter Jackson lo guardò mentre rientrava nella caffetteria. Una (accia nera, curiosa, intelligente. Muldoon era impassibile come le facce sul Monte Rushmore.14 “Mad Dog, nel Texas, era la città dove Malik pensava questi... assassini... avessero il loro quartier generale”, disse Muldoon. “Lì hanno mandato il giornalista.”
“Come si chiama il giornalista?” chiese Saul.
“George Dorn” disse Muldoon. “È un ragazzo giovane che stava con l’Sds.15 E a un certo momento è stato piuttosto vicino ai Weathermen.”16
Il gigantesco computer di Hagbard Celine, FUCKUP, First Universal Cybernetic Kinetic-Ultramicro Processor, era essenzialmente una forma piuttosto sofisticata della macchina logica autoprogrammabile algoritmica standard del tempo; il nome17 era una delle sue stravaganze. La vera ragione che rendeva unico FUCKUP era un processo stocastico18 programmato con il quale poteva “buttare” un esagramma dell’I-Ching, leggendo un circuito casuale aperto come linea discontinua
(yin) e un circuito casuale chiuso come linea continua (yang), fin quando sei tali “linee” non arrivassero. Consultando le sue banche di memoria dov’era conservata l’intera tradizione interpretativa dell’I-Ching e poi controllando in modo incrociato con le proprie analisi delle eccentricità politiche, economiche, meteorologiche, astrologiche, astronomiche e tecnologiche di quel particolare giorno, procurava una lettura dell’esagramma che, per la mente di Hagbard, combinava il meglio dei metodi scientifici e occulti per rivelare le tendenze in arrivo. Il 13 marzo il modello stocastico generò spontaneamente l’Esagramma 23, “Sgretolare”. FUCKUP interpretò allora: Questo segno tradizionalmente infausto venne gettato da sacerdoti scienziati di Atlantide poco prima della distruzione del loro continente ed è generalmente connesso alla morte per acqua. Altre vibrazioni lo legano a terremoti, tornado e disastri simili e alla malattia, al degrado e alla morbosità in genere.
La prima correlazione è con lo sbilanciamento tra accelerazione tecnologica e regressione politica, che avviene planetariamente a livelli di pericolosità sempre crescenti dal 1914 e con punte forti dal 1964. Lo sgretolamento è fondamentalmente la fuga mentale schizoide e scismatica di politici-avvocati, che tentano di amministrare, senza conoscerne i meccanismi, una tecnologia mondiale di cui negano la tendenza-gestalt dividendo il mondo in obsoleti stati-nazione di stampo rinascimentale. La terza guerra mondiale è probabilmente imminente e, considerando i progressi nella guerra chimicobatteriologica in congiunzione con le vibrazioni di malattia dell’Esagramma 23, lo scatenarsi della peste o di gas nervino o di entrambi è probabile, quanto una totale distruzione termonucleare. Prognosi generale: molte megamorti.
C’è qualche speranza d’evitare il modello emergente attraverso una pronta azione di natura corretta. Probabilità di tale via d’uscita è 0.17 ± 0.05.
Nessuna colpa.
“Col cazzo, nessuna colpa” s’infuriò Hagbard; e rapidamente riprogrammò FUCKUP per farsi leggere le sue psicobiografie compensate delle figure chiave della politica mondiale e degli scienziati chiave della guerra chimico-batteriologica.
Il primo sogno venne al dottor Charles Mocenigo il 2 febbraio, più di un mese prima che FUCKUP captasse le vibrazioni. Era, come di consueto per lui, cosciente di star sognando e la visione di una piramide gigantesca che pareva camminare o avanzare a fatica e con strepito non significava nulla e svanì rapidamente. Adesso pareva stesse osservando un ingrandimento della doppia spirale del Dna, era così dettagliata che iniziò a cercare le irregolarità di legame ogni ventitreesimo angstrom.19 Con sua sorpresa, mancavano; c’erano, invece, altre irregolarità a ogni diciassettesimo angstrom. “Che diavolo...?” domandò. E la piramide ritornò, sembrava che parlasse e dicesse: “Sì, il diavolo. “Si svegliò di soprassalto, con un nuovo concetto, carbonchio-lebbra-Mu, che prendeva forma, e iniziò a scrivere nel suo notes accanto al letto.
“Che diavolo è questo progetto Porta Nel Deserto?” aveva chiesto il presidente una volta, studiando il bilancio. “Guerra batteriologica”, spiegò cortesemente un consigliere. “Hanno iniziato con qualcosa chiamato carbonchio delta e adesso sono arrivati fino a qualcosa che chiamano carbonchio Mu e...” La voce venne affogata dal rumore del distruggi documenti nella stanza accanto. Il presidente riconobbe il suono caratteristico dei “puliscicessi” al lavoro a tutta forza.
“Non importa” disse. “Queste cose mi rendono nervoso.” Scarabocchiò un rapido “OK” accanto al titolo di spesa e passò oltre, ai “bambini poveri” che lo fecero sentire meglio. “Ecco,” disse, “questo lo possiamo tagliare.”
Si dimenticò completamente della Porta Nel Deserto fino alla crisi di Fernando Poo. “Supponiamo, supponiamo soltanto,” chiese allo stato maggiore, il 29 marzo, “che io vada alla tele e minacci l’inferno termonucleare totale e l’altro lato non batta ciglio. Abbiamo qualcosa che li spaventi ancor di più?”
Gli S.M. si scambiarono sguardi. Uno di loro parlò, incertamente. “Fuori Las Vegas,” disse, “abbiamo questo progetto Porta Nel Deserto che pare essere di molto avanti rispetto ai Compagni nella B.-B. e B.-C.”
“Significa biologico-batteriologica e biologico-chimica” spiegò il presidente al vicepresidente che aggrottava le sopracciglia. “Non c’entra niente con i fucili ad aria compressa.”20 Riportando la sua attenzione verso i militari, chiese: “Cos’abbiamo, nello specifico, che faccia gelare il sangue a Ivan?”
“Be’, c’è il carbonchio-lebbra-Mu... è peggio di qualsiasi forma di carbonchio. Più letale di peste bubbonica, lebbra e carbonchio in un colpo solo. A dire la verità,” il generale che stava parlando sorrise sinistro al pensiero, “la nostra valutazione suggerisce che, con la morte così rapida, la demoralizzazione psicologica dei sopravvissuti, se ce ne fossero, sarebbe ancora peggiore che in uno scambio termonucleare con il massimo di ricaduta ‘sporca’“.
“Per Dio”, disse il presidente. “Perdio. Non useremo questa storia in pubblico. Il mio discorso parlerà solo di bombe H, ma faremo arrivare ai ragazzi del Cremlino che abbiamo anche questo trucchetto al carbonchio, in frigo. Per Giove, aspettate e vedrete se non si tirano indietro.” Si alzò, deciso, fermo, l’immagine che proiettava sempre in televisione. “Andrò subito dai miei redattori per il discorso. Nel frattempo, fate che il cervello responsabile di questo carbonchio-Pi riceva un aumento di stipendio. Come si chiama?”, chiese da sopra le spalle uscendo dalla porta.
“Mocenigo, dottor Charles Mocenigo.”
“Un aumento per il dottor Charles Mocenigo” disse il presidente dal corridoio.
“Mocenigo?” chiese riflettendo il vicepresidente. “È un mangiaspaghetti?”
“Non dire mangiaspaghetti” gli gridò dietro il presidente.
“Quante volte te lo devo dire? Non dire mangiaspaghetti o giudeo o nessuna di quelle parole, mai più.” Parlò con una certa asprezza, dal momento che viveva nella paura quotidiana che qualche giorno i nastri segreti che teneva di tutte le transazioni nell’Ufficio ovale venissero resi pubblici.
Aveva giurato molto tempo prima che se quel giorno fosse mai arrivato, i nastri non sarebbero stati pieni di “(aggettivo soppresso)” o “(caratterizzazione soppressa)”. Era irritato, ma lo stesso parlò con autorità. Era, infatti, caratteristico del migliore tipo di maschio dominante nel mondo in quel periodo. Aveva cinquantacinque anni, duro, astuto, libero dalle complicate ambiguità etiche che confondono gli intellettuali, e aveva deciso molto tempo prima che il mondo era un gran figlio di puttana nel quale solo i più intriganti e privi di scrupoli potevano sopravvivere. Era anche gentile, per quanto possibile a uno che sostenesse quella filosofia ultra darwiniana; e amava veramente i cani e i bambini, a meno che non si trovassero sul luogo di qualcosa da bombardare in nome dell’interesse nazionale. Aveva ancora un certo senso dell’humor, nonostante il peso quasi divino del suo ufficio e, sebbene fosse impotente con sua moglie da quasi dieci anni, nella bocca di una abile prostituta, raggiungeva generalmente l’orgasmo in un minuto e mezzo. Prendeva pillole d’amfetamina per mantenersi in piedi nella sua massacrante giornata di lavoro di venti ore, col risultato che la sua visione del mondo era un tantino spostata verso il paranoico, e prendeva tranquillanti per non preoccuparsi troppo, col risultato che il suo distacco confinava alle volte con lo schizofrenico; ma la maggior parte del tempo, la sua astuzia innata gli faceva reggere la realtà con le unghie. In breve, assomigliava molto ai governanti di Russia e Cina.
In Central Park, lo scoiattolo si svegliò di nuovo quando un’auto passò suonando forte il clacson. Farfugliando rabbioso, saltò su di un altro albero e si rimise immediatamente a dormire. Al ristorante notturno da Bickford sulla Settantaduesima, un giovane chiamato August Personage uscì da una cabina telefonica dopo aver fatto una chiamata oscena a una donna a Brooklyn; si lasciò dietro uno dei suoi adesivi QUESTA CABINA È RISERVATA A CLARK KENT. A Chicago, un’ora prima sull’orologio, ma nello stesso istante in cui la cabina si chiuse, un gruppo rock chiamato Clark Kent E i Suoi Supermen attaccò una cover di Rock Around The Clock: il loro leader, un nero alto con un dottorato in antropologia, era stato conosciuto come El Hajj Starkerlee Mohammed durante una fase militante qualche anno prima, e il suo certificato di nascita diceva Robert Pearson. Stava osservando il suo pubblico e notò che quel tipo giovane bianco con la barba, Simon, era, come al solito, con una nera, un feticismo che Pearson Mohammed-Kent poteva comprendere con una psicologia rovesciata, visto che lui stesso preferiva sbarbe bianche. Simon, per una volta, non era trasportato dalla musica, era invece sprofondato nella conversazione con la
ragazza e disegnava il diagramma di una piramide sul tavolo per spiegare quel che diceva. “Crown Point”, Pearson lo sentì dire sopra la musica. E ascoltando Rock Around The Clock dieci anni prima, George Dorn aveva deciso di lasciarsi crescere i capelli, fumare erba e diventare un musicista. Era riuscito in due di quelle ambizioni. La statua di Tlaloc nel museo di antropologia, in Messico, fissava in alto, imperscrutabile verso le stelle... e le stesse stelle brillavano sopra i Caraibi dove il delfino chiamato Howard, giocava nelle onde. Il corteo di auto passa il Texas School Book Depository e muove lentamente verso il Triplo Sottopasso. Alla finestra del sesto piano, Lee Harvey Oswald prende la mira attentamente con il Carcano-Mannlicher; la sua bocca è asciutta, asciutta come un deserto.
Ma il suo battito cardiaco è normale e non c’è sudore sulla sua fronte. Questo è il momento, pensa, il momento che trascende il tempo e il rischio, l’eredità e il luogo, l’esame finale e la prova della libera volontà e del mio diritto di chiamarmi uomo. In questo momento, adesso, mentre stringo il grilletto, muore il Tiranno, e con lui tutte le menzogne di un’epoca crudele e mendace. È un’esalazione suprema, questo momento e questa conoscenza: eppure la sua bocca è asciutta, asciutta come polvere, come la morte, come se le sue ghiandole salivari sole si ribellassero contro l’assassinio che il suo intelletto ha proclamato giusto e necessario. Ora: Si rammenta la formula militare: respirare, puntare, rilasciare, tirare. Respira, punta, si rilascia, inizia a tirare, quando un cane abbaia improvvisamente...
E la sua bocca si apre in incredulità mentre risuonano tre spari, ovviamente dalla direzione della Collinetta Erbosa e del Triplo Sottopasso.
“Figlio di troia” dice piano come una preghiera. E inizia a sorridere, un sorriso non di onnipotenza, come si era aspettato, ma di qualcosa diverso e inaspettato e perciò migliore: onniscienza. Quel sorriso apparve in tutte le foto durante il giorno e mezzo seguenti, prima della sua stessa morte, un sorriso beffardo che diceva così chiaramente che nessuno osò leggere: io so qualcosa che voi non sapete. Quella smorfia scomparve soltanto domenica mattina, quando Jack Ruby pompò due proiettili nel fragile, fanatico corpo di Lee, e il suo segreto se ne andò nella tomba con lui. Ma un’altra parte del segreto aveva già lasciato Dallas sul Whisperjet della Twa per Los Angeles di venerdì pomeriggio, viaggiando dietro l’abito scuro, i capelli grigi e gli occhi solo moderatamente sardonici di un vecchietto che risultava come “Frank Sullivan” sulla lista dei passeggeri.
Questo è serio, stava pensando Peter Jackson, Joe Malik non era per niente in un viaggio paranoico. Le espressioni neutre di Muldoon e Goodman non lo ingannavano per niente: aveva imparato molto tempo prima l’arte nera di leggere non quello che c’è su di un volto, ma quel che c’è dietro. I poliziotti erano preoccupati ed eccitati, come ogni cacciatore sulle tracce di qualcosa di grosso e pericoloso. Joe aveva ragione sul complotto per l’assassinio, e la sua scomparsa e l’attentato erano una parte di tutto questo. E questo voleva dire che George Dorn era anche lui in pericolo, e a Peter piaceva George, anche se era un ragazzino arrogante in certi suoi modi e un irritante leccaculo sulla storia della razza, come la maggior parte dei giovani radicali bianchi. Mad Dog Texas, pensò Peter: proprio un brutto posto per trovarsi nei casini.
(Quasi cinquant’anni prima, un rapinatore abituale chiamato Harry Pierpont si avvicinò a un giovane carcerato nella prigione di Michigan City e gli chiese: “Pensi potrebbe esserci una religione vera?”)
Ma perché sta gridando George Dorn mentre Saul Goodman legge i memo? Tenetevi per un altro salto e questo è uno da shock.
Saul non è più umano, è un maiale. Tutti i poliziotti sono maiali.
Tutto quello che avete sempre creduto è probabilmente una bugia.
Il mondo è un luogo oscuro, sinistro, misterioso e totalmente spaventoso. Riesci a digerire tutto questo alla svelta? Allora entra nella mente di George Dorn per la seconda volta, cinque ore prima dell’esplosione a “Confrontation” (quattro ore prima, sull’orologio) e tira dal joint, tira forte e tienilo dentro (“One o’clock... two o’clock... three o’clock... ROCK!). Sei buttato su di un letto sfatto, in un hotel di ultima categoria, e fuori una luce al neon lampeggia disegni rosa e blu nella tua
stanza. Esala lentamente, senti la botta dell’erba e vedi se la carta da parati sembra già più brillante, meno Involontariamente Basso Kitsch. Fa caldo, il caldo secco del Texas e spingi i tuoi capelli lunghi indietro dalla fronte, tiri fuori il tuo diario, George Dorn, perché rileggere da capo quel che hai scritto per ultimo, certe volte, t’aiuta a capire quello in cui stai entrando per davvero. Mentre il neon schizza la pagina di rosa e blu, leggi questo:
23 aprile
Come sappiamo se l’universo sta diventando più grande o gli oggetti dentro più piccoli? Non si può dire che l’universo stia diventando più grande in relazione a una qualsiasi cosa fuori di esso, perché non c’è un fuori da potergli paragonare. Non c’è nessun fuori. Ma se l’universo non ha un esterno, allora continua all’infinito. Sì, ma il suo interno non continua eterno. Come fai a saperlo, testa di cazzo? Stai solo giocando con le parole.
No. L’universo è l’interno senza un esterno, il suono fatto da un...
* * *
Bussarono alla porta.
La Paura assalì George. Ogni qualvolta era stonato, il più piccolo dettaglio sbagliato nel suo mondo gli portava la Paura, irresistibile, incontrollabile. Trattenne il respiro, non per contenere il fumo nei polmoni, ma perché il terrore gli aveva paralizzato i muscoli del petto. Fece cadere il piccolo notes nel quale scriveva giornalmente i suoi pensieri e si aggrappò al proprio pene in un gesto abituale in momenti di panico. La mano che teneva il mozzicone scivolò automaticamente sulla copia scavata di It Can’t Happen Here di Sinclair Lewis21 che era accanto a lui sul letto e fece cadere il centimetro e mezzo di carta e marijuana arrotolata sopra il sacchetto di plastica pieno di grani verdi. Istantaneamente si aprì nel sacchetto un foro marrone grande come una monetina e l’erba accanto al tizzone iniziò a fumare.
“Stupido” disse George, mentre col pollice pugnalava il tizzone fumante per spegnerlo, e tirava indietro le labbra in una smorfia di dolore.
Un uomo basso e grasso entrò nella stanza, con “poliziotto” scritto in ogni maligno lineamento della sua piccola faccia astuta.
George si ritrasse e fece per chiudere It Can’t Happen Here; come un lampo, tre dita dure come cemento si spinsero nel suo avambraccio. Urlò e il libro gli saltò di mano, spargendo erba sopra tutta la coperta.
“Non la toccare” disse il grasso. “Un agente verrà qui per raccoglierla come prova. Ci sono andato piano con quel colpo di karaté. Altrimenti stasera ti leccheresti una frattura composta del braccio sinistro alla prigione di Mad Dog, e nessun dottore che si rispetti avrebbe voglia di uscire e curarti.”
“Ha un mandato?” George tentò di suonare insolente.
“Oh, credi d’avere i coglioni.” Il fiato del grasso puzzava di bourbon e di sigari scadenti. “Coglioni di coniglio. T’ho terrorizzato a morte, ragazzo, lo sai come lo so io. Eppure trovi il coraggio di parlare di mandati. Fra un po’ vorrai vedere l’Unione per le libertà civili.”
Spostò la giacca di un vestito estivo verde iridescente che avrebbe potuto essere nuovo quando Heartbreak Hotel22 era in cima alla hit parade. Una stella d’argento a cinque punte gli decorava la tasca della camicia rosa e una .45 automatica infilata nei pantaloni gli spingeva il grasso della pancia. “Questa è tutta la legge che mi serve quando ho a che fare con gente del tuo tipo a Mad Dog. Riga dritto con me, figliolo, o non avrai nulla da agguantare la prossima volta che uno di noi maiali, come avete scelto di chiamarci nei vostri articoletti, ti arresterà. Il che non è probabile avvenga per i prossimi quarant’anni, mentre marcisci e invecchi nella nostra prigione statale.” Pareva soddisfatto del suo stile oratorio, come uno dei personaggi di Faulkner.23
George pensò:
È proibito sognare ancora
Storpiamo le nostre gioie o le nascondiamo cavalli sono fatti
d’acciaio cromato
E i piccoli uomini grassi li cavalcheranno.
Disse: “Non puoi darmi quarant’anni per detenzione. E l’erba è legale nella maggior parte degli altri stati. Questa legge è arcaica e assurda.”
“Merda e cipolle, ragazzo, ce n’hai troppa di quell’erba assassina per chiamarla detenzione. Io la chiamo detenzione a fini di spaccio. E le leggi di questo stato sono giuste e sono severe e sono le nostre. Sappiamo di che è capace quell’erba. Ci ricordiamo delle truppe a Alamo e Santa Anna24 perdere ogni paura perché erano fatte di Rosa Maria, come la chiamavano a quei tempi. Alzati in piedi. E non chiedere di parlare con un avvocato.”
“Posso chiedere chi è?”
“Sono lo sceriffo Jim Cartwright, nemesi di tutto il male a Mad Dog e contea.”
“E io Tiny Tim” disse George, immediatamente dicendosi nella testa: “Chiudi quella cazzo di bocca, sei troppo fuori.” E andò giù dritto e disse: “Forse la vostra parte avrebbe vinto se Davy Crockett e Jim Bowie si fossero stonati anche loro. E, giacché ci siamo, sceriffo, come faceva a sapere che mi avrebbe beccato con l’erba? Normalmente un giornalista underground si fa un punto d’essere pulito quando arriva in questa parte del paese dimenticata da Dio. Non è stata la telepatia a dirle che avevo dell’erba addosso.” Lo sceriffo Cartwright si batté la coscia. “Ma sì, invece. È stata proprio telepatia. Cosa ti fa pensare non fosse stata la telepatia a portarmi qui?” Rise, agguantò il braccio di George in una stretta ferrea e lo spinse verso la porta della stanza d’albergo. George provò un terrore senza fondo come se l’abisso dell’inferno gli si aprisse sotto i piedi e lo sceriffo Jim Cartwright stesse per inforcarlo dentro lo zolfo bollente. E devo ammettere che più o meno era questo il caso; ci sono periodi della storia in cui le visioni di pazzi e drogati sono una guida migliore alla realtà, dell’interpretazione col buon senso dei dati in possesso della mente cosiddetta normale.
Questo è uno di quei periodi, se non lo aveste già notato.
(“Continua a stare in compagnia di quei ragazzacci di Passaic e finirai in galera” diceva la madre di George. “Ricordati le mie parole, George.” E, un’altra volta, alla Columbia, dopo una riunione a tardissima notte, Mark Rudd disse asciutto: “Un casino di noi passerà del tempo nelle galere dell’Uomo, prima che questa tempesta di merda sia finita” e George, assieme agli altri, annuì cupamente ma coraggiosamente.
La marijuana che aveva fumato era coltivata a Cuernavaca da un contadino di nome Arturo Jesus Maria Ybarra y Mendez, che l’aveva venduta all’ingrosso a un giovane yanqui chiamato Jim Riley, figlio di un poliziotto di Dayton, nell’Ohio, che a sua volta l’aveva contrabbandata attraverso Mad Dog dopo aver pagato una sostanziosa bustarella allo sceriffo Jim Cartwright. Dopo di che venne rivenduta a una spacciatrice di Times Square, chiamata Rosetta l’Impietrita e una signorina Walsh del dipartimento ricerche di “Confrontation” aveva comprato da lei quattro etti, rivendendone più tardi due a George che l’aveva riportata a Mad Dog, senza alcun sospetto di stare virtualmente completando un cerchio. Il seme originale faceva parte del tipo raccomandato dal generale George Washington nella famosa lettera al signor John Sinclair,25 nella quale scrive: “Trovo che, per qualunque scopo, la canapa indiana è da ogni punto di vista superiore alla varietà neozelandese precedentemente coltivata qui.” A New York, Rebecca Goodman, decidendo che Saul non sarà a casa stanotte, esce dal letto, s’infila una vestaglia e inizia a cercare nella sua libreria. Finalmente, sceglie un libro sulla mitologia babilonese e inizia a leggere: “Prima di tutti gli dei, era Mummu, lo Spirito del Puro Caos...” A Chicago, Simon e MaryLou Servìx siedono nudi nel letto di lei, le gambe incrociate nella posizione del loto yabyum.
“No, “ sta dicendo Simon “Non muoverti bimba, aspetta che LUI muova te”, Clark Kent E I Suoi Supermen swingano in una ripresa: “We’re gonna ROCK around the clock tonight... We’re gonna ROCK ROCK ROCK till broad day light”.)
Il compagno di cella di George nella prigione della contea di Mad Dog aveva una faccia da
teschio, con grandi incisivi sporgenti.
Era alto, circa 1 e 95 e giaceva appallottolato sulla sua branda come un pitone avvolto in spire.
“Hai chiesto d’essere curato?” gli chiese George.
“Curato di che?”
“Be’, se pensi d’essere un assassino...”
“Non penso, fratellino. Ho ammazzato quattro bianchi e due mangiabanane. Uno in California, il resto qui. Pagato per ognuno.”
“È per questo che sei qui dentro?” Mio Dio, non metteranno gli assassini nella stessa cella degli sballoni?
“Sono dentro per vagabondaggio” disse l’uomo con disprezzo.
“Veramente, sono qui solo in custodia temporanea, finché non mi danno ordini. E poi, addio a chi vuoi: presidente, leader dei diritti civili, nemico del popolo. Un giorno sarò famoso. Scriverò un libro su di me, un giorno, Asso. Diamine, non son capace a scrivere. Guarda, forse possiamo fare un patto. Faccio portare della carta per te dallo sceriffo Jim se scriverai della mia vita. Ti terranno qui dentro per sempre, sai. Verrò a trovarti tra un assassinio e l’altro, tu scriverai il libro e lo sceriffo lo terrà al sicuro finché non vado in pensione. Poi farai pubblicare il libro e ti farai un mucchio di soldi e starai proprio bene in galera. O forse puoi anche pagarti un avvocato per tirarti fuori.”
“Dove sarai?”, disse George. Era ancora spaventato, ma gli stava venendo anche sonno e aveva deciso che erano tutte stronzate, il che aveva un effetto calmante sui suoi nervi. Sarebbe stato meglio non addormentarsi nella cella mentre quel tizio era sveglio. Non credeva davvero a queste storie di assassini, ma era regolare ritenere omosessuale chiunque incontravi in prigione.
Come se leggesse la sua mente, il compagno di cella disse: “Ti piacerebbe fartelo mettere in culo da un famoso assassino? Che te ne sembra, eh Asso?”
“Per favore,” disse George, “non fa per me, sai? Non potrei proprio farlo.”
“Merda, piscio e corruzione” disse l’assassino. Improvvisamente si srotolò e uscì dalla branda. “Ho sprecato il mio tempo con te.
Adesso piegati e butta giù i pantaloni. Adesso lo prendi e non c’è niente da fare.” Si mosse verso George con i pugni chiusi.
“Guardia! Guardia!” urlò George. Agguantò la porta della cella con entrambe le mani e iniziò a sbatterla freneticamente.
L’uomo colpì George con una sberla attraverso la faccia. Un altro colpo alla mascella buttò George contro il muro.
“Guardia!” urlò, con la testa che gli girava per l’erba e il panico.
Un uomo in uniforme blu arrivò dalla porta al fondo del corridoio. Pareva lontano chilometri e proprio disinteressato, come un dio che fosse annoiato delle proprie creature.
“Allora, che diavolo è tutto questo casino?” chiese, la mano sul calcio del revolver, la sua voce ancora lontana chilometri. George aprì la bocca, ma il compagno di cella parlò prima. “Questo piccolo freak comunista capellone non vuol buttare giù i calzoni quando glielo dico io. Non devi fare in modo che sia contento qui?” La voce passò a un piagnucolio. “Fagli fare quello che dico io.”
“Dovete proteggermi” disse George. “Dovete farmi uscire da questa cella.”
La guardia-dio rise. “Be’, potresti dire che questa qui è una prigione molto democratica. Vieni giù da New York e pensi che noi si sia piuttosto arretrati. Ma non è così. Non abbiamo brutalità poliziesca. Ora, se io interferissi tra te e Harry Coin, qui, potrei aver bisogno di usare la forza per trattenerlo dal tuo giovane culo. So che voialtri pensate che tutti i poliziotti debbano essere aboliti. Allora in questa presente situazione qui, mi abolisco. Inoltre, so che voialtri credete nella libertà sessuale, come me. E così Harry Coin si prenderà la sua libertà sessuale senza interferenza o brutalità da parte mia.” La sua voce era ancora distante e disinteressata, quasi sognante.
“No!” disse George.
La guardia estrasse la pistola. “Ora, figliolo. Ti levi i pantaloni e ti pieghi. Te lo prenderai in culo da Harry Coin qui, e non ce n’è. E io guarderò per accertarmi che glielo prendi come si deve. Altrimenti non ti becchi quarant’anni. T’ammazzo, subito. Ti pianto una pallottola dentro e dico che
hai fatto resistenza. Adesso decidi cosa vuoi fare. T’ammazzerò davvero se non fai come dice lui. Davvero. Tu sei totalmente spendibile e lui no. È una persona molto importante e il mio lavoro è tenerlo contento.
“E t’inculerò lo stesso, vivo o morto.” rise demenzialmente Coin, come uno spirito maligno. “Quindi non c’è modo in cui tu possa sfuggire, Asso.”
La porta alla fine del corridoio sbatté e lo sceriffo Jim Cartwright e due poliziotti in uniformi blu marciarono verso la cella. “Che succede qui?” disse lo sceriffo.
“Ho beccato questo frocetto George Dorn qui, che tentava di commettere violenza omosessuale su Harry.” disse la guardia. “Ho dovuto tirar fuori la pistola per fermarlo.”
George scosse la testa. “Siete incredibili, voialtri. Se state facendo questi giochetti per me, potete anche smettere, perché non vi state ingannando l’un l’altro e non state ingannando me. “
“Dorn,” disse lo sceriffo “hai tentato atti innaturali nella mia prigione, atti proibiti dalla sacra Bibbia e le leggi di questo stato. Non mi sta bene. Neanche un po’. Vieni qui fuori. Voglio farti un discorsetto. Andiamo nella stanza degli interrogatori per una chiacchierata.”
Aprì la porta della cella e fece cenno a George di precederlo. Si girò verso i due poliziotti che lo avevano accompagnato: “Restate qui e occupatevi di quell’altra cosetta.” Le ultime parole furono enfatizzate particolarmente.
George e lo sceriffo passarono per una serie di corridoi e porte chiuse finché finalmente non arrivarono in una stanza con le mura fatte di lamiera stampata dipinta verde bottiglia. Lo sceriffo disse a George di sedersi su una seggiola mentre lui gli si mise davanti su di una sedia girata.
“Sei una cattiva influenza sui miei prigionieri” disse. “Ho voglia di farti succedere un qualche incidente. Non voglio veder corrompere i prigionieri in galera, mia o di qualcun altro, per quarant’anni.”
“Sceriffo” disse George. “Che vuole da me? Mi ha beccato per l’erba. Cos’è tutta questa roba, minacce, spaventarmi e interrogarmi?”
“Voglio sapere alcune cose”, disse lo sceriffo.
“Voglio sapere tutto quello che mi puoi dire su certe faccende. Quindi, da questo momento, sii pronto a dirmi solo la verità. Se lo farai, forse le cose andranno più lisce per te, dopo.”
“Sì, sceriffo”, disse George. Cartwright lo fissò, stringendo gli occhi. “Sembra proprio un maiale”, pensò George. La maggior parte è così. Perché così tanti fra loro diventano così grassi e hanno occhi così piccoli?
“Allora” disse lo sceriffo. “Qual era la tua ragione per venire qui da New York?”
“Semplicemente un servizio per ‘Confrontation’, la rivista...”
“La conosco. È una rivista oscena e comunista. L’ho letta.”
“Sta usando termini carichi. È una rivista libertaria di sinistra, per essere esatti.”
“Anche la mia pistola è carica, ragazzo. Quindi dilla giusta. Bene. Dimmi di cosa sei venuto a scrivere qui.”
“Certo. Dovrebbe essere interessato quanto lo sono io a questa storia, se davvero tiene alla legge e all’ordine. Ci sono state voci circolanti nel paese per più di un decennio, secondo cui tutti i maggiori omicidi politici in America - Malcolm X, i fratelli Kennedy, Medgar Evers,26 King, Nixon, forse anche George Lincoln Rockwell - siano opera di un’unica organizzazione cospiratoria di destra orientata alla violenza, e che questa organizzazione ha la sua base proprio qui a Mad Dog. Sono venuto giù per vedere cosa potevo trovare su questo gruppo.”
“È quel che immaginavo,” disse lo sceriffo, “povero stronzetto. Vieni qui con i tuoi capelli lunghi e ti credi di trovare, come la metti tu, una dritta su di un’organizzazione di destra. Fortuna per te che non hai incontrato nessuno dei nostri veri destrorsi, tipo Lampo di Dio, per esempio. Quelli qui intorno t’avrebbero torturato a morte, ragazzo. Sei davvero scemo. OK, non voglio sprecare altro tempo con te. Forza, ti riporto alla tua cella. Conviene che ti abitui a guardare la luna attraverso le sbarre.”
Tornarono indietro per la stessa strada con la quale erano arrivati. All’ingresso del corridoio dove si trovava la cella di George, lo Sceriffo aprì il cancello e gridò “Vieni a prenderlo, Charley.”
La guardia di George, il viso pallido e la bocca chiusa in una linea senza labbra, prese George per il braccio. La porta del corridoio sbatté chiusa dietro lo sceriffo. Charley portò George alla sua cella e ce lo spinse dentro senza una parola. Ma almeno era tridimensionale adesso, e meno un fantasma della marijuana.
Harry Coin non era lì. La cella era vuota. George s’accorse di un’ombra nella coda dell’occhio. Qualcosa nella cella accanto alla sua. Si girò: il cuore gli si fermò. C’era un uomo appeso da un tubo nel soffitto. George s’avvicinò e fissò attraverso le sbarre. Il corpo oscillava lentamente. Era attaccato al tubo con una cintura di cuoio affibbiata intorno al collo. Il volto, dagli occhi spalancati, era quello di Harry Coin. Lo sguardo di George s’abbassò. Qualcosa stava uscendo dal busto di Harry pendendo verso il pavimento. Non era suicidio. Avevano sbudellato Harry Coin e qualcuno aveva pensato bene di mettergli un secchio per la merda sotto, così che i suoi intestini sanguinanti potessero infilarcisi dentro.
George urlò. Non c’era nessuno intorno per rispondergli. La guardia era svanita come mercurio.
(Ma al manicomio Cherry Knolls di Sunderland in Inghilterra, dove erano già le undici della mattina seguente, un paziente schizofrenico che non aveva parlato per dieci anni, improvvisamente iniziò a esortare un infermiere: “Stanno tornando tutti, Hitler, Goring, Streicher,27 tutti quanti. E, dietro di loro, i poteri e le persone dalle altre sfere che li controllano...” Ma Simon Moon a Chicago continua a mantenere con calma la posizione del loto e placidamente istruisce Mary Lou che gli è seduta in grembo: “Tienilo soltanto, tienilo con la tua parete vaginale come lo terresti con la mano, gentilmente, e senti il suo calore, ma non pensare all’orgasmo, non pensare al futuro, neanche un minuto avanti, pensa al presente, l’unico presente, l’unico presente che avremo mai, solamente il mio pene nella tua vagina adesso e il semplice piacere di questo, non un piacere più grande verso cui tendere...”
“Mi fa male la schiena”, disse Mary Lou.)
WE’RE GONNA ROCK ROCK ROCK AROUND THE CLOCK TONIGHT
Ci sono ragazzi svedesi e norvegesi, danesi, italiani e francesi, greci, anche americani. George e Hagbard si muovono attraverso la folla cercando di stimarne il numero: 200.000? 300.000? 500.000?
Simboli della pace penzolano da ogni collo, nudi dipinti, nudi non dipinti, capelli lunghi e ondeggianti su ragazzi e ragazze alla stessa maniera, e sopra tutto il ritmo, ipnotico e interminabile. “Woodstock Europa,” dice asciutto Hagbard. “L’ultima e definitiva notte di Valpurga,28 l’Erotion di Adam Weishaupt finalmente realizzato.”
WE’RE GONNA ROCK ROCK ROCK TILL BROAD DAYLIGHT
“È una società delle nazioni,” dice George, “una società delle nazioni dei giovani.” Hagbard non ascolta. “Lassù,” indica, “verso Nord-Ovest c’è il Reno, dove si dice che die Lorelei sedesse e cantasse le sue canzoni di morte. Ci sarà musica più mortale sul Danubio, stanotte.”
WE’RE GONNA ROCK AROUND THE CLOCK TONIGHT
(Ma tutto questo era ancora sette giorni nel futuro, e ora George giace svenuto nella prigione della contea di Mad Dog. E iniziò, quella fase dell’operazione, come Hagbard la chiamò, più di trent’anni prima, quando un chimico svizzero chiamato Hofmann salì sulla sua bicicletta e pedalò giù per una strada di campagna verso nuove dimensioni.)
“E ritorneranno tutti?” chiese George.
“Tutti” rispose secco. “Quando il ritmo raggiunge l’intensità giusta... a meno che non riusciamo a fermarlo.”
(“Adesso capisco” gridò Mary Lou. “Non è quello che mi aspettavo. È diverso dal sesso, e meglio.” Simon sorrise benignamente.
“È sesso, baby” disse. “Quello che hai fatto finora non era sesso.
Adesso possiamo iniziare a muoverci... ma lentamente... alla maniera gentile... la Maniera del Tao...” Stanno ritornando tutti; non sono mai morti, delirava il pazzo verso l’infermiere sorpreso, aspetta e vedrai, capo. Devi solo aspettare. Vedrai.)
Gli amplificatori strillarono improvvisamente. C’era troppo feedback, e il suono partì in un picco
oltre la sopportabilità. George sussultò e vide altri tenersi le orecchie. ROCK ROCK AROUND THE CLOCK. La chiave mancò la serratura, si girò e tagliò la mano di Muldoon. “Nervi” disse a Saul. “Mi sento sempre come un ladro, quando faccio queste cose.”
Saul grugnì: “Scordati il furto con scasso” disse. “Potremmo finire impiccati per tradimento prima che sia finita. Se non diventiamo eroi nazionali.”
“Un caso da sballo” sorrise Muldoon. Provò in un’altra maniera.
Erano in un vecchio condominio su Riverside Drive cercando di entrare nell’appartamento di Joe Malik. E, come entrambi ammettevano tacitamente, non stavano solo cercando prove, ma si stavano nascondendo dall’Fbi.
La telefonata era arrivata dal comando proprio mentre terminavano l’interrogatorio dell’editore associato Peter Jackson. Muldoon era andato a prendere la macchina, mentre Saul finiva di farsi dare una descrizione fisica completa di Malik e George Dorn. Jackson se n’era appena andato e Saul stava prendendo il quinto memo, quando Muldoon ritornò, la faccia come se il dottore gli avesse appena detto che la sua Wassermann era positiva.
“Due agenti speciali dell’Fbi stanno venendo ad aiutarci” disse legnoso.
“Sempre pronto a giocare su di un presentimento?” chiese calmo Saul, spingendo di nuovo tutti i memo nella scatola di metallo.
Muldoon semplicemente chiamò Pricefixer di nuovo nella caffetteria e gli disse: “Due federali saranno qui tra pochi minuti. Dì loro che siamo tornati al comando. Rispondi a qualsiasi domanda che facciano, ma non dire loro di questa scatola.”
Pricefixer guardò attentamente i due agenti più anziani e poi disse a Muldoon: “È lei il capo.”
O è terribilmente fesso e credulone, o è così maledettamente furbo che un giorno diventerà pericoloso.
“Allora,” chiese nervosamente a Muldoon, “è l’ultima chiave?”
“No, ho altre cinque bellezze qui e una di loro sarà: eccoci!” La porta s’aprì senza difficoltà.
La mano di Saul scivolò verso la pistola mentre entrava nell’appartamento e cercava l’interruttore della luce. Quando accese la luce Saul non vide proprio nessuno, quindi si rilassò. “Cerca in giro i cani” disse. “Io voglio sedermi a sfogliare il resto di questi memo.”
La stanza veniva usata sia per lavoro sia come abitazione ed era disordinata abbastanza da non lasciar dubbio che Malik fosse scapolo. Saul spinse la macchina da scrivere indietro sulla scrivania, mise giù la scatola dei memorandum e poi notò qualcosa di strano.
L’intera parete, da questa parte della stanza, era coperta di ritratti di George Washington. Alzandosi per esaminarli più da vicino, vide che ognuno aveva un’etichetta, una metà che diceva “G.W.” e l’altra “A.W.”.
Strano, ma tutto il caso aveva toni che puzzavano come quegli alleva-in-bocca egiziani morti.
Saul si sedette e prese un memo dalla scatola.
Muldoon tornò nel soggiorno e disse: “Niente cani. Nemmeno uno in tutto ‘sto cazzo di appartamento.”
“Interessante,” notò Saul pensierosamente, “hai detto che il padrone di casa ha avuto reclami da diversi altri inquilini a proposito dei cani?”
“Ha detto che tutti si lamentavano nel palazzo. La regola è niente animali e la faceva rispettare. La gente voleva sapere perché tutti dovevano disfarsi dei propri gattini quando Malik poteva tenere un intero branco di cani quassù. Hanno detto che ce ne devono essere stati almeno dieci o dodici dal rumore che facevano.”
“Deve proprio amarle quelle bestie, se le ha portate tutte con sé quando si è nascosto”, rifletté Saul. Il saltatore con l’asta nella sua mente era di nuovo al lavoro. “Guardiamo in cucina”, suggerì con calma.
Barney seguì, mentre Saul rovistava sistematicamente nel frigo e nella dispensa terminando con un attento esame della spazzatura.
“Niente cibo per cani”, disse Saul finalmente.
“Ho notato.”
“E niente scodelle per cani. E niente barattoli vuoti di cibo per cani nella spazzatura.”
“Quale pazzia stai seguendo adesso?”
“Non saprei” disse pensoso Saul. “Non gli importa che i vicini sentano i cani, probabilmente è il tipico individualista di sinistra che non vuole altro che litigare col padrone di casa e con i vicini su argomenti come la regola degli animali. Così non nascondeva niente finché non è scappato. E allora non solo si è portato i cani, ma ha nascosto tutte le prove che siano mai stati qui. Anche se deve aver saputo che i vicini ne avrebbero parlato tutti.”
“Forse gli dava carne umana da mangiare” suggerì Muldoon macabro.
“Signore, non lo so. Guarda in giro per qualsiasi cosa d’interessante. Io leggerò quei memo sugli Illuminati.” Saul ritornò nel soggiorno e iniziò:
PROGETTO ILLUMINATI: MEMO N. 5
26/7
J.M.:
A volte trovi le cose nei posti più scemi. Il seguente è da una rivista per ragazze (La Cospirazione, di Sandra Glass, “Teenset”, marzo 1969, pp. 34-40):
Simon mi raccontò degli Illuminati di Baviera. La storia da, incubo inizia nel 1090 d.C., nel Medio Oriente quando Hassan-i-Sabbah fondò la setta degli ismailiti, o hashishim, così chiamati per il loro uso dell’hashish, una droga letale derivata dalla pianta della canapa meglio conosciuta come l’erba assassina marijuana... La setta terrorizzò il mondo musulmano finché i mongoli di Gengis Khan29 portarono la legge e l’ordine nella zona. Costretti nel loro nascondiglio sulle montagne, i drogati hashishim non potevano competere con i sani guerrieri mongoli, la loro fortezza venne distrutta e le loro danzatrici spedite in Mongolia per la riabilitazione. I capi del culto fuggirono verso Ovest... “Gli Illuminati apparvero di nuovo in Baviera nel 1776,” mi disse Simon... “Adam Weishaupt, studioso dell’occulto, studiò gli insegnamenti di Hassan-i-Sabbah e coltivava canapa nel proprio giardino. Il 2 febbraio 1776, Weishaupt raggiunse l’illuminazione. Weishaupt fondò ufficialmente gli Antichi Veggenti Illuminati di Bavaria il primo maggio 1776. Il loro motto era ‘Ewige Blumenkraft’...30 Attrassero molti personaggi illustri quali Goethe e Beethoven. Beethoven aveva appeso un manifesto con Ewige Blumenkraft sul piano col quale compose tutte le sue nove sinfonie.”
L’ultimo paragrafo dell’articolo, però, è il più interessante di tutti:
Recentemente ho visto un documentario sulla Convenzione democratica del 196831 e fui colpita dalla scena nella quale il senatore Abraham Ribicoff fa una battuta critica che provoca l’ira del sindaco di Chicago. Nel tumulto che segue, è impossibile udire la risposta gridata dal sindaco, e c’è stata molta speculazione su cosa abbia effettivamente detto. A me è parso che le labbra formassero le parole che sono adesso divenute paurosamente familiari: “Ewige Blumenkraft!”.
Più scavo, e più il quadro diviene pazzesco. Quando diciamo tutto a George?
Pat
PROGETTO ILLUMINATI: MEMO N. 6
26/7
J.M.:
La John Birch Society32 si è interessata all’argomento e ha una propria teoria. La prima fonte che ho trovato su questo è un opuscolo: “Cfr: Cospirazione per dominare il mondo” di Gary Allen, editore associato della rivista dei bircher, “American Opinion”. La tesi di Alien è che Cecil Rhodes33 abbia creato nel 1888 una società segreta per imporre il dominio inglese sul mondo. La società segreta agisce attraverso l’università di Oxford, le borse di studio Rhodes e, tieni il fiato, il Consiglio per le relazioni estere (Cfr), fondazione senza scopo di lucro per lo studio degli affari internazionali con il quartier generale proprio qui a New York nella Sessantottesima strada. Sette su nove dei nostri ultimi segretari di stato sono stati reclutati dal Cfr, indica Alien, come pure dozzine di altri politici importanti, compreso Richard Nixon.34. È anche inteso, seppur non detto esplicitamente, che William Buckley Jr. (un vecchio nemico dei bircher) è un altro strumento del Cfr; e si dice che gli interessi bancari dei Morgan e Rothschild35 finanzino tutta quanta la faccenda. Come si lega tutto questo con gli Illuminati? Alien dà semplicemente dei suggerimenti collegando Rhodes a John Ruskin,36 e Ruskin a precedenti internazionalisti, e dichiarando infine che “l’originatore a livello profano di questo tipo di società segrete” fu Adam Weishaupt che chiama “il mostro che fondò l’Ordine degli Illuminati il primo maggio 1776”.
Pat
PROGETTO ILLUMINATI: MEMO N. 7
27/7
J.M.:
Questo è da un piccolo giornale di sinistra di Chicago (“The Roger SPARK”, Chicago, luglio 1969, vol. 2, n. 9, Daley legato agli Illuminati, s.a.):
Nessuno studioso sa cosa accadde ad Adam Weishaupt dopo che venne esiliato dalla Baviera nel 1785 e pagine del diario di Washington dopo quella data fanno frequente riferimento alla canapa piantata a Mount Vernon.
La possibilità che Adam Weishaupt abbia ucciso George Washington e preso il suo posto, servendo quale primo presidente per due legislature, è adesso confermata... I due colori principali della bandiera americana sono, escludendo un piccolo lembo di blu in un angolo, rosso e bianco: questi sono anche i colori ufficiali degli hashishim. La bandiera e la piramide degli Illuminati hanno entrambe tredici divisioni orizzontali: tredici è, naturalmente, il codice tradizionale per marijuana... ed è ancora usato in quel senso dagli Hell’s Angels, tra gli altri.
Ora, “Washington” fondò il Partito federalista.
L’altro partito maggiore in quei giorni, i Repubblicani democratici, fu formato da Thomas Jefferson37 [e] ci sono ragioni per accettare la testimonianza del reverendo Jedediah Morse di Charleston, che accusò Jefferson d’essere un agente degli Illuminati. Quindi, anche all’alba del nostro governo, entrambi i partiti erano coperture degli Illuminati...
Questa storia ripete poco dopo il racconto di “Teenset” sulla frase “Ewige Blumenkraft” che il sindaco Daley avrebbe usato durante la sua incoerente diatriba contro Abe Ribicoff.
Pat
PROGETTO ILLUMINATI: MEMO N. 8
27/7
J.M.:
Ancora sulla teoria Washington-Weishaupt:
A dispetto del fatto che il proprio volto appaia su miliardi di francobolli e banconote e che il suo ritratto sia appeso in ogni edificio pubblico del paese, nessuno è sicuro di come Washington fosse fisicamente. Un programma TV “Progetto 20”, dal titolo Incontriamo George Washington andrà in onda stasera alle 19 e 30 su canale... (riempire con la stazione locale). Il programma offre ritratti contemporanei del primo presidente, alcuni dei quali non sembrano appartenere alla stessa persona.
Questo è un comunicato stampa mandato dalla NBC il 29 aprile 1969. Alcuni dei ritratti si possono ritrovare nell’Encyclopedia Britannica e la rassomiglianza con i ritratti di Weishaupt è incredibile.
Incidentalmente, Barbara ha richiamato la mia attenzione su questo: la lettera su “Playboy” che chiedeva degli Illuminati era firmata “R.S., Kansas City, Missouri”. Secondo i giornali di Kansas City, un Robert Stanton di quella città venne trovato morto il 17 marzo 1969, (circa una settimana dopo che “Playboy” di aprile apparisse in edicola), con la gola squarciata dagli artigli di qualche enorme bestia. Nessun animale è stato denunciato come mancante dagli zoo locali.
Pat
Saul guardò verso le foto di Washington sulla parete. Per la prima volta, notò lo strano sorriso a metà sul più famoso di tutti, quello di Gilbert Stuart che compare sulle banconote da un dollaro.
“Come dagli artigli di qualche enorme bestia”, citò a se stesso, ripensando ai cani scomparsi di Malik.
“Di che diavolo stai sorridendo?” chiese acidamente.
Il senatore Koch, si ricordò all’improvviso, in un discorso anni prima quando la marijuana era illegale dappertutto, di qualcosa a proposito della piantagione di canapa di Washington. Che cos’era?
Sì, era a proposito di certe frasi nel diario del generale; mostravano che separava le piante di canapa femmine da quelle maschili prima dell’impollinazione. Koch indicò che ciò era botanicamente inutile se coltivava la piantagione per farne corda, ma era pratica normale nella coltivazione della canapa per marijuana.
E “illuminazione” era una delle parole che gli hippies usavano sempre per descrivere l’esperienza che uno ottiene dalle migliori qualità d’erba. Anche il termine più comune “accendere” aveva lo stesso significato di “illuminazione” quando ci pensavi un attimo.
Non era quello, che la corona di luce attorno alla testa di Gesù voleva dire nell’arte cattolica? E Goethe, se davvero era parte di questo, avrebbe potuto voler far riferimento all’esperienza nelle sue ultime parole, mentre giaceva morente: “Più luce!”.
Avrei dovuto diventare rabbino, come voleva mio padre, pensò Saul sorpreso. Il lavoro in polizia sta diventando troppo, per me.
Fra qualche minuto, sospetterò di Thomas Edison.38
ROCK ROCK ROCK TILL BROAD DAYLIGHT
Lentamente, Mary Lou Servix nuotò verso la coscienza come un naufrago che raggiunga una zattera.
“Buon Dio “ respirò piano.
Simon le baciò il collo. “Adesso sai”, mormorò.
“Buon Dio” ripetè. “Quante volte sono venuta?”
Simon sorrise. “Non sono un tipo anale-compulsivo, non ho contato. Dieci o dodici, qualcosa del genere, credo.”
“Buon Dio. E le allucinazioni. Era quello che stavi facendo al mio sistema nervoso o era l’erba?”
“Dimmi solo quel che hai visto.”
“Be’, avevi come una specie di aura intorno, tipo. Un grosso alone blu. E poi ho visto che era anche intorno a me, e che aveva tutti questi piccoli pallini blu che danzavano dentro delle specie di vortici. E poi non era più neanche quello. Solo luce. Pura luce bianca.”
“Immagina ti dicessi che ho un amico che è un delfino e che esiste sempre in quel tipo di luce senza limiti.”
“Oh, non cominciare a prendermi in giro. Sei stato così carino, finora.”
“Non ti prendo in giro. Si chiama Howard. Potrei fartelo conoscere.”
“Un pesce?”
“No, bimba. Un delfino è un mammifero. Proprio come me e te.”
“O sei il più grande cervello di questo mondo, o il bastardo più pazzo di questo mondo, signor Simon Moon. Dico sul serio. Ma quella luce... Mio Dio, non mi scorderò mai quella luce.”
“E cos’è accaduto al tuo corpo?” chiese Simon casualmente.
“Sai, non sapevo dov’era. Anche nel mezzo dei miei orgasmi, non sapevo dov’era il mio corpo. Tutto era solo... la luce.”
ROCK ROCK ROCK AROUND THE CLOCK TONIGHT
E lasciando Dallas, quel tanto discusso pomeriggio del 22 novembre nel 1963, l’uomo che usa il nome “Frank Sullivan”, passa accanto a McCord e Barker all’aeroporto, ma nessun presentimento di Watergate gli oscura la mente. (Intanto al Grassy Knoll, viene scattata la foto di Howard Hunt che in seguito apparirà nei dossier del procuratore di New Orleans, Jim “l’allegro gigante verde” Garrison: non che Garrison fosse mai arrivato ad anni luce dalla verità...)
“Qui, micio-micio-micio” chiama Hagbard.
Ma adesso, torniamo di nuovo al 2 aprile e a Las Vegas: Sherri Brandi (nata Sharon O’Farrell) arrivando a casa alle quattro del mattino, trova Carmel nel suo soggiorno. Non la sorprende; faceva spesso di queste visite inaspettate “Sembra gli piaccia invadere il territorio di altre persone come un qualche virus strisciante.”
“Caro” gridai, correndo a baciarlo come si aspettava. “Vorrei il bastardo cascasse morto”, pensai mentre le nostre bocche s’incontravano.
“Un puttaniere dall’eiaculazione lenta?” chiese casualmente.
“Sì, Uno di quegli scienziati che lavorano in quel posto nel deserto che dobbiamo tutti far finta di non sapere che esista. Uno scoppiato.”
“Voleva qualcosa di speciale?” chiese Carmel rapidamente. “L’hai fatto pagare extra?” A volte pensavo veramente di vedergli i dollari negli occhi.
“No,” dissi, “voleva solo una scopata. Ma dopo non voleva lasciarmi andare. Continuava a blaterare.” Sbadigliai, guardando intorno la bella mobilia e i bei quadri; ero riuscita ad avere tutto in sfumature di rosa e lillà, veramente bello, se quello stronzo non fosse stato seduto là sul divano come un topo morto di fame. Avevo sempre voluto delle cose belle e penso avrei potuto essere una specie di artista o designer se la mia fortuna non fosse sempre così poca. Cristo, chi aveva detto a Carmel che una maglia a collo alto blu poteva andare con un vestito marrone? Se non fosse per le
donne, opinione mia, gli uomini se ne andrebbero tutti in giro conciati così. Ecco cosa penso. Insensibili. Un mucchio di cavernicoli, o meander-thralls, o come si chiamano.
“Questo tipo aveva un sacco di pensieri” dissi prima che vecchia stecca di cioccolata potesse incominciare a interrogarmi su qualcos’altro. “È contrario alla fluorurazione dell’acqua potabile, alla chiesa cattolica e ai froci e pensa che la nuova pillola sia cattiva quanto la vecchia e che dovrei usare un diaframma, invece. Cristo, sa le dritte su tutto quello che c’è in giro, crede, e m’è toccato sentirmele tutte. Che tipo.” Carmel assentì. “Gli scienziati sono teste di minchia”, disse.
Mi sfilai il vestito da sopra la testa e lo appesi nell’armadio (era quello verde carino con i lustrini e il nuovo stile, dove i miei capezzoli escono da dei forellini; questa cosa è una tortura perché stanno sempre a contatto con qualcosa e diventano irritati, ma fa arrapare i tipi e, come dico sempre, è quello il nome del gioco in questa figlia di puttana di città, l’unica maniera di farne tanti, è andare fuori, ragazza, e vendersi la fica) e poi afferrai alla svelta la mia vestaglia prima che il caro bobo pompino decidesse che era ora per il suo bocchino settimanale. “Ha una bella casa, però” dissi per distrarre il bastardo. “Non deve vivere là alla base, è troppo importante per regole e regolarità. Bella da guardare, voglio dire. Mura di sequoia e decorazioni arancio bruciato, sai? Carina. La odia, però. Si comporta come pensasse che sia infestata dal conte Frankenstein o roba così. Continuava a saltar su e a camminare su e giù, come se stesse cercando qualcosa che gli avrebbe staccato la testa con un morso se solo lo avesse trovato.” Decisi di lasciare la vestaglia un po’ aperta in cima. Carmel era o arrapato, o voleva qualcos’altro e qualcos’altro con lui, significa generalmente che pensa ti sei tenuta dei soldi. Lui e la sua maledetta cintura. Naturalmente, certe volte con quella divento tutta strana per un attimo, e immagino sia come quando gli uomini vengono, l’orgasmo, ma non vale la pena, credetemi. Sarà vero che certe donne lo hanno nei rapporti? Sarà proprio vero? Non credo. Non ho mai conosciuto nessuno nella professione che venga, per un uomo, solo da Rosa Palmo e dalle sue cinque sorelle, a volte, e se nessuna di noi ci riesce, come fa qualche dolce mogliettina cara-cara ad averlo?
“Microspie”, disse Carmel, tutto astuto e intelligente, preso nella sua solita routine di dimostrare che era più sveglio di chiunque altro sulla terra. Non sapevo di che cazzo parlasse.
“Cosa vuoi dire, microspie?” chiesi. Era meglio che parlare di soldi.
“Il puttaniere” disse con un sorriso da sapientone. “È importante, hai detto. E così, casa sua ha delle microspie. Probabilmente continua a toglierle e l’Fbi continua a tornare e a metterne di nuove. Scommetto era molto silenzioso mentre scopavate, giusto?” Annuii, ricordando.
“Vedi. Non sopportava l’idea di quei federali all’ascolto dall’altra parte del filo. Proprio come Mal, un tipo che conosco nel syndacate, il cartello delle organizzazioni criminali. Ha così paura delle microspie che non tiene discussioni d’affari altro che nel bagno del suo appartamento d’albergo con tutti e quattro i rubinetti al massimo e noi due che bisbigliamo. L’acqua corrente impedisce il funzionamento di una microspia più che suonare musica a tutto volume sulla radio, per qualche ragione scientifica.”
“Microbi” dissi all’improvviso. “Ecco cos’era.” L’altro tipo di microbi. Mi stavo ricordando di Charley che delirava sulla fluorurazione dell’acqua. “E siamo tutti classificati come matti, perché qualche pazzo di destra quindici o vent’anni fa disse che la fluorurazione era un complotto comunista per avvelenarci. Ora, chiunque critichi la fluorurazione dev’essere fuori di testa quanto il Lampo di Dio. Buon Dio, se qualcuno volesse farci fuori senza sparare un colpo, potrei...” e si trattenne, nascose qualcosa che era quasi arrivata a manifestarsi sul suo viso, e finì come se il suo cervello stesse camminando su un piede solo, “potrei farti vedere una dozzina di cose in qualunque libro di chimica, più efficienti del fluoro”. Ma non stava pensando a sostanze chimiche, stava pensando a quei piccoli microbi, germi è la parola, ed è quello a cui stava lavorando. Sentivo quel flash che mi viene sempre quando leggo qualcosa in un puttaniere, come se aveva più soldi addosso di quello che aveva detto, o aveva beccato la moglie a cosce aperte col lattaio e lo faceva per andare in pari o che era veramente un frocetto e stava solo provando a se stesso che non era un frocetto. “Mio Dio,” dissi, “Carmel, ho letto di quei microbi nell’‘Enquirer’. Se succede un incidente laggiù, tutta la città parte, e lo stato anche e chissà quanti altri stati. Gesù, per forza continuava a lavarsi le
mani! “
“Guerra batteriologica?” disse Carmel, pensando con rapidità.
“Dio, scommetto questa città pullula di spie russe che cercano di sapere cos’è che fanno laggiù. E io ho un canale diretto per loro.
Ma come diavolo si fa a incontrare una spia russa o cinese, se è per quello? Non puoi mica mettere un annuncio sul giornale. Diavolo.
Forse, se andassi all’università e parlassi con qualcuno di quegli studenti comunisti del cazzo...”
Ero scioccata. “Carmel! Non puoi vendere il tuo paese così!”
“Col cazzo non posso. La statua della libertà è solo un’altra pollastra che manderei a battere. Non essere scema.” Infilò nella tasca della giacca e prese una caramella come faceva sempre quand’era eccitato. “Scommetto che qualcuno nella mafia saprà. Sanno tutto.
Cristo, ci deve essere un modo di guadagnare da questa storia.”
La trasmissione televisiva dal vivo del presidente venne mandata in onda in tutto il mondo alle 22 e 30 ora della costa orientale del 31 marzo. A russi e cinesi vennero date ventiquattro ore per andarsene da Fernando Poo o i cieli sopra Santa Isobel avrebbero iniziato a far piovere missili nucleari. “Questo è dannatamente serio,” disse il capo dell’esecutivo, “e l’America non eluderà la propria responsabilità verso il popolo amante della libertà di Fernando Poo”.
La trasmissione terminò alle 23.00, e in due minuti la gente che tentava di prenotare treni, aerei, bus e auto verso il Canada intasò completamente ogni linea telefonica nella nazione.
A Mosca, dove erano le dieci del mattino seguente, il premier convocò una conferenza e disse schiettamente: “Quel tipo, a Washington è un malato di mente, e fa sul serio. Tirate fuori da Fernando Poo i nostri uomini immediatamente, poi trovate chi è stato ad autorizzare l’invio laggiù e trasferitelo come sovrintendente di una centrale idroelettrica nella Mongolia esterna.”
“Non abbiamo nessun uomo a Fernando Poo,” disse funereo un commissario, “gli americani si stanno di nuovo inventando storie”.
“Be’, come diavolo ritiriamo degli uomini se non li abbiamo là per cominciare?” chiese il premier.
“Non lo so. Abbiamo ventiquattr’ore per trovare un modo, oppure...” il commissario citò un vecchio proverbio russo che significa, all’incirca, che quando gli escrementi dell’orso polare interferiscono con la cinghia della ventola, il macchinario si surriscalda.
“Mettiamo d’annunciare il ritiro delle nostre truppe” suggerì un altro commissario. “Non possono dire che mentiamo se non ne trovano, dopo.”
“No, non credono mai niente di quel che diciamo. Vogliono che gli venga mostrato,” disse pensosamente il premier. “Dovremo infiltrare di nascosto delle truppe e poi ritirarle con un mucchio di fanfara e di pubblicità. Dovrebbe funzionare.”
“Ho paura che non concluderebbe il problema” disse funereo un altro commissario. “Il nostro spionaggio riferisce che ci sono truppe cinesi là. A meno che Pechino non si ritiri verremo presi in mezzo quando le bombe iniziano a volare e...”, citò un proverbio a proposito dell’uomo all’incrocio quando si scontrano due autocarri di letame.
“Maledizione”, disse il premier. “Che accidente vogliono i cinesi da Fernando Poo?”
Era innervosito, ma parlò lo stesso con autorità. Era, infatti, caratteristico del miglior tipo di maschio dominante nel mondo in questo periodo. Aveva cinquantacinque anni, era duro, astuto, scevro dalle complicate ambiguità etiche che tormentano gli intellettuali, e aveva deciso molto tempo prima che il mondo era un bastardo figlio di puttana nel quale solo i più astuti e privi di scrupoli possono sopravvivere. Era anche gentile per quanto possibile a uno che sostenesse quella filosofia ultradarwiniana; e amava genuinamente bambini e cani, a patto non fossero sul luogo di qualcosa che doveva essere bombardato nell’interesse nazionale. Aveva ancora un certo senso dell’umorismo, nonostante il peso quasi divino del suo ufficio, e sebbene fosse stato impotente con sua moglie per quasi dieci anni adesso, nella bocca di una prostituta abile raggiungeva generalmente l’orgasmo in un minuto e mezzo. Prendeva pillole d’amfetamina per mantenersi in piedi nella sua sfiancante giornata di venti ore di lavoro, con il risultato che la sua visione del mondo era in un
certo modo spostata in una direzione paranoica, e tranquillanti per evitare di preoccuparsi troppo, col risultato che il suo distacco confinava alle volte con la schizofrenia; ma la maggior parte del tempo, la sua astuzia innata gli faceva reggere la realtà con le unghie. In breve, era molto somigliante ai leader di America e Cina.
E dopo essersi levato dalla mente Thomas Edison e le sue lampadine, Saul Goodman riguarda brevemente i primi otto memorandum, usando il lato logico e conservatore della sua personalità, trattenendo rigidamente le funzioni intuitive. Era un esercizio abituale per lui e lo chiamava espansione e contrazione: saltare nel buio per la connessione che deve esistere tra fatto uno e fatto due, poi lentamente tornare sui propri passi per controllarli.
I nomi e le frasi scorrono via, in rassegna: Fra Dolcino-1508-Roshinaya-Hassan-i-Sabbah-1090-Weishaupt-assassini-John Kennedy, Bobby Kennedy, Martin Luther King-il sindaco Daley-Cecil Rhodes-1888-George Washington...
Possibilità: (1) è tutto vero, esattamente come suggeriscono i memorandum; (2) è parte vero, parte falso; (3) è tutto falso, e non esiste alcuna società segreta che sia durata dal 1090 d.C. sino al giorno d’oggi.
Be’, non è tutto vero. Il sindaco Daley non ha mai detto “Ewige Blumenkraft” al senatore Ribicoff. Saul aveva letto, sul “Washington Post” una traduzione della tirata di Daley fatta da un lettore di labbra, e non c’era tedesco, sebbene ci fosse oscenità e antisemitismo.
Anche la teoria dell’impersonificazione Weishaupt-Washington aveva delle lacune - a quei tempi, prima della chirurgia plastica, l’assumere, senza farsi accorgere, l’identità di una figura molto conosciuta era particolarmente difficile da convalidare, nonostante l’evidenza circostanziale citata nei memo due forti argomenti contro la possibilità 1. I memo non sono tutti veri.
E la possibilità 3? Gli Illuminati potrebbero non essere una linea retta senza interruzioni dal primo reclutato dal vecchio Hassan-i-Sabbah fino alla persona che aveva piazzato la bomba a “Confrontation”; avrebbero potuto morire e giacere in ibernazione per un periodo, come il Ku Klux Klan tra il 1872 e il 1915; e avrebbero potuto passare attraverso simili scioglimenti e resurrezioni più di una volta, in otto secoli, ma collegamenti di un qualsiasi tipo, per quanto tenui, coprivano dall’Undicesimo al Ventesimo secolo, dal Medio Oriente all’Europa e dall’Europa all’America. L’insoddisfazione di Saul con le spiegazioni ufficiali di recenti assassini l’impossibilità di dare un senso razionale alla corrente politica estera americana e il fatto che anche storici, che disconoscevano con veemenza tutte le “teorie cospiratorie”, riconoscevano il ruolo cardine delle logge segrete massoniche nella Rivoluzione francese: tutto questo aggiungeva peso al rifiuto della possibilità 3. Inoltre, i massoni furono il primo gruppo, secondo almeno due dei memo, a essere infiltrato da Weishaupt.
La possibilità 1 è quindi senza dubbio esclusa, allora, e la possibilità 3 quasi certamente ugualmente non valida; la possibilità 2, perciò, è probabilmente la più corretta. La teoria nei memo è parzialmente vera e parzialmente falsa. Ma qual è, in essenza, la teoria e quali parti di essa sono vere e quali false?
Saul accese la pipa, chiuse gli occhi e si concentrò.
La teoria, in breve, era che gli Illuminati reclutavano persone attraverso varie “coperture”, li facevano passare attraverso una sorta di esperienza illuminante con la marijuana (o un estratto speciale della marijuana) e li convertivano in fanatici pronti a usare qualsiasi mezzo necessario per “illuminare” il resto del mondo. Il loro scopo, ovviamente, non è niente meno che la totale trasformazione dell’umanità stessa, lungo linee suggerite dal film 2001, o dal concetto del superuomo di Nietzsche. Nel corso della cospirazione, gli Illuminati, secondo gli accenni fatti da Malik a Jackson, stavano assassinando sistematicamente qualsiasi popolare figura politica che potesse interferire con il loro programma.
Saul pensò, improvvisamente, a Charles Manson39 e alla glorificazione di Manson fatta dai gruppi dinamitardi dei Weathermen e dei Morituri. Pensò alla popolarità della marijuana e dello slogan “con ogni mezzo necessario”40 presso la gioventù radicale contemporanea, anche al di fuori dei Weathermen. E pensò agli slogan di Nietzsche, “Siate duri... Tutto ciò che è fatto per amore è al
di là del bene e del male... Sopra la scimmia è l’uomo, e sopra l’uomo il Superuomo... Non scordatevi la frusta...” A dispetto della sua stessa logica, che aveva provato che la teoria di Malik era solo parzialmente vera, Saul Goodman, un liberal da sempre, provò improvvisamente un sussulto di terrore tipicamente di destra verso la gioventù moderna.
Ricordò a se stesso che Malik pareva pensare che la cospirazione emanasse principalmente da Mad Dog e laggiù era terra del Lampo di Dio. Il Lampo di Dio non aveva alcun affetto per la marijuana, per la gioventù o per i toni decisamente anticristiani della filosofia degli Illuminati.
Inoltre, le fonti di Malik erano solo parzialmente degne di fede. E c’erano altre possibilità: gli shriner,41 per esempio, erano parte del movimento massonico, erano generalmente di destra, avevano i loro riti nascosti e segreti e usavano paramenti arabici che avrebbero ben potuto derivare da Hassan-i-Sabbah42 o dai roshinaya dell’Afghanistan. Chi potrebbe dire quali piani segreti venissero covati alle convenzioni shriner?
No, quello era il saltatore con l’asta intuitivo, di nuovo al lavoro nel lobo destro; e in questo momento Saul era occupato con il laborioso “logico” nel lobo sinistro.
La chiave del mistero stava nell’ottenere una definizione più chiara dello scopo degli Illuminati. Identifica il cambiamento che stavano tentando di ottenere, nell’uomo e nella sua società, e sarai capace d’indovinare, almeno approssimativamente, chi sono.
Il loro scopo era la dominazione inglese del mondo ed erano borsisti rhodes, secondo i bircher. Quell’idea, sarebbe stata bene con la fantasia dello stesso Saul sulla cospirazione mondiale shriner. E allora, cos’altro? Gli Illuminati italiani, sotto Fra Dolcino, volevano ridistribuire la ricchezza, ma i banchieri internazionali, menzionati nella lettera a “Playboy”, presumibilmente desideravano continuare a possedere le proprie ricchezze. Weishaupt era un “libero pensatore” secondo la Britannica, come pure Washington e Jefferson, ma Sabbah e Gioacchino da Firenze erano evidentemente eretici mistici rispettivamente delle tradizioni islamica e cristiana.
Saul tirò su il nono memo, decidendo di ottenere altri fatti (o presunti fatti) prima di analizzare oltre, e allora lo colpì.
Qualunque cosa gli Illuminati stessero cercando di realizzare, non era ancora stata ottenuta. Prova: se lo fosse, non starebbero ancora cospirando in segreto.
Dal momento che quasi tutto era stato tentato nel corso della storia umana, trova quello che non è stato provato (almeno non su larga scala), e quella sarà la condizione verso la quale gli Illuminati stanno tentando di spostare il resto dell’umanità.
Il capitalismo era stato provato. Il comunismo era stato provato. Anche la “tassa singola” di Harry George era stata provata, in Australia. Fascismo, feudalesimo e misticismo erano stati provati.
L’anarchia non era mai stata provata.
L’anarchia era frequentemente associata con gli assassini. Era attraente per i liberi pensatori, quali Kropotkin43 e Bakunin,44 ma anche per idealisti religiosi come Tolstoj45 e Dorothy Day del Movimento dei lavoratori cattolici. La maggioranza degli anarchici sperava, alla Gioacchino, di ridistribuire la ricchezza, ma Rebecca gli aveva parlato, una volta, di un classico della letteratura anarchica, L’Io e il suo doppio di Max Stirner,46 che era stato chiamato “la Bibbia del miliardario”, poiché enfatizzava i vantaggi che l’individualista impervio avrebbe ricevuto da una società senza stato, e Cecil Rhodes era un avventuriero, prima d’essere un banchiere. Gli Illuminati erano anarchici.
Tutto s’incastrava: i pezzi del rompicapo scivolarono assieme senza scosse.
Saul era convinto.
Aveva anche torto.
“Toglieremo le nostre truppe da Fernando Poo “ disse il presidente del Partito comunista cinese il primo aprile. “Un posto di quelle dimensioni non vale una guerra mondiale.”
“Ma non abbiamo truppe là, gli disse un consigliere, “sono i russi che le hanno”.
“Oh?” il presidente citò un proverbio che più o meno diceva che c’era dell’orina nell’acqua di rose. “Mi chiedo: che diavolo vogliono i russi da Fernando Poo?” aggiunse pensosamente.
Era innervosito, ma parlò lo stesso con autorità. Era, di fatto, caratteristico del miglior tipo di maschio dominante nel mondo in questo periodo. Aveva cinquantacinque anni, era duro, astuto, scevro dalle complicate ambiguità etiche che tormentano gli intellettuali, e aveva deciso molto tempo fa che il mondo era un bastardo figlio di puttana nel quale solo i più astuti e privi di scrupoli possono sopravvivere. Era anche gentile, per quanto possibile a uno che sostenesse quella filosofia ultradarwiniana e amava genuinamente bambini e cani, a patto non fossero sul luogo di qualcosa da bombardare nell’interesse nazionale. Aveva ancora un certo senso del l’umorismo nonostante il peso quasi divino del suo ufficio, e sebbene fosse stato impotente con sua moglie per quasi dieci anni adesso, nella bocca di un’abile prostituta generalmente raggiungeva l’orgasmo in un minuto e mezzo. Prendeva pillole di amfetamina per mantenersi in piedi nella sua sfiancante giornata di venti ore lavorative, col risultato che la sua visione del mondo era in un certo senso spostata in una direzione paranoica, e tranquillanti per evitare di preoccuparsi troppo, col risultato che il suo di stacco alle volte confinava con la schizofrenia; ma la maggior parte del tempo, la sua innata astuzia gli faceva reggere la realtà con le unghie. In breve, era molto somigliante ai leader di Russia e America.
(“È non è solo un peccato contro Dio,” grida il signor Mocenigo “ma ti attacca anche i germi”. È il 1950, inizio di primavera su Mulberry Street, e il giovane Charlie Mocenigo spalanca occhi terrorizzati. “Guarda, guarda,” continua furioso il signor Mocenigo, “non credere a tuo padre. Vedi cosa dice il dizionario, guarda, guarda la pagina. Qui, vedi. ‘Masturbazione: autopolluzione’. Lo sai che significa autoinquinamento? Lo sai quanto durano quei germi?” E in un’altra primavera, nel 1955, Charles Mocenigo, un genio introverso, pallido e magro, s’iscrive per il suo primo semestre al Mit47 e, arrivato alla casella sul questionario che dice “religione”, scrive in precise lettere maiuscole, ATEO. Ha letto con attenzione Kinsey e Hirschfeld e quasi tutti i trattati sessuologici orientati biologicamente, ignorando gli psicanalisti e altri ciarlatani non scientifici, e l’unico residuo visibile di quel terrore adolescenziale è l’abitudine di lavarsi le mani frequentemente quando è teso, che gli guadagnò il soprannome di “saponoso”.)
Il generale Talbot guarda con pietà verso Mocenigo e punta la pistola alla testa dello scienziato...
Il 6 Agosto 1902, il mondo produsse il suo normale raccolto di nuovi umani, tutti programmati per agire più o meno ugualmente, tutti contenenti variazioni minime dello stesso Dna di base; di questi, approssimativamente 51.000 erano femmine e 50.000 maschi, e due dei maschi, nati nello stesso secondo, avrebbero giocato un grande ruolo nella nostra storia e seguito carriere in un certo senso simili e ascendenti. Il primo, nato sopra una stalla economica da noleggio nel Bronx, a New York, si chiamava Arthur Flagenheimer, e all’altra estremità della vita parlò molto commoventemente di sua madre (come pure di orsi e marciapiedi e di zuppa di fagioli franco-canadese48); il secondo, nato in una delle più fini tra le vecchie case di Beacon Hill49 a Boston, si chiamava Robert Putney Drake e, all’altra estremità della sua esistenza, pensò piuttosto duramente di sua madre... ma quando i sentieri del signor Flagenheimer e del signor Drake s’incrociarono, nel 1935, venne formato uno degli anelli che portarono all’incidente di Fernando Poo.
E nel presente, più o meno, 00005 venne richiamato per incontrare W. nel quartier generale di un certo dipartimento dell’“Intelligence” britannica. La data era il 17 marzo, ma essendo inglesi, né 00005 né W. pensarono al buon san Patrizio; parlarono, invece, di Fernando Poo.
“Gli yankees” disse W. schiettamente, “stanno sviluppando prove secondo cui cinesi o russi, o entrambi, sarebbero dietro a questo porco di nome Tequilla y Mota. Naturalmente, anche se fosse vero, al governo di sua maestà non importerebbe un fico secco; che ce ne frega se un granello d’isola come quella diventa rossa? Ma conosce gli yanks, 00005, sono pronti ad andare a una guerra sulla questione, anche se non l’hanno ancora annunciato pubblicamente.”
“La mia missione,” chiese 00005, le deboli linee di crudeltà intorno alla bocca che si trasformavano in un sorriso molto attraente, “è saltar giù a Fernando Poo e scoprire la vera politica di questo Tequilla y Mota e se è rosso rovesciarlo prima che gli yanks facciano saltare il mondo?”
“Questa è la missione. Non possiamo avere una maledetta guerra nucleare proprio quando la
bilancia dei pagamenti è quasi aggiustata e il Mercato comune inizia finalmente a funzionare. Al lavoro, quindi, immediatamente. Naturalmente, se verrà catturato, il governo di sua maestà dovrà sconfessare ogni conoscenza delle sue azioni.”
“Pare finisca sempre così”, disse ironicamente 00005. “Vorrei che per una volta mi desse una missione dove il maledetto governo di sua maestà mi stesse dietro se mi ritrovo nei casini.”
Ma 00005, naturalmente, stava solo facendo dello spirito; quale leale suddito, avrebbe seguito gli ordini in qualunque circostanza, anche se questi avessero richiesto la morte di ogni anima su Fernando Poo e la sua con loro. Si alzò, nella sua caratteristica maniera elegante e s’incamminò verso il suo ufficio, dove iniziò i preparativi per la missione a Fernando Poo. Il suo primo passo fu di consultare il suo block-notes personale di viaggio mondiale, cercando il bar di Santa Isobel che si avvicinasse di più nel servire un Martini decente e il ristorante che più probabilmente potesse preparare un’aragosta Newburg sopportabile. Con orrore, non c’era né un bar né un ristorante del genere. Santa Isobel era priva di stile.
“Cazzo,” mormorò 00005, “questa qui sarà un po’ spessa”.
Ma si rallegrò rapidamente, poiché sapeva che Fernando Poo sarebbe stata almeno equipaggiata con branchi di femmine mulatte o color caffé e tali donne erano per lui il Sacro Graal. Inoltre, s’era già fatto una sua teoria su Fernando Poo: era convinto che BUGGER, Blowhard’s Unreformed Gangsters Goons & Espionage Renegades,50 una cospirazione internazionale di criminali doppiogiochisti, guidata dal misterioso e nefasto Eric “il rosso” Blowhard, fosse dietro a tutto la storia. 00005 non aveva mai sentito parlare di Illuminati.
Difatti, 00005, nonostante i suoi capelli scuri pettinati all’indietro, i suoi occhi penetranti, il viso bello e crudele, lo snello corpo atletico e la sua capacità di penetrare qualsiasi femmina e defenestrare qualsiasi maschio nell’esercizio delle sue funzioni, non era realmente un agente segreto ideale. Era cresciuto leggendo i racconti di Ian Fleming51 e un giorno, all’età di ventuno anni, si guardò allo specchio, decise che era tutto quello che un eroe di Fleming doveva essere e iniziò una campagna per entrare nel gioco delle spie. Dopo quattordici anni di sepoltura burocratica, finalmente arrivò a uno dei servizi di spionaggio, ma era molto più il tipo di organizzazione squallida e incapace nella quale Harry Palmer aveva speso le sue ciniche giornate, che non un covo di bondità. Nondimeno, 00005 fece del suo meglio per restaurare e rendere tanto più attraente l’intera scena e, forse perché Dio protegge gli sciocchi, non era riuscito a farsi uccidere in nessuna delle missioni sempre più bizzarre che gli venivano affidate. Le missioni erano tutte strane, all’inizio, perché nessuno le prendeva sul serio. Erano tutte basate su voci incredibili che dovevano essere controllate nel caso ci fosse qualcosa di vero in esse, ma più tardi si capì che la particolare schizofrenia di 00005 era molto adatta a certi problemi reali, proprio come lo schizoide del tipo più introverso è ideale come agente “dormiente”, dal momento che poteva facilmente dimenticare quello che convenzionalmente veniva considerato come il suo vero sé. Naturalmente, nessuno aveva mai preso BUGGER seriamente e, dietro le spalle, l’ossessione di 00005 con questa organizzazione era argomento di grande umorismo interdipartimentale.
“Per meraviglioso che sia stato, “ disse MaryLou “era un po’ pauroso “.
“Perché?” chiese Simon.
“Tutte quelle allucinazioni. Pensavo di essere sul punto di impazzire.” Simon accese un altro joint e glielo passò. “Che tifa pensare, anche in questo momento, che fossero solo allucinazioni?” chiese.
ROCK ROCK ROCK TILL BROAD DAYLIGHT
“Se quello era reale, “ disse ferma MaryLou, “tutto il resto nella mia vita è stato un ‘allucinazione. “ Simon sorrise. “Adesso, “ disse con calma, “stai arrivando al punto”.