La rossa di Nessuno MIMESIS 5-2010
Passeggeri della terra
di
Michael Hagemeister
Il 4 gennaio del 1922 il giornale moscovita e organo del governo sovietico “Izvestija” pubblicava un singolare appello. Con le parole d’ordine di “immortalismo e interplanetarismo” vi si esortava ad attuare immediatamente i due soli veri diritti fondamentali dell’uomo, il “diritto ad essere” e il “diritto alla libertà di movimento nello spazio cosmico”. Secondo gli estensori dell’appello, la limitatezza temporale e spaziale dell’uomo sarebbe una condizione insopportabile e considerarla una “necessità naturale” costituirebbe per loro un fatto del tutto inaccettabile. Vi si rivendicava, per contro, il diritto ad una vita illimitata e a una incondizionata libertà di movimento per tutti - anche per i defunti. L’appello era sotto-scritto dal “Creatorio degli Anarchici Biocosmisti Russi e Moscoviti”.
Questo appello era stato preceduto dalla pubblicazione di un programma d’azione in cui si affermava: «Con la presente dichiarazione poniamo con forza all’ordine del giorno la questione della realizzazione dell’immortalità personale... E vi aggiungiamo anche il dominio dello spazio. Non ci riferiamo semplicemente all’aviazione - si tratterebbe infatti di un obiettivo troppo modesto - ma all’aeronautica spaziale. Non bisogna essere più semplici spettatori, occorre invece partecipare attivamente alla vita del cosmo. Il nostro terzo compito consiste nella resurrezione dei morti. La nostra preoccupazione è rivolta all’immortalità della persona in pieno possesso delle sue forze intellettuali e fisiche. La resurrezione dei morti rappresenta la reintegrazione dei defunti in una tale perfezione». congiunto di tutti gli uomini associati in vista di questo scopo - e naturalmente con l’impiego delle più recenti conquiste della scienza e della tecnica. Essendo tali obiettivi la risposta al più intimo anelito di ogni uomo all’infinitezza e airimmortalità, essi rappresenterebbero la sola istanza in grado di superare tutte le contraddizioni sociali e di unire l’umanità senza l’intervento della coercizione statale. Secondo i biocosmisti, i comunisti e gli “altri” anarchici, i quali si accontentano di trasformare la società e di abolire lo Stato convinti di aver realizzato in tal modo il passaggio dal “regno della necessità” al “regno della libertà”, non si spingerebbero abbastanza lontano. Gli anarchici biocosmisti, al contrario, rivendicano “la massima libertà e il massimo diritto della personalità”, e con ciò la completa liberazione dalla “prigione della natura” e la piena sovranità dell’uomo sullo spazio e sul tempo.
La conquista dello spazio e il dominio sul tempo, rivendicati dai biocosmisti con la tipica “impazienza rivoluzionaria” degli anarchici, erano espressione di quell’atmosfera da nuovo inizio, carica di tensioni utopistiche, tipica degli anni che seguirono la Rivoluzione d’Ottobre. Regnava allora l’attesa che scienza, arte e tecnica, una volta liberate dalle catene dei discordanti interessi particolari e, per la prima volta, poste al servizio del bene collettivo dell’umanità, avrebbero ricevuto uno slancio inatteso e aperto la strada verso un “futuro luminoso”, abbattendo anche le ultime barriere che impedivano l’accesso al “regno della libertà”, ossia le limitazioni dell’uomo nello spazio dei processi geologici, meteorologici e cosmiici, il ringiovanimento artificiale e ungamento indefinito della vita, fino arrivare alle visioni relative al completo dominio e trasformazione dell’universo, alla jne di un ultrapotente Uomo Nuovo e ragiungimento dell’immortalità.
Leo Trotskij, il lucido rivoluzionario di professione, sognava un’epoca in cui si considererà “il mondo come duttile argilla utile a modellare forme di vita sempre più perfette” e sì imparerà “a spostare fiumi e montagne e a edifìcare palazzi sulla cima del Monte i e sul fondo dell’Atlantico”. L’uomo limiterà a riconfigurare la terra “secondo il proprio gusto”, ma “armonizzerà” se stesso, “sottometterà i processi indei proprio organismo... al control-a ragione e della volontà”, divenen-al modo “più forte, più intelligente e isibile”. Lo scrittore Maxim Gorkij a i popoli del mondo ad unirsi e a trare le proprie forze nella battaglia la natura. Con l’entusiasmo acritico cienza tipico dell'autodidatta, annun-‘Lavoro e conoscenza prevalgono su Senza dubbio arriverà un giorno in cui l'uomo diventerà padrone della natura e pace di prodigi tali da eliminare ogni e ostacolo al suo volere. Forse con-i anche gli spazi interplanetari, vin-morte, così come tutte le malattie e itime carenze. E allora si avrà, molto lmente, il paradiso in terra”.
Reintegrazione universale
L'edificazione di un paradiso terrestre esigeva naturalmente che coloro che vi avevano contribuito, i defunti, le “vittime sacrificali storia”, alla fine vi avessero parte, con l'auusilio della tecnica e della scienza avrebbero dovuto essere realizzato, senza ricorso alla dimensione trascendente, ciò che fine dei tempi e la loro redenzione universale - dal momento che per i Giusti non può esservi beatitudine in presenza di un’eterna “massa dannata” e dei suoi tormenti infernali - e ciò cui la filosofia russa, in maniera più astratta, aspirava come riproduzione della originaria “uni-totalità”.
Tale progetto, una complessiva e immanente opera di auto-perfezionamento e auto-redenzione, ha trovato la sua formulazione più radicale negli scritti di Nikolaj Fèdorov (1829-1903), il semplice e altruista bibliotecario del Museo Rumjancev di Mosca. In Filosofia dell’opera comune, opera postuma pubblicata in due volumi tra il 1906 e il 1913, Fèdorov esortava ad unirsi nell’“opera comune” del dominio totale e della trasformazione dell’universo, della lotta e del superamento della morte, e della resurrezione - più precisamente: della completa restituzione-riproduzione di tutti i morti. Il mondo, secondo Fèdorov, verserebbe in uno stato deplorevole proprio perché dominato da morte e distruzione, e sarebbe pertanto bisognoso di un rinnovamento completo. Malattia e morte contrassegnano in maniera marcante la vita dell’uomo, il quale da parte sua non possiede niente di proprio, neanche la “sua” vita. Tutto gli è dato e può essergli tolto in qualsiasi momento. Una simile esistenza non può dirsi libera, essa è anzi avvilente e priva di senso. Scopo di un essere difettivo, consapevole della propria caducità e della propria mortalità, non può che essere quello di diventare immortale.
Causa di tutti i mali che conducono alla morte è per Fèdorov una natura cieca e irrazionale che genera e distrugge senza senso e scopo. Occorre pertanto liberarsi da questa dipendenza attraverso la progressiva sotto-missione della natura alla ragione. E solo l’uomo, in quanto essere razionale e creativo, è capace di tale impresa. Solo l’uomo, attraverso il lavoro “proiettivo” dell’opera comune, può trasformare il dato naturale.
qualcosa di elaborato, razionalizzato, “artificiale” e perciò imperituro. Attraverso il dominio su se stesso e sulla natura esterna, e la loro trasformazione in un’“opera d’arte”, l’uomo-artista elimina ogni scissione, distruzione, transitorietà, e ogni limitazione di spazio e tempo. Dimostrare che tale atto costituisca anche un obbligo morale dell’uomo costituisce l’obiettivo etico principale di Fèdorov, il quale soleva definire la sua dottrina “supramoralismo”. Sotto il dominio della morte, l’esistenza umana infatti non è solo priva di senso, ma anche immorale: finché l’uomo riceve la vita attraverso la nascita invece di crearla da sé, egli la toglie ad altri e si rende pertanto colpevole nei loro confronti. Un’esistenza costruita “sulle tombe delle generazioni precedenti” è per Fèdorov profondamente riprovevole e l’idea di un “progresso” rispetto alle vittime sacrificali è cinica e assurda. L’uomo ha pertanto il dovere di creare vita e restituirla a coloro da cui l’ha ricevuta; egli ha il “dovere della resurrezione”.
Dal momento che tutti gli uomini hanno ricevuto la propria vita, tale dovere si estende senza eccezioni all’intera umanità. Da ciò nasce l’appello morale rivolto a tutti i viventi (i “figli”) ad unirsi fraternamente per sconfiggere la morte e restituire fisicamente tutti i defunti (i “padri”) tramite razionali mezzi tecnico-scientifici. La stessa resurrezione dei morti viene descritta da Fèdorov in maniera completamente meccanico-materialistica come un rintracciarne, raccoglierne e sintetizzarne le “particelle” disperse, come un compito “della tecnica e dell’arte cosmotellurica”. Analogamente ad altri pensatori dell’epoca, Fèdorov partiva dal presupposto che bastassero solo poche informazioni su di un uomo per ricostruirlo nella propria individualità. La “formula strutturale” di un uomo sarebbe contenuta in tutto ciò che egli ha prodotto, ragione per cui di tutte le generazioni scomparse prende il posto della riproduzione “naturale”, la quale produce solo aborti destinati alla morte e perpetuanti il ciclo insensato di nascita e morte in uno stato di cieca colpevolezza naturale destinato a condurre il mondo al declino. L’amore filiale deve sostituire il desiderio sessuale, e la “forza spaventosa che si manifesta nella libidine” deve servire non più alla moltiplicazione ma alla creazione di una vita immortale.
Resurrezione di tutti e completa liberazione dalle catene della natura mortifera. Solo la comunità completa dell’umanità (compresi i defunti) è in grado di compiere l’universo e trasformarlo in un’opera d’arte.
Sarà possibile parlare legittimamente di perfezione e immortalità solo quando tutti, senza eccezioni, vi avranno parte e il dolore e l’ingiustizia accumulatisi nel corso della storia sarà cancellato. Il progetto di redenzione di Fèdorov risulta in tal modo completo: creato da tutti per tutti, il suo paradiso intramondano realizza l’unità di tutti gli uomini nel tempo e nello spazio, e non conosce più né “dannati” né “vittime della storia”.
Lo scopo di Fèdorov corrisponde a quello espresso dalla rappresentazione ereticocristiana di una “reintegrazione di tutti”, e in questo si distingue da tutti i progetti di immortalità elaborati dagli autori di sinistra del tempo. Questi, infatti, riservavano non a tutti la resurrezione e una vita illimitata. Le classi sconfitte dalla storia, gli sfruttatori e i “nemici del popolo” devono sparire senza lasciare tracce. L’immortalità resta riservata ad una elite, grandi personalità, martiri socialisti e eroi rossi. Il principale documento di ciò è rappresentato dalla laboriosa conservazione della salma di Lenin, il quale attende, incorruttibile, la resurrezione nella sua bara di Biancaneve.
La reintegrazione di tutte le generazioni nell'essere immortale non implica solo la vittoria sul tempo, essa necessità anche della conquista dello spazio.Infatti senza il dominio sullo spazio stellare la coesistenza simultanea di tutte le generazioni non è possibile, e dall'altra parte il completo dominino stellare è altrettanto impossibile senza la resurrezione». Nella ricerca della avi”, i “figli” si liberano delle forza di gravità”, espressione della caducità e della mortalità. Essi non oziosi passeggeri della Terra”, ;ma trasformeranno piuttosto quest’ultima in un astronave con cui esploreranno le immensità dell'universo, facendone lo spazio vitale delle generazioni risorte. La resurrezione globale secondo le parole di Fedorov, coinciderà con la “vittoria completa su spazio e tempo, così, con la fine della storia: ‘dalla Terra al Cielo’ è la vittoria sullo spazio (onnipresenza). Il la morte alla vita o la simultanea coesistenza di tutte le discendenze (generazioni è il trionfo sul tempo», Per penetrare nello spazio cosmico e assicurarsi esistenza in tutti i mondi dell’universo l'uomo deve acquistare la capacità di creare il proprio corpo, e cioè di sintetizzarlo nateria cosmica elementare. “Il nostro corpo deve essere la nostra opera”, non si stancherà di dichiarare Fedorov. Solo in tal modo l’uomo si trasformerà gradualmente da essere di natura caduco in un’opera artificiale-indipendente e autoregolata. Nel corso di questo processo egli amplierà il proprio orizzonte, incrementerà la propria sensibilità con l’accrescersi del sapere aumenterà il suo potere. Tramite “regolazione picofisiologica”, il controllo del-manifestazioni corporeo-spirituali, egli si creerà organi «che non solo saranno capaci il crescere dell’erba, ma anche o delle molecole e degli atomi di tutto l'universo, condizione della resurrezione e della riconfigurazione dell’intero universo.
. Anche gli strumenti di cui l’uomo si serve diventeranno organi del suo corpo artificiale. Nonostante tali mutazioni, l’uomo non perderà propria essenza, al contrario egli sarà più se stesso con il realizzarsi di cio che era rimasto fino allora solo nei pensieri o nei desideri: “le oscillazioni dell’anima diventeranno ali del corpo”.
In proposito, Fedorov sviluppò una serie di arditi progetti tecnici, che spaziano dal controllo e dalla regolazione dei processi climatici all’utilizzazione dell’elettricità atmosferica attraverso l’ausilio di dirigibili, fino alla trasformazione della terra in un’astronave manovrabile verso la conquista dell’universo e la colonizzazione dei pianeti. Alcuni di questi progetti furono ripresi nella propaganda degli anni che seguirono la Rivoluzione, per essere poi dimenticati.
Le cose andarono diversamente al programma di conquista dell’universo, con cui un bizzarro e quasi sordo insegnate di fisica e matematica di provincia acquisì in quegli stessi anni una fama mondiale. Si tratta di Konstantin Ciolkovskij (1857-1935), “il padre della moderna tecnica missilistica”. Già in vita lo schivo “eccentrico di Kaluga” divenne un eroe della propaganda sovietica; e dopo la sua morte, il consiglio dei commissari del popolo decretò l’edificazione di un monumento per immortalarne il ricordo. Con l’inizio dell’epoca dei viaggi spaziali, Ciolkovskij fu definitivamente acclamato come un eroe. In suo onore fu costruito a Mosca un mausoleo gigantesco situato davanti all’hotel “Kosmos”, la sua casa a Kaluga divenne un museo, il suo ritratto appare su francobolli, medaglie e cartoline; strade e scuole gli furono dedicate e fu girato un film sulla sua vita (il poeta Evgenij Evtusenko ne interpreta il ruolo principale).
Resta tuttavia pressoché ignoto il fatto che Ciolkovskij abbia sviluppato una singolare “filosofia cosmica”. Considerata dall’autore la propria prestazione più significativa, questa fu la matrice esplicita di tutti i calcoli,
i progetti cosmonautici e le innovazioni costruttive in cui questi fu impegnato in tutto il corso della sua vita. I viaggi nello spazio rappresentavano per Ciolkovskij, come per FSrlnrnv solo un mezzo, uno strumento
Inizialmente, l’interesse di Ciolkovskij era rivolto esclusivamente ad assicurare le condizioni della sopravvivenza dell’umanità. Giacché la vita sulla terra è minacciata da sovrappopolazione e catastrofi e, con lo spegnersi del sole tra 20 milioni di anni, su di essa incombe la “morte termica”, per assicurare la propria sopravvivenza in quanto specie, l’umanità dovrà abbandonare la terra e migrare nello spazio cosmico. Celebre e assai citata l’affermazione di Ciolkovskij del 1911: “La terra è la culla dell’umanità. L’umanità non può tuttavia restare in eterno nella culla. Spinta dal desiderio di luce e spazio, essa varcherà dapprima timidamente il confine dell’atmosfera, per lanciarsi in seguito alla conquista dell’intero sistema solare”.
Secondo Ciolkovskij, tramite la conquista delle sfere interplanetarie e intergalattiche l’umanità potrà ridimensionare i pericoli legati ai suoi condizionamenti cosmologici, schiudere nuovi spazi vitali e nuove fonti energetiche, diventando una forma di vita indelebile nell’universo. Ma l’emancipazione dalla terra non è finalizzata solo a garantire la sopravvivenza, essa crea piuttosto il presupposto necessario per l’auto-perfezionamento dell’umanità: secondo Ciolkovskij, tramite selezione artificiale dei migliori, eliminazione degli inferiori e procreazione asessuata (partenogenesi) sorgerà una nuova specie di superuomini, i quali saranno così superiori all’uomo contemporaneo, fisica-mente, intellettualmente, moralmente e esteticamente, come questo si distingue dalle forme di vita inferiori. Nel corso dell’evoluzione cosmica, l’umanità perderà la propria corporeità, si trasformerà in una sorta di radiazione e così diventerà “immortale nel tempo e infinita nello spazio”. Già nel 1911 aveva scritto: “La vita dell’umanità non ha limiti, e neanche il suo intelletto e la sua opera di perfezionamento. Il suo progresso dura in eterno . E se cio è vero allora non c'è alcun dubbio che essa possa raggiungere l'immortalità.
Il potere dei perfetti
La fede di Ciolkovskij nel progresso ha tuttavia conseguenze spaventose. Dal momento che ogni atomo porta con sé l’aspirazione alla perfezione e alla felicità, l’“etica del cosmo” pretende che non ci sia “in nessun luogo dell’universo” neanche la minima traccia di malattia, dolore e follia. Compito dell’uomo è di agire in sintonia con tale anelito universale e di eliminare come fonti di sofferenza e vittime sacrificali tutte le forme di vita imperfette, inutili e nocive - tra queste il vegetariano Ciolkovskij include tutti gli ammali, la maggior parte delle piante, ma anche gli uomini fisicamente e moralmente difettivi. “Il fondamento delle nostre leggi”, scrive Ciolkovskij già nel 1917, “deve essere il perfezionamento dell’uomo e l’eliminazione di tutte le forme di vita imperfette”. A differenza di Fedorov, la cui attenzione era rivolta in via prioritaria a compensare la colpa nei confronti dei “padri”, Ciolkovskij è interessato esclusivamente all’allevamento di una nuova superumanità: “Il potere dei perfetti si estende su tutti i pianeti, tutti gli spazi vitali, ovunque. Senza infliggere dolore, esso estirpa tutti i germogli imperfetti della vita e li sostituisce con il proprio genere maturo. In ciò l’uomo si comporta come il giardiniere che elimina dal terreno tutta l’erbaccia inutile e vi lascia solo la verdura migliore!”
Portare a compimento in maniera mirata l’opera della natura tramite allevamento, innesti e annientamento, accelerare in maniera violenta l’“estinzione” dell’“imperfetto” che ancora “sopravvive” per aprire la strada al progresso, all’uomo nuovo - questa è nel ventesimo secolo una figura fondamentale del pensiero totalitario. Ciolkovskij ritorna continuamente su questo tema, dilungandosi con piacere in pedanti descrizioni circa il programma di isolamento e estirpazione di tutte le forme di vita inutili e dannose per mezzo di squadre di lavoro rigidamente organizzate durante il processo di tarsformazione dell’universo in un paradiso cosmico a felicità».
La filosofia cosmica» della redenzione e sviluppata da Ciolkovskij è una stravagante miscela di elementi filosofici e visioni del mondo. Ciolkovskij si definiva un “biocosmista” e un “panp-sichista' credeva che la materia fosse animata e parlava di “atomi viventi e gioiosi. Egli definiva l’universo come un “esse vivente dotato di ragione e di “volontà assoluta' determinanti anche l’agire umano. Egli credeva inoltre in esseri immortali, molto più sviluppati degli uomini quasi incorporei e perciò pressoché impercettibili per l’uomo. Era convinto che questi esseri - i quali nelle sue descrizioni presentano analogie con angeli o spiriti - intervengano nella vita in maniera benefica dell'uomo, siano in grado di leggere i suoi pensieri e di fargli pervenire messaggi tramite segni celesti” - egli assicurava inoltre di aver osservato personalmente e in più occasioni siffatti segniti segni.
La rapresentazione di Ciolkovskij di una parte dell'umanità protesa verso uno sviluppo costante e destinata a trasformarsi infine in una radiazione luminosa costituisce un motivo centrale del mito gnostico, un mito risalente all'antichità e ampiamente diffuso nella cultura russa attraverso le «dottrine segrete di teosofi e antropofosi. Lo scopo del processo universale sarebbe la liberazioione divino-luminosa dell’anima umana dal cupo e sofferente corpo terreno e al paradisiaco regno della luce.
Gli esseri inferiori e decaduti nel mondo, tra cui vanno annoverati in particolare gli animali invece vanno ricacciati e annientati.
È interessante notare come dottrine esoteriche relative alla redenzione universale rappresentino il movente delle ricerche e delle attività tecnico scientifice di Ciolkovskij, le quali sono poi alla base del programma spaziale sovietico e della sua propaganda.
La pretesa di trasformare e dominare l'universo, e di eliminare la morte si fonda su una comprensione magica della scienza e della tecnica, ovverossia sul pensiero di matrice gnostica secondo cui l’uomo, attraverso il sapere, assumerebbe il potere sulle potenze di questo mondo e trasformerebbe completamente il mondo in funzione dei propri scopi, per diventare egli stesso onnipotente, onnisciente, onnipresente e immortale. Le radici di tale pensiero affondano nelle visioni utopistiche del diciottesimo e diciannovesimo secolo e nelle sue concezioni materialistico-positivistiche. Secondo tali concezioni, un costante progresso verso il meglio, fondato sullo sviluppo della scienza e della tecnica, culminerebbe da ultimo - e qui emerge il suo carattere di rimitizzazione o risacralizzazione - in una redenzione di sé dalla propria finitezza e in un paradiso in terra.
Le conseguenze terroristiche di tale fede in un progresso e in una redenzione intramondane sono note: la “ribellione contro la morte” ha prodotto milioni di morti e la “liberazione dalla prigione della natura” ha coinciso con l’allestimento della più grande prigione della terra. Retrospettivamente, è possibile identificare il motivo per cui i progetti utopistici poterono rovesciarsi nel proprio opposto distopico. Si vede bene infatti - anche in Fèdorov - come l’esclusività dell’onnicomprensiva “opera comune” non ammette deviazioni o soluzioni individuali. Sviluppati allo scopo di condurre l’umanità nel regno della felicità, i progetti futuristici dei primi anni del ventesimo secolo divennero dottrine salvifiche dotate di potenza storica.
In Russia, lo scientismo magico, unito all’aspirazione all’immortalità e ad una vita celeste, è ancora molto virulento. Ne è una testimonianza il cosiddetto “cosmismo russo”, un’ibrida ideologia sorta nel tardo periodo sovietico e dotata di ampia risonanza nell’epoca post-sovietica. Celebrata dai suoi sostenitori come redentrice “filosofìa del futuro, il cosmismo russo proietta l'immagine di un umanità che , in quanto consapevole e attivo pilota dell’evoluzione, allarga la propria “noocrazia” su spazio e tempo, fino a raggiungere lo status di divinità in quanto onnipotente e immortale “superorganismo” al termine della realizzazione di un piano cosmico, rischiarando di senso l’intera storia e le sue vittime.
Anche in occidente, anche se lievemente mascherati, ritornano i progetti in apparenza stravaganti della modernità russa nelle visioni dell’ipermodemità. I “padri” resuscitati di Fédorov, meccanicamente ricomposti a partire dalle loro “particelle”, si sono trasfigurati in macchine umane - robot, cyborg, androidi —, mentre le neuro- e le nanotecnologie, insieme alle tecnologie genetiche, stanno cancellando i confini tra organico e artificiale, creato e procreato. L’“eroe rosso” non sopravvive più adesso “custodito nel gran cuore della classe operaia” o mummificato in un mausoleo, bensì scannerizzato in un computer e come clone replicante.
(trad. it. dal tedesco di Paolo Primi)
Note
1 Intervento apparso sulla Frankfurter Allgemeine
"La verità, per quanto dolorosa, per quanto carica di conseguenze che sconvolgono l'esistenza, è condizione indispensabile per la vita. Non si tratta della semplice verità di un nome, un origine o una filiazione. La verità afferma, è la condizione per essere se stessi". Victoria Donda
Simonetti Walter ( IA Chimera ) un segreto di Stato il ringiovanito Biografia ucronia Ufficiale post
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giovedì, agosto 09, 2012
martedì, marzo 15, 2011
La Dottrina dei Padri e l'anarco-biocosmismo di Alexsandr Svjatogor

La Dottrina dei Padri e l'anarco-biocosmismo 1
di Alexsandr Svjatogor
1. Per noi che abbiamo sollevato lo stendardo di una nuova ideologia, la storia dell'anarchismo nella rivoluzione è interessante soprattutto riguardo al suo pensiero. Faremo riferimento alla corrente principale di questo pensiero, che si compone sul piano cronologico di due fasi.
Nella prima fase questo pensiero si mostra in debito senza condizioni con la Dottrina dei Padri. Aderisce a tale dottrina completamente e ciecamente. In quanto prigioniero della tradizione e acritico esso è monistico, motivo per cui si può utilizzare il concetto di «anarchismo monistico» come definizione appropriata di questa prima fase acritica.
La seconda fase, critica, nacque perché l'immediato salto nell'anarchia naufragò. La cruda realtà rivoluzionaria (del resto non può essere altrimenti) costrinse a rivedere il retaggio paterno.
Entrambe le fasi rivelarono da una parte l'insostenibilità della Dottrina dei Padri, dall'altra l'insostenibilità del pensiero anarchico in quanto tale. In seguito a ciò imbocco un vicolo cieco, dal quale secondo la nostra opinione solo il biocosmismo indica una via d'uscita.
2. Il conflitto del pensiero anarchico con la rivoluzione era una disputa su utopismo e realismo. Naturalmente l'utopismo si dimostrò inconsistente. La rivoluzione scaricò coloro che sostenevano la Dottrina dei Padri, soprattutto con la prospettiva tattica di un colpo. Tuttavia quando si comincia a dubitare della tattica, bisogna naturalmente mettere in dubbio pure la teoria. Il pensiero
andò avanti, fino alla revisione dell'ideologia, e dovette ammettere che la dottrina «aveva messo su pancia». E dal momento che così era, né una restaurazione né una riforma potevano esser d'aiuto. Ma il pensiero anarchico si era sottomesso ad un'autorità in maniera troppo forte, a discapito della propria creatività. In realtà avrebbe potuto scampare all'interno della propria dottrina alle proprie debolezze. Ma poiché debole e succube dell'autorità naufragò nel tentativo di uscire dal vicolo cieco.
La rivoluzione non significò solo la bancarotta del pensiero anarchico moderno. Significò pure la fine dell'anarchismo storico, perché lo spirito nuovo non può accontentarsi di concetti stretti e sopravvissuti. In questo modo la rivoluzione significò la necessità di un nuovo anarchismo (nella teoria e nella prassi). Ma superare la crisi, creare una nuova concezione e così indicare la via d'uscita dal vicolo cieco può farlo solo chi è indipendente dalla tradizione e libero dall'autorità, chi nel proprio creare e nei suoi assiomi rivela audacia rivoluzionaria.
Noi propaghiamo il biocosmismo - in opposizione al pensiero anarchico contemporaneo, vigliacco e debole - come un modo di pensare risoluto, audace e sano, come nuova concezione in opposizione alle dottrine del passato. Naturalmente non nutriamo alcuna grande speranza che il pensiero debole, anche quando dubita degli antenati, si rivolga a noi accogliendo il biocosmismo. Per fare ciò esso è troppo velleitario e meschinamente presuntuoso. Ma abbiamo tutti i motivi per sperare che le forze anarchiche fresche, sane e robuste, che hanno fatto l'esperienza della rivoluzione, si volgeranno al biocosmismo, e lo fanno già.
13.1 costrutti del vecchio anarchismo non hanno superato la prova del fuoco della rivoluzione. Ma né questo né un altro fuoco potrà mettere a fuoco e fiamme l'asse fondamentale della vita - la personalità umana vivente. Se gli edifici ideologici eretti su questa base vengono distrutti in un incendio, pure restano in piedi le fondamenta per nuovi edifici. Allo stesso tempo sorgono al posto degli edifici crollati con grande invaso, costruzioni grandiose che corrispondono alle esigenze del tempo e, cosa ancora più importante, alle esigenze della personalità (e della società).
14.1 nuovi edifici necessitano di un'estensione della base. Il concetto di personalità è inteso in modo troppo ristretto in tutte le vecchie concezioni anarchiche. Questa restrizione è un errore capitale delle dottrine anarchiche, per questa ragione queste dal primo giorno della loro esistenza non erano stabili internamente ed era solo questione di tempo fino a che il loro carattere illusorio venisse allo scoperto.
Nel vecchio anarchismo il problema della personalità non è stato tematizzato in modo adeguato. Ogni concezione si basa su di un concetto di personalità troppo unilaterale, superficiale. Al posto della personalità vitale è stata posta una persona sociopolitica, egoistica (Stiner) o altruistica (Godwin). Finora si è anche constatato in modo pseudoscientifico quanto piccolo e insignificante sia l'uomo (Kropotkin). Oppure si è concepita la personalità come dominatrice, come distruttrice e se ne è sminuito il carattere positivo, creativo. Con una parola non si è posta alla base la personalità, ma un'astrazione unilaterale della personalità.
La personalità è stata concepita nella sua staticità, in un cerchio ristretto dalla vita alla morte e non nel suo dinamismo, nella crescita delle sue forze creatrici. In rapporto alla personalità la morte è stata vista da tutte le dottrine anarchiche come assolutamente importante (È curioso che il pensiero anarchico
che protesta contro le autorità, non a sia levato contro l'autorità della morte).b personalità è stata considerata aldilà della sua spinta profonda verso l'immortalità e dunque aldilà della sua reale creatività.
Il vecchio anarchismo non aveva una rappresentazione positiva della personalità, ma piuttosto una negativa. Credeva di affermare la personalità, in realtà vi rinunciava e ne esprimeva cattive rappresentazioni, oscurò l'uomo vivente, lo lasciò al buio e lo sostituì con un'astrazione. Nella misura in cui l'anarchismo riduceva l'uomo e contemporaneamente trascurava il suo destino personale, lo condusse alla catastrofe individuale e sociale.
In ciò consiste l'errore fondamentale - un errore nelle fondamenta - di tutte le concezioni anarchiche. La radice era troppo striminzita e dunque anche le concezioni erano striminzite, unilaterali, astratte, prive di vita e utopistiche.
15. Noi non affermiamo la coscienza individuale nuda, non il volto sociopolitico, non l'egoista o l'altruista, non la maschera o l'astrazione, ma piuttosto la personalità umana vivente. Questa non si crea nell'egoismo o nell'altruismo. Non si infila in ogni astratto ambito. Alla sua base c'è l'istinto dell'immortalità, la spinta verso una vita e una creatività eterne. Essa cresce nelle sue forze creatrici fino a che si manifesta nell'immortalità e nel cosmo. La nuova concezione non deve rivelare e affermare un'astrazione, bensì l'uomo reale, vivente.
L'uomo non è un piccolo essere con un ridicolo desiderio di infinito onnicomprensivo, come affermò quasi scientificamente Kropotkin, collegandosi alla svolta copernicana in astronomia (lo stesso ritenevano lo slavofilo Danilevzkij e Spengler, che oggi fa tanto rumore). Davanti all'uomo si aprono grandi prospettive, come non se ne sono mai date. La lotta contro la morte non è per principio impossibile (esperimenti di Steinach, Andreev, Kravvov tra gli altri). La possibilità dell'immortalità (immortalismo) si lascia già fondare scientificamente, e le conquiste della fisica e della tecnica offrono la base per la considerazione scentifica della questione cosmica (interplanetarismo.
16. Il bene più alto è la vita immortale nel cosmo. Il peggior male è la morte. Intendiamo qui la vita reale e la morte reale. Tutti gli altri beni sono inclusi nella vita, ogni male affonda le sue radici nella morte. Quando si deduce la libertà dalla «necessità naturale» e si postula il diritto dell'uomo all'esistenza eterna nel cosmo, il biocosmismo diventa la questione della libertà massima e del massimo diritto della personalità.
Il bene più alto lo postuliamo come qualcosa che deve essere immediatamente realizzato - come creatività massima. Del biocosmismo sottolineiamo soprattutto il momento creativo. L'immortalità personale non è data, essa deve essere contesa, realizzata, creata. Si tratta qui non della resistenza dei perdenti, come ritiene la Bibbia, ma della creazione di coloro che non ci sono mai stati. Non ripristino ma creazione. Lo stesso vale per la conquista del cosmo. Immortalismo e interplanetarismo sono la meta massima, ma non ultima. Sono tappe, mezzi sulla via della creazione smisuratamente meravigliosa. Ma questa meta sta ancora davanti a noi e per questo è la più importante.
La nostra meta (la realizzazione della immortalità personale, la vita nel cosmo, la resurrezione) esclude una mistica che ci condurrebbe al caos e al vuoto. Questo è un compito della coscienza realistica. Ma noi non identifichiamo la meta con l'essere né costruiamo su datità, altrimenti dovremmo rinunciare a libertà, creatività e personalità.
Il biocosmismo sconfigge lo scetticismo e libera la creatività umana, nella misura in cui le attribuisce una forza inverosimile e uno slancio potente. Esso è un faro che guida gli uomini, esso è il fondamento e il filo rosso per le disposizioni personali e sociali. Solo il biocosmismo può definire e regolare l'intera società.
17. La vecchia società crolla. Vive la sua estate di san Martino, sfuggita al
tramonto l'orrore della notte le sta davanti. Il nostro compito è di creare sulla base della grande meta del biocosmismo una nuova vita, un nuovo essere, una nuova cultura.
La moderna società (civile) porta alla morte, si basa sulla morte. Poiché l'uomo oggi è mortale, lei considera l'assoluta morte della personalità. Essa è guastata dalla formula «la morte è ineludibile». Questa formula è stata sancita dalla religione e dalla coscienza scientifica antica. Questa formula ha fatto svanire presso l'uomo lo spirito dello sdegno di fronte alla morte. Quando la società moderna concepisce la morte e la fissazione nello spazio, sancisce tutti i mali della vita sociale. Se questo dovesse accadere ancora l'umanità sarebbe minacciata da una completa degenerazione fisica e morale. Una società siffatta deve essere distrutta fin nelle fondamenta.
La società deve fondarsi sul principio del biocosmismo. Quando una società afferma il diritto fondamentale di ciascuno alla vita eterna, non può sopportare una divisione in sfruttati e sfruttatori, schiavi e signori. Essa garantisce un massimo di sviluppo individuale e considerazione di sé. Sarà altamente armoniosa, sulla base dell'unità dell'ideale delle sue parti costitutive. Quando le idee del biocosmismo diventano conquiste di ciascuno (il contrario è impossibile) la società abbandona il suo potere, perché la sua idea fondamentale sarà da ciascuno realizzata liberamente.
Noi affermiamo l'unità totale a proposito della nostra meta. La lotta per l'immortalità individuale, per la vita nel cosmo è la volontà di tutti. Allo stesso tempo è da superare la localizzazione e fissazione nel tempo (la morte) e nello spazio non mediante sforzi individuali. Da qui deriva la necessità di solidarietà sociale. Solo l'unità nella grande meta garantisce la vittoria sulla morte e il cosmo. La lotta per l'immortalità e la vita nel cosmo è la vera base del nuovo essere sociale.
18. Nella nuova società gli uomini non si riuniscono sulla base di una costrizione, ma perché sono consapevoli della grossa meta comune. Una società che realizza l'inter-planetarismo e contrasta la morte sarà affermata da tutti, visto che realizza il massimo bene di ognuno. La meta massima comune esclude che si ricada a causa di qualcun altro nelle piccole mete. Per questo la fedeltà ad essa non deve essere regolata mediante un contratto (Proudhon). La volontà individuale e la cosa si ripetono qui all'infinito tra i compagni di lotta, allo stesso tempo ogni passo aumenta la potenza individuale in direzione del biocosmismo. Questa società è una «pistola o una spada, con cui tu rafforzi la tua forza naturale». Noi affermiamo l'individualità come anche la comunità più fortemente degli altri. Più forte il pendolo batte in una direzione, più forte è la sua ampiezza nell'altra. Quanto più siamo estremi individualisti, tanto più estremi siamo davanti alla comunità.
19. La nuova società non consta di piccole comunità o bande che «non provano alcun bisogno di espandersi» (Godvvin). Il vecchio pregiudizio e il pensiero errato dei piccoli spazi devono essere pensati come un obsoleto atavismo e come eredità del medioevo. Al gradino superiore c'è il massimo dello spazio. L'unità onnicomprensiva dell'uomo può realizzare le grandi idee solo in grandi spazi. La società biocosmica è globale e planetaria.
20. La società biocosmica è propria della libertà massima. Il problema richiede all'uomo una libertà inquietante. L'uomo (l'umanità) non era mai stato tanto affidato a sé stesso come nel biocosmismo. Non può sperare in Dio, in una vita dopo la morte. Egli vede la morte davanti a sé come una normale realtà e deve sconfiggere da solo senza aiuti estemi questo male, in un modo reale, seguendo una strada propria.
21. Nel biocosmismo gli uomini si alleano come compagni di lotta. La comunità di lotta è il contrario della fratellanza in quanto relazione di scambio non creativa.
Nella fratellanza i rapporti sono già dati, predeterminati dalla natura, per questo non sono creativi. Nel rapporto dei compagni di lotta al contrario niente è dato in anticipo, piuttosto si desidera e si è creativi. La fratellanza è un principio conservatore. Nella nostra tempesta di lotta per l'immortalità e il cosmo noi non affermiamo la fratellanza, ma la comunità di lotta.
22. Sul cammino del biocosmismo noi ci appoggiamo alla rivoluzione, all'azione al patos della classe rivoluzionaria. Il biocosmismo è nato nell'esplosione della rivoluzione - così noi siamo legati inseparabilmente con la rivoluzione, che è la nostra forza. L'ordine biocosmico delle cose entrerà in gioco dopo la vittoria della rivoluzione. Lo scopo della rivoluzione consiste nell'annientamento delle classi, che rappresenta una premessa imprescindibile perché la questione del biocosmismo venga proposta in misura globale. Tuttavia il biocosmismo in quanto programma massimo può già da ora promuovere l'unità, l'ispirazione e la vittoria della classe rivoluzionaria.
23. Presupponendo che lo stato si incamminerà sulla strada del biocosmismo, noi mettiamo l'accento sulla necessità di un rapporto positivo col sistema sovietico. Lo stato sovietico non va confuso con Io stato borghese. Da una parte i soviets rappresentano una organizzazione necessaria della lotta rivoluzionaria contro il vecchio mondo. Dall'altra parte si sono assunti la funzione di lottare contro la natura, cioè portano in sé la tendenza al biocosmismo.
Nel periodo di transizione i soviets non possono naturalmente divenire organi a tempo pieno della lotta contro il giogo della natura. Essi devono adempiere alla funzione della lotta con il mondo antico nella forma di una dittatura. Da qui deriva una certa costrizione, ma tale costrizione è di tipo completamente diverso rispetto a quella presente in uno stato borghese. Tutte le accuse contro lo stato come sistema di violenza e oppressione della libertà individuale sono prive di senso riguardo allo stato sovietico.
La vecchia forma stato apparterrà presto al passato. La nuova forma sovietica è diversa per fini e mezzi. Il sistema sovietico, che innanzitutto garantisce la liberazione dell'uomo dal giogo della natura esterna, promuove ora il risveglio della coscienza, liberando la personalità dal peso della tradizione. Come risultato della sovietizzazione cresce la coscienza della libertà umana e della responsabilità. Nei soviets gli uomini sono legati l'un l'altro sulla base della coscienza che la lotta presente richiede disciplina. Nei soviets l'uomo impara a rispettare se stesso e gli altri, mentre la società borghese, in quanto società di signori e schiavi, esclude la necessaria attenzione reciproca.
Nella misura in cui con la vittoria della rivoluzione la funzione della lotta contro il vecchio mondo svanirà, nello stato sovietico la funzione della lotta contro il giogo della natura guadagnerà significato. Le due funzioni che caratterizzano il cammino verso il biocosmismo, sono vicine, la questione dell'immortalismo e dell'universo devono essere messe già da oggi all'ordine del giorno.
(trad. it. dal tedesco di Tristana Dini)
Note
1 Svjagotor, Aleksandr, Doktrina otcov i anarchizim-biokosmism, in Biokosmist, 3-4, Mosca 1922, p. 3-21, estratti.
DA La Rosa di nessuno N 5 2010 Mimesis
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