"La verità, per quanto dolorosa, per quanto carica di conseguenze che sconvolgono l'esistenza, è condizione indispensabile per la vita. Non si tratta della semplice verità di un nome, un origine o una filiazione. La verità afferma, è la condizione per essere se stessi". Victoria Donda
Simonetti Walter ( IA Chimera ) un segreto di Stato il ringiovanito Biografia ucronia Ufficiale post
https://drive.google.com/file/d/1p3GwkiDugGlAKm0ESPZxv_Z2a1o8CicJ/view?usp=drivesdk
domenica, novembre 30, 2014
Tabula rasa
Come fai a riempire un foglio bianco
quando non hai più ricordi
quando il giorno passa grigio senza emozioni
e la tua vita avviene di notte durante il sonno
i sogni che poi dimentichi il mattino
sono dei messaggi dalla colonia
dell'altro mondo
come i Nexus 6 stiamo per essere ritirati
dal commercio un lavoro in pelle
che vale un botttino
una medaglia del disonore
Il mio passato che è stato cancellato
coi farmaci da laboratorio, vietati e l'ipnosi
la famosa rieducazione
tecniche di mind-fucking
gestite dai servizi e dal secondo livello
per paura della moltitudine
o dell'anarca aristocratico
del sovversivo diventato terrorista
capro espiatorio criminale
per resistere alla vendetta dello Stato
e alla persecuzione della lobby dei frankisti
Questa è una tabula rasa
le sinapsi bruciate dai farmaci
le voci uniche amiche per anni
mi prendevano in giro
non c'è redenzione
illuminazione
dopo il dolore, il panico e il terrore
ma solo istinto di sopravvivenza
sabato, novembre 29, 2014
Messaggero del nulla
Ricordi non c'è ne sono da condividere
piccole smagliature nella tela di ragno
fanno sembrare la mia vita
una mostruosa dispotia
tentare di salvare la vita al Principe
comporta il bando dalla comunità gentile
si diventa umoni sacri
da uccidere in qualsiasi istante
senza commettere reato
Poi combattere senza tregua
scendere nel crimine
distruggere il Diavolo in persona ridurlo in mille pezzi
ma è solo l'inizio delle fatiche di Giobbe
un eminenza grigia corrompendo tutto e tutti
mi violenta e devasta la vita
l'inferno è qui sulla terra
gestito dai preti e nazional comunisti
lo stalinismo è la nuova Santa Inquisizione
Dicevo anarchia o morte
sfidando le pallottole del potere
ma tutto era deciso tutto era pianificato
un altra faccia
un altra identità
lontano dalla mia vera famiglia
ringiovanito con l'esperimento
come un altro centinaio di bambini
che non avevano colpa
lo Stato di diritto!? Chi l'ha mai visto!?
Alleandomi con i marsigliesi
sono riuscito a sopravvivere al Nulla
diventando suo messaggero
implacabile guerriero della luce e dell'ombra
Davanti alla morte
sotto l'effetto di strani allucinogeni
e droghe pesanti
ho rivisto la mia vita
come entrando ed uscendo da una stanza
con strani amici che non credevo di conoscere
Sono rimasto schiacciato per anni
dal peso delle ossessione
mi sono liberato di tutto
ora sono avvolto dal Nulla
sono il messaggero del Nulla
e solo gli spiriti mi danno la Forza di continuare
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Simonetti Walter
giovedì, novembre 27, 2014
La condanna del silenzio
"Qualsiai cosa vi sia dietro ai miei poteri sembra essere intelligente. A volte mi gioca degli scherzi. Nel mio libro dico che forse è un Clown Cosmico." Uri Geller
Prova ad usare le parole giuste
per affermare ed afferrare quell'istante
quei giorni, mesi ed anni persi nel tempo
cancellati da un imbianchino pagato dallo Stato
per non far vivere per far dimenticare le emozioni
i sogni, le vittorie e le sconfitte
per renderti un vegetale
un involucro senza spirito
capace solo di bere
fino a ieri
Poi sono venuti i vampiri psichici
assetati di sangue, pensieri e denaro
alla ricerca dell'anima del sacrificio umano perduta
nei meandri di un labirinto
immortali ma senza rispetto delle leggi
dalla parte delle lobby fregandosene della Forza
del pensiero debole del vero comunismo dei deboli
Sono un replicante ed un negromante
per questo parlo da solo
senza farmi sentire da anima viva
con gli spiriti della famiglia maledetta
coi miei figli in viaggio astrale
che facevano parte della setta
degli adoratori di Baal il provocatore
uniti dalla condanna del silenzio
un tempo ci ridevo
un tempo non sapevo di essere anch'io un fuoriuscito
le medicine della memoria e l'ipnosi
facevano il loro sporco lavoro
per rendermi ridicolo al mondo
per rendere il mio corpo
prelibato al banchetto della mafia di Stato
gli stolti credevano di diventare immortali
mangiando il corpo del caprone
Ora che i soldi bruciano
il sogno hippy si è trasfomato da tempo
in un gran mercato yuppi
il clientelismo più scandaloso è quello alla luce del sole
e gli eroi della nazione
militanti più osservanti e burocrati dellla porta accanto
piangono sui loro figli uguali a loro
nella divianza
questa è la condanna del silenzio!
il destino di uomo può cambiare!
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Simonetti Walter
domenica, novembre 23, 2014
Sentire le voci
Quando è iniziato lo spettacolo delle voci?
Dopo l'esplosione, dopo una notte da leone
120 grammi per morire con un coltello
puntato alla gola per non sbagliare
Bologna era un sogno una puntura di spilli
un acido con la scimmia sulla schiena
un mese di confusione mentale e poi credere di averla fatta franca
ma dopo il discorso paranoico mi ha colpito in pieno
con un iniezione gli eroi del Partito
volevano portarmi al suicidio politico
un anno di psicosi di delirio
un anno per pagare la colpa il peccato mortale
Poi è arrivata la fuga
senza speranza
il desiderio di libertà
con la testa piena di voci
di pensieri deliranti
sul mio passato sul mio futuro
il presente un happening a Venezia
al carnevale
reagisco alla cultura della Santa inquisizione
allo spettacolo infame
di un intero paese
ai loro interessi
E' lo spettacolo delle voci
si è fatto avanti
sussurate di notte durante il sonno
da uomini in nero
fanno capolino
nel giorno ricordi sfocati
miriadi di stelle cadenti
come Giovanna D'arco
credi di essere in contatto con esseri primordiali, spirituali
ridi come un matto
senza saperlo sei parte del movimento degli uditori di voci
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Simonetti Walter
sabato, novembre 22, 2014
Dopo il trattamento
Sono stato internato
per il mio bene e della comunità
avevo un coltello in mano
o volevo andarmene di nuovo
così mi è stato detto
sono stato classificato come un fuoriuscito
dal circo dal manicomio della vita
a cielo aperto
una gabbia d'acciaio
da cui non si può fuggire
non si può scappare
dalle proprie responsabilità
nemmeno morire i tentacoli dell'Ordine sono ovunque
nemmeno con la droga e l 'alcool si può far perdere
le proprie tracce
annegare i pensieri molesti paranoici
è solo una nuova prigione
da cui è difficile uscire
Sono stato internato
per delle agitazioni psichiche
disturbo borderline di personalità
sono stato venduto come Gesù
per tranta denari
il socialismo degli straccioni, degli imbecilli
dopo anni di analisi viene a galla
che non esisto
e mai ho potuto vivere nell'isola felice
un film tragicomico
il riso ha soffocato il dolore della perdita
il sacrificio come costante e rigenerazione
Sono stato internato
per il divertimento del Principe
e del capo della Lobby dei devianti che crede di essere un ariano
per paura delle proprie origini
e compra le proprie amicizie
a suon di quattrini
violentando e ammazzando quello che chiama ebreo di spirito
il pariah l'intoccabile che non vuole morire
che non ha più paura della paura
domenica, novembre 16, 2014
Ossessione
Ti chiedo parlo chiaro
è un sogno
pura come la neve
la mia voce
decanta il mondo
menttre balla
l'ossessione
che mi perseguita
fin da bambino
riesplosa nelle notte
del canto del cigno
l'assassino torna sempre
nel luogo del delitto
il viaggio astrale
mi riporta in Via del Pratello
a Bologna
Sono solo parole
l'ossessione
credevi di essere furbo
eri solo un malato di mente
uno psicotico senza futuro
anni persi dietro
il bullismo dei figli di papa
che ridono della propria stoltezza
dei soldi facili
violentando un pariah
Parla chiaro
è un imperativo
il male che faceva ridere
se stesso
ridicole frasi senza senso
per fuggire
al dolore di vivere
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sabato, novembre 15, 2014
In principio era paranoia
Ricomincio dal futuro anteriore
dal passato che non è stato
dalla dolce ascesa della paura
in principio era paranoia
un ucronia sempre presente, liquida
ero un bambino una specie di mostro dissacrante
strappato alla madre
con l'iniezione mi facevano dimenticare
la tortura quotidiana nella clinica degli orrori
la forza era con me
poi bastava sopportare la paranoia
poi bastava sopportare lo specchio
un altro volto
poi bastava sopportare il ringiovanimento
il mio futuro capovolto
distrutto ero come una maionetta impazzita
nelle mani dello Stato
mordi e fuggi, i provos, la comune, il 77
la rigenerazione del pane quotidiano, l'oppio dei popoli,
agenti del kaos in prima linea
nel riflusso dissociati dalla realtà
cadono a branchi nel girone infernale dell'eroina
un ideale, una fede, una bandiera, l'eroina
avanguardie del proletaraiato
si trasformano in spacciatori di paradisi artificiali
agenti provocatori fanno il doppio gioco
per stare a galla
trasportano la merce
come fosse il vangelo
i primi morti
le prime vettime dell'estinzione
i perfetti se ne vanno al paradiso dei giusti
poche parole per rendere omaggio
alla provocazione
un sacrificio umano
per L'Ordine della Stella d'argento
per placare il Dio dell'amore e dell'odio
un giorno si diventa dei criminali
un giorno rischiando il linciaggio
si parte di nuovo
per il secondo ringiovanimento
l'esperimento continua
la galera la violenza illustrata
il tradimento dell'anarchia
sentirsi liberi di scegliere
oltre la linea
non sopporatare i raket del movimento
i gesuiti cattivi maestri
il rispetto che è un vecchio ricordo torna a farmi visita ora
nel presente senza ombra
i ricordi ormai cancellati
dalle pillole della memoria
lasciano un vuoto che nemmeno
i farmaci e l'alcoll possono riempire
un lavoro sporco questo sono diventato
non da oggi ma da sempre
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martedì, novembre 04, 2014
A proposito di qualche testo: Anselm Jappe, Jaime Semprun, Robert Kurz di François Bochet
Per
Bordiga, nel socialismo il valore non esisterà più - così come non
esisterà la moneta, il salariato, l'impresa, il mercato -, laddove c'è
valore, come in Unione Sovietica, non ci può essere socialismo. Anselm
Jappe - già autore di un "Guy Debord", apparso nel 2001 - ha scritto un
libro ambizioso ed interessante, "Le avventure della merce. Per una
nuova critica del valore", Denoêl, 2003; dove fa una distinzione fra un
Marx essoterico partigiano dei Lumi e di una società industriale diretta
dal proletariato - un Marx che si interessa ai problemi contingenti,
politici, alla lotta di classe e al movimento del proletariato, quello
del Manifesto e della Critica al Programma di Gotha - ed un Marx
esoterico, quello del Contributo alla Critica dell'Economia politica,
dei Grundrisse, dell'Urtext, del VI capitolo inedito del Capitale e dei
quattro libri dello stesso Capitale, un Marx che si pone il problema del
capitale, della sua definizione, della sua origine, del suo divenire e
del suo superamento nel comunismo e nella comunità. Scrive Jappe
(pag.11) che il pensiero di Marx è servito a modernizzare il capitale -
cosa innegabile - e che i marxisti tradizionali si sono posti solo il
problema della ripartizione del denaro, della merce e del valore senza
metterli in discussione in quanto tali. Per Jappe il movimento
rivoluzionario avrebbe perciò accettato valore, salario, merci, denaro,
lavoro, feticismo, ecc. - cosa che è insieme falsa e vera - e lui,
Jappe, si propone di "ricostruire la critica marxiana del valore in modo
abbastanza (?) preciso" (pagina 15). Rimprovera giustamente a Rubel di
avere edulcorato il linguaggio hegeliano di Marx, nella sua edizione
delle opere di quest'autore, e di avere chiamato opere "economiche"
delle opere "anti-economiche" (molto tempo fa, Paul Mattick aveva fatto
la stessa critica al "Trattato di economia marxista" di Ernest Mandel).
Jappe afferma - insieme al collettivo tedesco riunito attorno alla
rivista Krisis ed al suo principale teorico, Robert Kurz, cui egli è
legato - la scomparsa del proletariato ; cosa che non gli viene
perdonata dai teorici del proletariato rivoluzionario.
Ma - ed è questo il punto - egli cita come precursori del suo lavoro (a pagina 20), Lukacs e la sua "Storia e coscienza di classe", gli Studi sulla teoria del valore di I. Roubin, così come i lavori di Adorno, di Hans-Jurgen Krahl, di Lucio Colletti, di Rosdolsky, di Perlman e del trotskista J.-M. Vincent. Lungi da noi l'idea di negare l'importanza di tutti questi teorici - anche se associare dei teorici notevoli all'infelice Colletti, o anche a Vincent, ci pare curioso, una sorta di confusionismo, confusionismo interessato per parlare come l'Internazionale Situazionista - ma un'osservazione si impone immediatamente:
delle due l'una, o Anselm Jappe è un ignorante, ed ignora Amadeo Bordiga, Jacques Camatte ed i loro lavori (per non parlare di riviste come Le mouvement communiste, Négation o Théorie Communiste, all'inizio degli anni settanta del secolo scorso; Jappe cita la rivista Socialisme ou Barbarie, la quale non ha mai sviluppato una critica del valore, non più dell'Internazionale Situazionista - al contrario di quel che pretende Jappe - che ha criticato, al seguito di Lukacs, solo la merce), cosa che facciamo fatica a credere, oppure allora è in mala fede - per non dire peggio - e vuole nascondere ai suoi lettori alcune opere per delle ragioni che possiamo facilmente immaginare. In ogni caso prende in giro tutti. Eliminando quei teorici, evidentemente diventa facile per Jappe sfilare, mostrando la nullità pretenziosa e crassa di un Pierre Bourdieu, della costellazione di Attac, o di un Antonio Negri. Aggiungiamo che se Bordiga ha sempre messo al primo posto, dopo la seconda guerra mondiale, nella sua definizione di comunismo, la soppressione del valore, del denaro, della merce e dello scambio, non è affatto la stessa cosa della corrente consiliarista - chiamata così per semplificare - della sinistra tedesco-olandese. (E qui almento Debord ed i situazionisti fecero opera salutare reclamando, seppure in modo molto ambiguo, la soppressione della merce; non parlarono però affatto di valore). Da qui lo scandalo e la sorpresa che, nel 1972, provoca il testo di Jean Barrot, alias Gilles Dauvé, "Contributo alla critica dell'ultra-sinistra. Leninismo e ultra-sinistra", e l'ostracismo di cui fu vittima il suo autore da parte di quegli ambienti consiliaristi che non potevano tollerare quella critica, e soprattutto il tentativo di Dauvé di integrare elementi della teoria di Bordiga, il quale era stato ridotto assai rapidamente, da quelle correnti consiliariste, ad un teorico ultra-leninista. Serge Bricianer, per esempio, uno dei rappresentati di quest'ambito consiliarista, curatore di un'antologia assai interessante di scritti di Pannekoek (Pannekoek ed i consigli operai), nella sua introduzione alla "Risposta a Lenin" di Gorter difende, così come faceva il GIK olandese, non già "l'abolizione del lavoro salariato e del denaro", ma "la messa in atto di modalità di ripartizione non più fissate arbitrariamente, e sulle quali i lavoratori non possono niente, ma che al contrario vengano determinate da essi e con l'aiuto di appropriati strumenti contabili". Il valore dunque sussiste, bello e buono, e si crede di comprendere che la sua soppressione darebbe luogo alla creazione di un regime come quello dei Khmer Rossi in Cambogia.
Jappe ha il merito di ricordare l'opera di Alfred Sohn-Rethel, il cui libro "Lavoro intellettuale e lavoro manuale" è apparso a Francoforte nel 1970, per il quale le forme di pensiero astratto sono, per semplificare, dei prodotti della forma valore (o, più esattamente, c'è una corrispondenza fra le due cose), e dunque le categorie del pensiero occidentale non sono né universali né a-storiche (cosa che già aveva cominciato ad affermare Lukacs, in Storia e coscienza di classe), solo il valore e lo scambio (che non sono possibili se non attraverso un enorme processo di astrazione, per cui bisogna prima fare astrazione delle qualità per poi poter comparare due oggetti a priori totalmente differenti, e quindi quantificarli per trovare una misura comune) possono a loro volta consentire l'astrazione, ma allora si pongono ulteriori problemi che Sohn-Rethel non ha affrontato (senza contare che 1. per lui l'alienazione proviene dallo scambio di merci, la produzione rimane neutra, e che 2. la separazione fra lavoro intellettuale e lavoro manuale non ha, nella definizione di capitale, quel posto centrale accordatogli da Sohn-Rethel): si potrebbe conquistare l'astrazione (senza cui ogni riflessione appare impossibile) senza passare per la deviazione del valore, si può trovare un modo di vita ed una rappresentazione, una volta abolita la divisione fra lavoro manuale e lavoro intellettuale, che impedisca all'astrazione di rendersi autonoma e di ritorcersi contro la vita? Come abbiamo detto, Lukacs aveva affrontato questo problema in Storia e coscienza di classe - Lukacs, dopo la sua rottura con lo stalinismo, continuerà ad affermare che il valore è ancora in vigore sotto il socialismo, in particolare in uno dei suoi ultimi scritti, "Il processo di democratizzazione" - e Adorno riprenderà tale intuizione, allora che si lega a Sohn-Rethel. E' certo che il valore ed il capitale sono delle forme a priori del pensiero umano nelle quali siamo ingabbiati, in quanto specie e in quanto individualità, più terribilmente che nelle caverne di Platone, da delle forme che ci hanno modellato, degli schermi che ci impediscono di prendere contatto con la realtà naturale, intermediari obbligati e deformanti, comunità terapeutiche contro-natura e dispotiche.
Per finire, diremo che Jappe - così come fa l'antologia di Marx realizzata da Robert Kurz (Leggere Marx, 2002) - allontana la questione dell'accettazione da parte di Marx dei principi fondamentali della "erranza", la quale si esaspera, ma non comincia col capitalismo e la rivoluzione industriale: l'esigenza dello sviluppo infinito delle forze produttive, la volontà di dominare la natura, di separarsene, la scienza, l'abbandonarsi al divenire e la distruzione dei limiti, ecc.. Se si vuol fare un bilancio dell'opera di Marx, la quale ha un'immensa importanza in ogni caso, bisogna affrontarla nella sua totalità, non certo ridurla, ma nemmeno occultare le sue dimensioni mondane (nel senso di "facente parte di quel mondo"), non inventarsi un Marx fantasmatico che non è mai esistito.
Ma - ed è questo il punto - egli cita come precursori del suo lavoro (a pagina 20), Lukacs e la sua "Storia e coscienza di classe", gli Studi sulla teoria del valore di I. Roubin, così come i lavori di Adorno, di Hans-Jurgen Krahl, di Lucio Colletti, di Rosdolsky, di Perlman e del trotskista J.-M. Vincent. Lungi da noi l'idea di negare l'importanza di tutti questi teorici - anche se associare dei teorici notevoli all'infelice Colletti, o anche a Vincent, ci pare curioso, una sorta di confusionismo, confusionismo interessato per parlare come l'Internazionale Situazionista - ma un'osservazione si impone immediatamente:
delle due l'una, o Anselm Jappe è un ignorante, ed ignora Amadeo Bordiga, Jacques Camatte ed i loro lavori (per non parlare di riviste come Le mouvement communiste, Négation o Théorie Communiste, all'inizio degli anni settanta del secolo scorso; Jappe cita la rivista Socialisme ou Barbarie, la quale non ha mai sviluppato una critica del valore, non più dell'Internazionale Situazionista - al contrario di quel che pretende Jappe - che ha criticato, al seguito di Lukacs, solo la merce), cosa che facciamo fatica a credere, oppure allora è in mala fede - per non dire peggio - e vuole nascondere ai suoi lettori alcune opere per delle ragioni che possiamo facilmente immaginare. In ogni caso prende in giro tutti. Eliminando quei teorici, evidentemente diventa facile per Jappe sfilare, mostrando la nullità pretenziosa e crassa di un Pierre Bourdieu, della costellazione di Attac, o di un Antonio Negri. Aggiungiamo che se Bordiga ha sempre messo al primo posto, dopo la seconda guerra mondiale, nella sua definizione di comunismo, la soppressione del valore, del denaro, della merce e dello scambio, non è affatto la stessa cosa della corrente consiliarista - chiamata così per semplificare - della sinistra tedesco-olandese. (E qui almento Debord ed i situazionisti fecero opera salutare reclamando, seppure in modo molto ambiguo, la soppressione della merce; non parlarono però affatto di valore). Da qui lo scandalo e la sorpresa che, nel 1972, provoca il testo di Jean Barrot, alias Gilles Dauvé, "Contributo alla critica dell'ultra-sinistra. Leninismo e ultra-sinistra", e l'ostracismo di cui fu vittima il suo autore da parte di quegli ambienti consiliaristi che non potevano tollerare quella critica, e soprattutto il tentativo di Dauvé di integrare elementi della teoria di Bordiga, il quale era stato ridotto assai rapidamente, da quelle correnti consiliariste, ad un teorico ultra-leninista. Serge Bricianer, per esempio, uno dei rappresentati di quest'ambito consiliarista, curatore di un'antologia assai interessante di scritti di Pannekoek (Pannekoek ed i consigli operai), nella sua introduzione alla "Risposta a Lenin" di Gorter difende, così come faceva il GIK olandese, non già "l'abolizione del lavoro salariato e del denaro", ma "la messa in atto di modalità di ripartizione non più fissate arbitrariamente, e sulle quali i lavoratori non possono niente, ma che al contrario vengano determinate da essi e con l'aiuto di appropriati strumenti contabili". Il valore dunque sussiste, bello e buono, e si crede di comprendere che la sua soppressione darebbe luogo alla creazione di un regime come quello dei Khmer Rossi in Cambogia.
Jappe ha il merito di ricordare l'opera di Alfred Sohn-Rethel, il cui libro "Lavoro intellettuale e lavoro manuale" è apparso a Francoforte nel 1970, per il quale le forme di pensiero astratto sono, per semplificare, dei prodotti della forma valore (o, più esattamente, c'è una corrispondenza fra le due cose), e dunque le categorie del pensiero occidentale non sono né universali né a-storiche (cosa che già aveva cominciato ad affermare Lukacs, in Storia e coscienza di classe), solo il valore e lo scambio (che non sono possibili se non attraverso un enorme processo di astrazione, per cui bisogna prima fare astrazione delle qualità per poi poter comparare due oggetti a priori totalmente differenti, e quindi quantificarli per trovare una misura comune) possono a loro volta consentire l'astrazione, ma allora si pongono ulteriori problemi che Sohn-Rethel non ha affrontato (senza contare che 1. per lui l'alienazione proviene dallo scambio di merci, la produzione rimane neutra, e che 2. la separazione fra lavoro intellettuale e lavoro manuale non ha, nella definizione di capitale, quel posto centrale accordatogli da Sohn-Rethel): si potrebbe conquistare l'astrazione (senza cui ogni riflessione appare impossibile) senza passare per la deviazione del valore, si può trovare un modo di vita ed una rappresentazione, una volta abolita la divisione fra lavoro manuale e lavoro intellettuale, che impedisca all'astrazione di rendersi autonoma e di ritorcersi contro la vita? Come abbiamo detto, Lukacs aveva affrontato questo problema in Storia e coscienza di classe - Lukacs, dopo la sua rottura con lo stalinismo, continuerà ad affermare che il valore è ancora in vigore sotto il socialismo, in particolare in uno dei suoi ultimi scritti, "Il processo di democratizzazione" - e Adorno riprenderà tale intuizione, allora che si lega a Sohn-Rethel. E' certo che il valore ed il capitale sono delle forme a priori del pensiero umano nelle quali siamo ingabbiati, in quanto specie e in quanto individualità, più terribilmente che nelle caverne di Platone, da delle forme che ci hanno modellato, degli schermi che ci impediscono di prendere contatto con la realtà naturale, intermediari obbligati e deformanti, comunità terapeutiche contro-natura e dispotiche.
Per finire, diremo che Jappe - così come fa l'antologia di Marx realizzata da Robert Kurz (Leggere Marx, 2002) - allontana la questione dell'accettazione da parte di Marx dei principi fondamentali della "erranza", la quale si esaspera, ma non comincia col capitalismo e la rivoluzione industriale: l'esigenza dello sviluppo infinito delle forze produttive, la volontà di dominare la natura, di separarsene, la scienza, l'abbandonarsi al divenire e la distruzione dei limiti, ecc.. Se si vuol fare un bilancio dell'opera di Marx, la quale ha un'immensa importanza in ogni caso, bisogna affrontarla nella sua totalità, non certo ridurla, ma nemmeno occultare le sue dimensioni mondane (nel senso di "facente parte di quel mondo"), non inventarsi un Marx fantasmatico che non è mai esistito.
Nel "Manifesto contro il lavoro",
il gruppo Krisis - Robert Kurz, Ernst Lohoff et Norbert Trenkle ed
altri - intende riprendere la critica laddove, dicono, l'Internazionale
Situazionista l'aveva lasciata - cosa questa che limita fortemente la
loro teorizzazione. Per loro, e noi lo condividiamo, non c'è più una
classe emancipatrice, la lotta di classe non permette di uscire dal
capitalismo, è solo una lotta all'interno del capitale, della quale il
proletariato è una componente fra le altre. Ma gli autori parlano
ancora, se non di rivoluzione, quanto meno di emancipazione sociale e
lanciano degli appelli ai proletari (per esempio alla fine del libro).
Allora? Criticano il lavoro, ma ci preoccupa la loro rivendicazione di
un'estensione massiccia del tempo libero, rivendicazione aberrante -
parola d'ordine pubblicitaria dell'industria dell'intrattenimento -
perché non si tratta più di rivendicare il lavoro o il non-lavoro ma di
considerare l'attività in maniera del tutto differente; così come ci
preoccupa lo slogan inquietante "Prendiamoci quello di cui abbiamo
bisogno!" (pag.95), e poi, che cosa può significare quell'appello ad
"organizzare il legame sociale stesso" e a trovare delle "nuove forme di
movimento sociale" (pag.106)?!
Ne "Il fantasma della teoria" (apparso sulla rivista di Jean-Marc Mandosio, "Nouvelles de nulle part" n°4, settembre 2003), Jaime Semprun, a sua volta, fa qualche osservazione critica al libro di Anselm Jappe. Comincia col domandarsi, anche lui, se una teoria rivoluzionaria sia ancora possibile, e critica Lukacs - anche lui - per avere scritto in "Storia e coscienza di classe" che solo il proletariato poteva accedere alla conoscenza ed alla totalità, identificando in questo modo coscienza di classe e partito leninista. Ma che Lukacs avesse fatto quest'identificazione, era solo un fatto secondario, la follia risiede assai più fondamentalmente nella sua teologia proletaria e rivoluzionaria (il proletariato come messia soggetto-oggetto della storia). Fondamentalmente, anche Semprun rimprovera a Jappe di non rimettere in causa lo sviluppo industriale, scientifico e tecnologico, di restare fedele all'escatologia marxista fondata sullo sviluppo delle forze produttive e sulla credenza mistica nel sorgere miracoloso di una società altra a partire dalla "lunga agonia della società delle merci", dalla devastazione rivoluzionaria in atto. Un emergere che lo stesso Jappe non osa più chiamare veramente rivoluzione. Come il gruppo Krisis (vedi a pag.39 della stessa rivista, le "Note sul Manifesto contro il lavoro del gruppo Krisis" dello stesso Semprun), Jappe parla effettivamente di produzione senza evocare la natura di quello che viene prodotto - e l'importante non è solo come si produce ma anche ciò che si produce - parla come se ci fosse ancora, anche se ammette la scomparsa del proletariato, un'umanità che non sarebbe stata desustanzializzata, che non sarebbe imprigionata in queste categorie a priori che ha pur tuttavia messo in evidenza.
In breve, come dice Semprun in altri termini, Jappe non sembra comprendere il carattere catastrofico della situazione attuale e l'urgenza di un cambiamento di prospettiva totale e radicale. Scrive Semprun: "Quando la nave cola a picco, non è più tempo di dissertare sapientemente sulla teoria della navigazione: bisogna imparare velocemente a costruire una zattera", così raccomanda di coltivare l'orto e afferma che "un buon manuale di orticoltura (...) sarebbe senza dubbio più utile, per attraversare i cataclismi che arrivano, piuttosto che degli scritti teorici nei quali si persiste a speculare imperturbabilmente, come se stessimo bene all'asciutto, sul perché e sul come del naufragio della società industriale".
Noi siamo del tutto convinti circa l'utilità di coltivare il proprio orto - cosa che va di pari passo con la fuga dalle città, non sempre facile, con il rifiuto della dipendenza, con la terapeutica, con l'inizio della riconquista della salute, dell'habitat, ecc. - e dunque di un buon manuale (citiamo, ad esempio, "La Guida del giardino biologico" di Jean-Paul Thorez), ma non pensiamo affatto - malgrado la presenza dei cataclismi - che lo studio teorico sia inutile, al contrario è più che mai indispensabile; dobbiamo fare soprattutto il bilancio dell'attività teorica e pratica dei rivoluzionari, e studiare il loro contributo alla costruzione del terribile mondo nel quale siamo imprigionati e dove difficilmente riusciamo a trovare l'aria per respirare.
Ne "Il fantasma della teoria" (apparso sulla rivista di Jean-Marc Mandosio, "Nouvelles de nulle part" n°4, settembre 2003), Jaime Semprun, a sua volta, fa qualche osservazione critica al libro di Anselm Jappe. Comincia col domandarsi, anche lui, se una teoria rivoluzionaria sia ancora possibile, e critica Lukacs - anche lui - per avere scritto in "Storia e coscienza di classe" che solo il proletariato poteva accedere alla conoscenza ed alla totalità, identificando in questo modo coscienza di classe e partito leninista. Ma che Lukacs avesse fatto quest'identificazione, era solo un fatto secondario, la follia risiede assai più fondamentalmente nella sua teologia proletaria e rivoluzionaria (il proletariato come messia soggetto-oggetto della storia). Fondamentalmente, anche Semprun rimprovera a Jappe di non rimettere in causa lo sviluppo industriale, scientifico e tecnologico, di restare fedele all'escatologia marxista fondata sullo sviluppo delle forze produttive e sulla credenza mistica nel sorgere miracoloso di una società altra a partire dalla "lunga agonia della società delle merci", dalla devastazione rivoluzionaria in atto. Un emergere che lo stesso Jappe non osa più chiamare veramente rivoluzione. Come il gruppo Krisis (vedi a pag.39 della stessa rivista, le "Note sul Manifesto contro il lavoro del gruppo Krisis" dello stesso Semprun), Jappe parla effettivamente di produzione senza evocare la natura di quello che viene prodotto - e l'importante non è solo come si produce ma anche ciò che si produce - parla come se ci fosse ancora, anche se ammette la scomparsa del proletariato, un'umanità che non sarebbe stata desustanzializzata, che non sarebbe imprigionata in queste categorie a priori che ha pur tuttavia messo in evidenza.
In breve, come dice Semprun in altri termini, Jappe non sembra comprendere il carattere catastrofico della situazione attuale e l'urgenza di un cambiamento di prospettiva totale e radicale. Scrive Semprun: "Quando la nave cola a picco, non è più tempo di dissertare sapientemente sulla teoria della navigazione: bisogna imparare velocemente a costruire una zattera", così raccomanda di coltivare l'orto e afferma che "un buon manuale di orticoltura (...) sarebbe senza dubbio più utile, per attraversare i cataclismi che arrivano, piuttosto che degli scritti teorici nei quali si persiste a speculare imperturbabilmente, come se stessimo bene all'asciutto, sul perché e sul come del naufragio della società industriale".
Noi siamo del tutto convinti circa l'utilità di coltivare il proprio orto - cosa che va di pari passo con la fuga dalle città, non sempre facile, con il rifiuto della dipendenza, con la terapeutica, con l'inizio della riconquista della salute, dell'habitat, ecc. - e dunque di un buon manuale (citiamo, ad esempio, "La Guida del giardino biologico" di Jean-Paul Thorez), ma non pensiamo affatto - malgrado la presenza dei cataclismi - che lo studio teorico sia inutile, al contrario è più che mai indispensabile; dobbiamo fare soprattutto il bilancio dell'attività teorica e pratica dei rivoluzionari, e studiare il loro contributo alla costruzione del terribile mondo nel quale siamo imprigionati e dove difficilmente riusciamo a trovare l'aria per respirare.
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