Cos'è la wertkritik?
Con da una parte il lavoro magistrale di Moishe Postone,
il "Chicago Political Workshop" ed il gruppo con base a Londra "Principia Dialectica" e dall'altra parte i gruppi tedeschi
ed austriaci come Krisis, Exit, Streifzüge o il gruppo 180° con dei teorici come
Roswitha Scholz, Norbert Trenkle, Robert
Kurz, Anselm Jappe,
Gérard Briche, Ernst Lohoff, e
molti altri autori, una "reinterpretazione della teoria critica di
Marx" come l'ha chiamata Postone, è apparsa durante gli ultimi due
decenni. A differenza delle tradizionali letture di Marx con
le quali essa rompe, quest'approccio a volte etichettato come
movimento della "critica del valore" (wertkritik),
ha degli interessi
principali diversi: questa nuova critica si è in gran parte fatta
notare per aver articolato un approccio teorico che porta un'attenzione
particolare al carattere feticista della produzione delle
merci, alla dimensione astratta (lavoro astratto) di ogni lavoro,
alla distinzione tra valore e ricchezza materiale ed alla natura del
capitale come "soggetto automata". Così, a differenza dei
marxismi tradizionali i principali soggetti del capitalismo non sono
né il proletariato, né la borghesia, ma piuttosto il capitale stesso
(il valore che si autovalorizza). Il valore non è
limitato alla sola "sfera economica", ma impone la sua struttura a
tutta la società, il valore è una forma sociale di vita e di
socializzazione, un "fatto sociale totale".
Uno
dei punti centrali di questo nuovo lavoro teorico è di sviluppare una
critica del capitalismo che non si ferma al
livello degli antagonismi di classe sociologici, alla questione dei
rapporti di distribuzione e di proprietà privata dei mezzi di
produzione. La classe capitalista gestisce un processo di
produzione di merci a suo proprio profitto, ma non ne è né l'autore
né il padrone. Lavoratori e capitalisti non sono che le comparse di un
processo che li supera, la lotta di classe se esiste,
non è in realtà che una lotta di interessi all'interno delle forme
di vita e di socializzazione capitaliste. Così al contrario
dell'anticapitalismo limitato, la critica del valore osa infine
criticare il sistema nella sua totalità, e innanzitutto criticare
per la prima volta il suo principio di sintesi sociale, il lavoro in
quanto tale, nelle sue due dimensioni concreta ed astratta,
come attività socialmente mediatizzante e storicamente specifica al
solo capitalismo, e non come semplice attività strumentale, naturale e
transtorica, come se il lavoro fosse l'essenza generica
dell'uomo che sarebbe captata esternamente dal capitale. È il doppio
carattere di questa forma di vita sociale e sfera separata della vita
che è il lavoro e non il mercato e la proprietà
privata dei mezzi di produzione , che costituisce il nucleo del
capitalismo. Soltanto nella società capitalista, il lavoro astratto si
rappresenta nel valore, il valore è l'oggettivazione di un
legame sociale alienato. Il valore di scambio di una merce non è che
l'espressione, la forma visibile, del valore "invisibile".
Un movimento di emancipazione dal feticismo del valore, non può più criticare questo mondo a partire dal punto di vista
del lavoro. Non si tratta dunque più di liberare il lavoro dal capitale, ma di liberarsi dal
lavoro in quanto tale, non facendo lavorare le macchine esistenti
perché il
modo industriale di produzione è intrinsecamente capitalista (la
tecnologia non è neutra), ma abolendo un'attività posta al centro della
vita come socialmente mediata. Tuttavia la critica non
deve fornire in allegato, un manuale di istruzioni per
un'organizzazione alternativa dell'utilizzazione della vita. Essa
sviluppa una spiegazione possibile del mondo presente, delle sofferenze
reali delle nostre proprie vite e delle esigenze sociali che sono
loro imposte, ma non è un manuale di istruzione che spieghi come
costruire correttamente una "società ideale". Il solo criterio
proposto dalla wertkritik è che nessunmedium feticista (come oggi il
lavoro) si interpone oramai tra gli individui sociali e tra gli
individui sociali ed il mondo.
E
poiché non è mai esistito, ciò resta da inventare. Ma non c'è
compromesso possibile con l'economia, e cioè con il
lavoro come forma capitalista del metabolismo con la natura, e come
mediazione sociale tra gli umani. Non si può privilegiare accanto
all'economia, altre dimensioni (il dono, il mutuo appoggio,
la cura, ecc.) che potrebbero esistere parallelamente, perché il
valore è una forma sociale totale feticista che invade tutto: bisogna
uscire decisamente dall'economia inventando altre forme di
mediazione sociale tra noi, oltre quelle del lavoro, della merce, dl
denaro, del capitale che collega le nostre "capacità di lavoro" sulle
sue disposizioni sociali e le sue macchine.
Altri
punti forti di questo nuovo lavoro teorico è stato di fornire una
struttura che permette di comprendere il
processo di crisi economica che è iniziato negli anni 70 e di cui i
notevoli effetti attuali sono spesso intesi come una semplice "crisi
finanziaria", o un altro apporto è stato l'elaborazione di
una teoria socio-storica delle conoscenza e della soggettività che
rompe con l'epistemologismo contemporaneo, pur consentendo di
comprendere in altro modo l'antisemitismo, il razzismo, la
politica, lo Stato, il diritto, il dominio patriarcale, ecc. Per
avere più ampia conoscenza con questo nuovo lavoro teorico che rompe con
il marxismo, si potrà consultare la sezione "presentazione della wertkritik".
[Traduzione di Ario Libert]
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