IV.
La
tesi qui sostenuta non mancherà certamente di scandalizzare i compagni timorati
pei quali 1’
Anarchia è il supremo Ideale degno d’ ammirazione e non di discussione.
Però il sogno della società perfetta è frutto di due equivoci : 1’ uno pratico,
di fatto ; I’ altro filosofico, di ragionamento. Il primo consiste nel credere
che basti abolire 1’ autorità formale, per abolire l’autorità sociale ; cioè,
che la scomparsa dello Stato, implichi la scomparsa d’ ogni potere di
conservazione contro i progressi futuri. Niente affatto, perchè se l’organismo
politico reagisce sulla società, tendendo a mantenerne lo spirito di obbedienza
e di « ordine », in realtà esso organismo può sussistere in quanto rappresenta la volontà della maggioranza,
come Torquemada era 1’ esponente genuino delle masse cattoliche medioevali. E’
appunto per questo che è vano impadronirsi deli’ autorità politica per
compiere una rivoluzione che le masse non intendono ancora ; inoltre, la vita
contemporanea e passata, di tutti i luoghi e di tutti i ceti, ci rivela la
resistenza accanita opposta da tutte le maggioranze alle novazioni politiche,
economiche o scientifiche, anche se il potere organizzato non le ostacolava. E
un dato della psicologia umana, immutabile, ed anche necessario per selezionare
con una lotta le novazioni feconde da quelle spurie o inutili che soccombono: i
partiti odierni — compresi quelli sovversivi e l’anarchico — ci danno 1’
esempio come le folle amorfe, unite da una sola e sorda ostilità verso gli
eretici, li possano opprimere sino all’infamia, senza neppure dar loro i mezzi
di difendersi, e senza assumere quelle responsabilità pubbliche a cui un
governo non può sfuggire. Ed anche per quanto riguarda la libertà individuale
nel senso più normale e comune della parola, sebbene sia sempre limitata,
dall’ autorità politica, trova però nella stessa delimitazione del suo diritto una garanzia che sarebbe impossibile
qualora, sotto pretesto di raggiungere 1’ assoluto, ogni individuo si trovasse
in realtà a difenderla da solo contro la cattiva volontà e l’ostruzionismo,
conscio od incoscio, di tutti gli altri.
L’ equivoco filosofico, più oscuro e generale, nasce dall’
illusione della mente umana — quando non è incatenata alla realtà e
controllata dal dubbio e dall’ esame — di supporre che ogni tendenza debba o
possa realizzarsi, e quindi di proiettare nell’ avvenire il piano di realizzazione
(I9). Nel corso del libro, abbiamo affermato che le tendenze sociali
sono molteplici, onde quella che trionfa è sempre una risultante della sua
lotta colle altre ; ma ora bisogna aggiungere che ciascuna di esse vale in
quanto •è suffragata da una forza e da una volontà ; che le volontà umane
variano, s’influenzano, si accumulano e si distendono: in modo che ogni
tendenza rappresenta una curva imprevedibile, e 1’ evoluzione generale è un
complesso e la risultante sinuosa d’ una infinità di curve. All’
osservatore superficiale,
che non calcola l’incalcolabilità del loro svolgersi reagente su se stesso e
creante nuovi fattori, è facile scambiare questo cammino irregolare colla tangente che sfugge da un punto : allora,
prolungandola, sino a che le conoscenze attuali
possono percepirla, si cristallizza lontano in una visione statica, che non
solo non è raggiungibile, ma non è neppure una visione-limite a cui si tenda
veramente. Di più, ponendosi in infiniti punti della curva, è facile dedurne
infinite tangenti diverse : e tutte si cristallizzano in una utopia propria ; e
tutte paiono vere, ed ogni partito proclama infallibile la sua, appunto perché sono tutte intimamente false. Si comprende che- più
la visione è lontana, e più è fallace, perchè più è ali’infuori dal corso reale
della storia; ma si comprende ancor meglio quanto sia grottesco volerne
desumere delle norme per guidare la storia medesima, pretendendo che 1’ effetto
non solo riassorba la causa, ma diventi a sua volta causa della causa (20).
La natura reazionaria dell’ utopismo si appalesa come un
vizio fondamentale, e ricorda la dimostrazione data da Bergson circa l’identità
dei meccanisti e dei finalisti : conservatori del presente e conservatori dell’ avvenire. Per i primi la materia — (in sociologia
le masse) — è un qualche cosa d’inerte die si trasforma per virtù della scienza
— (in sociologia lo Stato) — ; e sopratutto, 1’ evoluzione non è che lo svolgersi regolare, inevitabile, di forze e di
caratteristiche già esistenti nel quadro attuale del mondo — (o della società)
— che non si può spezzare. Per i secondi, l’evoluzione è la realizzazione graduale
d’ un piano prestabilito e scoperto da essi, a cui ci si avvicina sempre più,
possibilmente con riforme ; giacché se il piano futuro fosse radicalmente diverso
dal mondo d’oggi, la realizzazione sarebbe un puro miracolo. Ma entrambi i
concetti hanno in sè la tabe autoritaria e teistica, in quanto negano al mondo
la possibilità di trasformarsi di continuo e di crearsi il proprio avvenire ;
in quanto pongono un assoluto al principio o al fondo del- 1’ evoluzione : un
assoluto da conservare, come una diga che sale dal basso o che discende dall’ alto.
E gli uni e gli altri — conservatori ed utopisti — non si rendono conto dell’
assurdo fondamentale che si annida nel loro pensiero : poiché, se tutto esiste
già come dato primordiale, o come scopo prefisso, 1’ evoluzione non ha
più bisogno nè mezzo di esistere : per i meccanisti,
il futuro non è che la ripetizione del presente; per gli utopisti, il presente
dev’ essere la copia anticipata del futuro. I primi
applicano all’evoluzione ulteriore la constatazione di un momento ; i secondi
costruiscono pur essi 1' avvenire coi materiali e spesso coll’ ignoranza del
presente momentaneo, e poi pretendono di fermare quest’ultimo, per ritorcerlo
verso la loro costruzione.
Vi è qui un ennesimo esemplare del pensiero dogmatico
religioso, il quale proietta nel cielo le aspirazioni interne dell’uomo, e
poscia pretende asservire gli uomini agii Dei, dimenticando che gli Dei son
creazioni sue. La psicologia non muta perchè si crede già realizzato il regno
di Dio — come i conservatori — o ancor da venire dopo il giudizio universale,
come gli anarchici ; i primi sono i cattolici politici d’ oggi ed i secondi
sono gli ebrei. E come le religioni, nel loro periodo di formazione e di
sviluppo, sono spesso le etichette a sentimenti e volontà ben più profonde e
progressive ; ma si convertono poscia in costituzioni politiche e dogmatiche
conservatrici quando dal sentimento passano al freddo intellettualismo teologico;
— così pure l’anarchismo può avere due aspetti contrari, secondo che si
riferisce ad un’ utopia o ad un temperamento. Tutte le teorie hanno del resto
un lato statico- positivo ed uno dinamico-negativo : repubblicanesimo può
significare negazione della monarchia, o conservazione della repubblica ;
socialismo può voler dire negazione del dominio capitalistico, o conservazione
in anticipo del collettivismo o del comunismo ; similmente, anarchismo
può essere il relativo opposto dell’ anarchia.
Cerchiamo di delinearne i due significati, ed
approfondiamone 1’ antitesi a mo’ di conclusione : noi renderemo ad un tempo
una giustizia a noi, di fronte a coloro che ci accusano di « non avere
programmi»; ed una giustizia agli avversari
nostri, riconoscendo le profonde differenze che ci separano nel campo
spirituale.
Per l’anarchico — l’aspirante all’anarchia - -il principale è l’anarchia
medesima. Quest’ultima è una concezione trascendente,
cioè 'superiore e padrona anche di chi vi crede ; il seguace ne è un
propagatore, umile dinanzi al sogno, ed orgoglioso dinanzi agli altri uomini, a
cui la buona novella non ha ancor illuminato lo spirito. Anzi, è tanta la
sicurezza nella perfezione indiscutibile della sua Dea, eh’ egli non sente il
bisogno di giustificarla teoricamente, e non trova affatto necessario lo studio
dei problemi sociali. Il mondo è una «valle di lacrime», di cui è inutile ricercare le leggi ; un errore mostruoso
perpetuatosi sino ad oggi — sinché non sono sorti gli anarchici a indicargli
le vie della redenzione. Egli è l’annunziatore, 1’ eterno neofita anche se non
sempre entusiasta, di fronte al quale tutti
gli altri che non credono appaiono dei malvagi, od almeno dei perduti
nell’errore ; se poi vi credevano e mutano le loro idee sinceramente, o meglio
se rivelano una mentalità diversa dalla sua, egli li riterrà dei traditori.
Perchè, secondo la sua logica, negata ogni volontà alle forze sociali che
potrebbero anche non condurre all’ anarchia, è ovvio che 1’ anarchia debba
sorgere per capriccio esclusivo dei discepoli suoi. Quindi un senso di
settarismo gretto e di servitù intellettuale verso i principali propagatori del
sogno, che noi abbiamo criticato con parole amare, ma che è inevitabile, ed ha
il suo lato nobile nella sincerità e nei sacrifici che fa compiere — ai- mono
dai compagni oscuri. Quindi, la gelosia accanita nel negare 1’ esistenza ad
altre scuole teoriche che non abbiano un sogno anch’ esse ; quindi la
sensibilità esagerata allorché si parla di esso con irriverenza. Quindi infine
l’illusione che la rivoluzione redentrice possa avvenire domani, senza
riguardo a condizioni storiche e psicologiche delle masse, ritenute capaci di
insorgere per un po’ di propaganda ideale, o per una sana direzione. L’elemento
intellettualistico prende un’ importanza fantastica a danno di quello
morale-sentimentale ; dal che poi deriva la coerenza rigida e formale,
consistente nella continua preoccupazione di non dire o non fare cosa, o non occuparsi
di cosa non attinente all’anarchia. Ma in questo modo, egli non sfugge alle
trappole della gradualità riformistica,
come quando è tratto ad approvare misure o avvenimenti che rassomigliano nei connotati esterni al- I’
utopia ; e che invece possono in pratica
allontanarla, consolidando la società attuale. Il ponte reale di passaggio fra
il presente e 1’ avvenire gli sfugge, perchè dessi sono per lui due cose
nettamente separate, quasi che l’oggi non fosse il futuro di ieri, e il domani
dell’ oggi. Anzi, la sua mentalità statica, trasportandosi dal sogno alla
realtà, concepirà la società odierna come un tutto immobile : ed in omaggio
alla « coerenza » gli farà mantenere un giudizio che da un secolo è diventato
falso. L’ anarchismo diventa così un partito come gli altri, che ebbe un principio ed ha un fine : lo sviluppo, 1’ azione, la rivoluzione
stessa, non sono che dei subordinati onde passare dal primo al secondo. E’ una
filosofìa societaria, intesa a
speculare sulle forme esterne della società e non sul loro contenuto e sul loro trasformarsi ; una filosofia idillica,
di pace, di abbandono e di debolezza, inetta a comprendere le tragedie, gli eroismi, la fecondità dello sforzo e della
violenza. La convinzione è perciò fornita dall’ entusiasmo che sfiorisce cogli
anni : giacché il suo motivo non ò interno,
di temperamento e di cultura, ma esterno,
di speranza sconfinata nelle masse e nella concordia dei compagni. Quando la
fiducia negli altri si affievolisce, la convinzione rivoluzionaria precipita
: ed il disastro morale che ne segue, fa trovare una
scusante alla propria diserzione nell’ inerzia altrui. E peggio avviene quando
la diserzione, tacita od espressa, è impedita dalla convenienza o dal
puntiglio : perchè allora si propaga in mala fede quello a cui non si crede
più, e si muta in mestiere la propaganda, e il senso morale si deforma,
trovando un alibi al suo abbassamento
nell’ altezza irraggiungibile dell’ ideale (2L).Per 1’ anarchista,
invece — il milite consapevole del- l’anarchismo — questo è una realtà immanente
che esiste già oggi, che è sempre esistita ed esisterà sempre, prima e dopo che
i ribelli la possano o vogliano teorizzare. E’ la corrente opposta a quella
conservatrice, che completa 1’ antitesi dialettica della storia umana : è 1’
eterna sete di progresso, di libertà, di novità che ha spinto 1’ uomo ad
elevarsi, e che urtando contro le resistenze opposte da tutti i regimi, si è
sublimata nella coscienza successiva di diritti superiori e negli sforzi di
ribellione. È il fenomeno umano per eccellenza, nato coll’uomo in aggiunta a
quello conservativo che 1’ uomo ereditò dalle sue origini animali ; il fenomeno
eccessivo, unilaterale per neutralizzare P eccessività ed unilateralità di
quello opposto : e che trovando in quest’ ultimo un freno che permetteva le
epoche di raccoglimento, ha però maturato in esse le nuove spinte negatrici e
rivoluzionarie, impedendo che le società umane si cristallizzassero
nell’immobilità assoluta. E’ la leva e lo spirito medesimo del movimento : è
il flusso eterno del sovversivismo che eternamente si rinnova in nuovi malcontenti, che trova nell’ autorità e
nella conservazione il motivo continuo a reagire, tanto che i sovversivismi
trionfati non furono che sue ricadute parziali. Rami maturatisi nel tronco e
staccatisi da esso per produrre foglie sino all’esaurimento, mentre il tronco,
superbo, saliva.
L’anarchismo non è quindi una determinata rivolta, ma la
rivolta nel senso più generale ed etico del termine ; tutte le ribellioni
passate e future, tutti gl’ ideali nel loro senso dinamico furono e saranno
manifestazioni sue. Esso comprende 1’ ateismo, in quanto significa liberazione
dal dogma divino senza sostituirlo con un altro scientifico od umanista : ma
comprende pure la rivolta religiosa d’una stirpe contro l’imposizione religiosa
da parte di un’altra ; come la ribellione nazionale d’un popolo contro lo
straniero ; come oggi la ribellione di classe contro il privilegio
capitalistico ; come infine la lotta del singolo per affermare la propria individualità contro il partito,
contro il gruppo, contro la società intera. Filosofìa storica, e non sociale,
esso non è un partito od un ideale che faccia parte di quello socialista,
secondo vogliono i suoi riduttori ai minimi termini ; ma riassume in sè il
nazionalismo, il socialismo, l’individualismo, in quanto hanno di
rivoluzionario, dichiarandosi loro nemico assoluto in quanto hanno di
conservatore. Non rinnega neppure dominatori che s’impongono ai soggetti e li guidano ad un rivolgimento
destinato a rinnovare il mondo e romperne la scorza refrattaria o spezzare una
situazione immobile, quando i soggetti non sarebbero capaci a farlo da se
stessi; salvo plaudire ai dominati appena sanno rovesciare il dominatore e
compiere 1’ opera senza di lui. Però, mentre si materia, essenzialmente, nelle
classi e nei popoli e negl’ individui oppressi, non ha nessun riguardo per le
oppressioni lietamente subite o mascherate di viltà, e nemmeno per le etichette
: in un cattolico in rivolta contro la propria chiosa
troverà un suo campione più genuino che in un anarchico settario ; come
nella guerra di Manciùria ridestante 1’ Asia, vide
più grandiosità di rinnovamento che nell’ alleanza collo Stato del proletariato
austriaco per impedire il progresso borghese.
Le società non sono che dei compromessi fra le ragioni
economico-storiche del loro avvento, mutate; in elementi di conservazione, e le
nuove spinte rivoluzionarie che le generano col tempo. All’ inizio d’un regime,
la forza conservatrice politica è massima e 1’ anarchismo minimo ; esso si
esplica peraltro nella febbre della nuova economia, la quale, seminando i
contrasti, provoca ben presto una caduta della conservazione ed un elevarsi
della forza rivoluzionaria. Il loro incrocio coincide colla stasi ; e quando
il rinnovamento nell’ economia non è più possibile colle invenzioni, le nuove
industrie o l’espansione esterna; allora fra molte oscillazioni, la negazione
politica supera la conservazione, e la società si avvia verso lo sfacelo. Ciò
perchè tutte le società conservano,
qualunque sia la loro natura, dovendo ben avere una base fondamentale, un
principio informatore; perciò anche qualora l’anarchia si costruisse, troverebbe ancora nell’anarchismo il suo nemico implacabile. Negare questo fatto,
equivale ad asserire che l’anarchismo sarebbe morto per sempre, e con esso, il
divenire del mondo (22).
L’impotenza e le incertezze degli anarchici - (da cui escono solo quando si gettano risolutamente nei
moti rivoluzionari, facendo opera benefica perchè negativa) - derivano tutte dalla pretesa di conciliare
l’inconciliabile, di essere il tronco ed identificarsi con un ramo unico,
di risolvere in se stessi l’antitesi millenare
delle tendenze storiche, la cui
risoluzione è opera continua, provvisoria e indefinita del tempo. Da una
parte vogliono essere dei costruttori di società, e quindi debbono per forza
limitare la negazione in nome della pratica e della prudenza, per dimostrare ai
conservatori ed ai socialisti che anche 1’ anarchia è possibile ; d’ altra
parte poi, ricordandosi di essere dei negatori, riducono la loro « società
anarchica » a delle basi così fragili e minime, che non possono assicurarle una
vita alcuna. Essi dimenticano che il riconoscere ad un tempo le necessità e le volontà può servire come elaborazione
teorica per comprendere il mondo e la nostra funzione in esso : ma che
scendendo nella vita reale e militante, bisogna assolutamente scegliere. 0
impersonare le seconde, ed avere la coscienza d’individui superiori che tutto
sottopongono al loro giudizio, alla loro negazione ed alla loro critica, anche
l’ideale e il programma del proprio partito, anche le autorità ed i pregiudizi
nuovi che sorgono in contrapposto a quelli esistenti ; o impersonare le prime,
ed allora ammettere, se non le autorità borghesi, almeno quelle proletarie, e
limitare la critica, la negazione e la rivolta in nome delle masse, dei loro
interessi, delle loro illusioni, dei loro fini, dei loro idoli e - talvolta -
dei loro applausi (23).
Invece l’anarchismo, lungi dal subordinare la rivolta e la
violenza ad un fine prestabilito, è tutto in questa violenza ed in questa
rivolta. Anzi, osservando la storia come un divenire continuo, 11011 ne concepisce lo sviluppo che attraverso di esse, e la
loro reazione alle forze conservative. Perciò, esso ha la coscienza della
continuità storica e della contingenza, per cui sovente il male dev’essere
esagerato affinché ne scaturisca il
bene ; per cui le classi dominanti hanno il diritto e il dovere di compiere la
loro missione storica prima di decadere definitivamente ; per cui le classi
dominate hanno il diritto e il dovere di rivoltarsi, oppure di obbedire se 11011 sanno rivoltarsi: giacché non si ha il diritto di legare
le mani agli altri sotto il pretesto di 11011 saper agire per proprio conto. Esso concepisce l’umanità
— e forse, oltre l’umanità, la natura e 1’ universo — come il frutto e lo
strumento d’una lotta incessante nel senso più sublime del termine ; lotta di
contrasti nella quale le volontà e gli equilibri si affinano ; nella quale il dovere di parteciparvi si presenta come una
necessità intuitiva e conscia per non rimanere imbellemente trascinati e
passivi. E laddove i sognatori orgogliosi di arcadie irraggiungibili coprono di
disprezzo le vittime innumeri d’ideali sorpassati che concimarono il terreno
sul quale i sognatori vivono oggi, l’anarchismo sente verso di essi la profonda
e commossa riconoscenza dovuta alle pietre miliari del proprio cammino.
V.
In fondo al contrasto fra le due concezioni dell’anar-
hia e dell’ anarchismo, vi è del resto
la prova dell’ eterna realtà del secondo e
della fallacia temporanea della prima. Dietro le loro stesse e rispettive
caratteristiche di trascendenza e d’immanenza, di filosofia statico-societaria
e storicodinamica, s’intravvede 1’ eterna guerra fra l'illuminismo ed il
volontarismo ; il sogno e la critica ; l’ottimismo che s’illude di mutare il
mondo per virtù di un desiderio, e il pessimismo che ne comprende le necessità
dolorose, rimovibili solo con sforzi giganteschi ; 1’ assoluto chimerico ed il
relativismo umano ; la psicologia cristiana aspirante alla pace ed accettante
la guerra come un male inevitabile e spietato per arrivarci, ed il,neo
paganesimo che trova la vita e l’elevamento e la bellezza nella battaglia ; la
ricerca affannosa e paurosa dei limiti, e lo slancio verso l’infinito.
Contrasto perenne, verificatosi in ogni epoca, alla base ancora del quale si
riscontra l’antitesi fra idealismo e realismo che abbiamo prospettato all’
inizio di quest’ opera. Poiché il lettore, il quale conosce la nostra
avversione per le entità astratte, avrà compreso perfettamente come il nostro
termine di « anarchismo » fosse 1’ espressione figurata di quelli che si
potrebbero chiamare gli anarchisti di tutti i tempi, magari inconsci di
esserlo, e prima che la parola fogse coniata. Noi abbiamo già avvertito del resto
come le formazioni collettive — classe, nazione, stirpe — in quanto
rappresentano forze volitive e psicologiche, si riducono poi sempre al dato
individuale, od alla concomitanza di tanti dati individuali ; — il quale
richiamo ci serve ora per delineare i fondamenti morali della rivolta, e
separarla dalla delinquenza.
Ogni grande movimento storico, artistico o scientifico,
prima di commuovere le maggioranze che lo fecero trionfare : persino avanti che
l’evoluzione ne permettesse il rapido propagarsi e tanto meno la vittoria, si
è annunziato nelle minoranze di avanguardia che lo hanno intuito e previsto ;
che, senza fabbricarlo (perchè inutile ed impossibile), hanno diffuso la
coscienza e la certezza del suo approssimarsi, lottando ad un tempo contro gli
oppressori e gli oppressi, per screditare i primi e sospingere i secondi. E
ancora prima della minoranza è spesso esistito r individuo singolo, che non era
avulso dal suo
tempo come le oche societarie pretendono, ma la cui sensibilità
squisita e 1’ osservazione acuta permetteva di analizzare il presente e
distinguervi le tendenze che appena vi spuntavano, quasi sempre per reazione.
Ed era il novatore del pensiero che calpestava i pregiudizi e gl’iddii celesti
; o il ribelle che abbatteva le deità terrene, pur sapendo di non abbatterle
materialmente e per sempre ;
o il genio che
rinnovava 1’ arte contro i pedanti ; o l’inventore e lo scienziato che
capovolgevano le superstrutture filosofiche della
loro scienza. E tutti questi singoli — gli anarchisti — queste minoranze hanno
costituito un’ aristocrazia che si rinnovava e si rinnova di continuo ; un’
aristocrazia che lottava contro tutto e contro tutti, che soccombeva spesso, ma
che, soccombendo, dominava. Essa imponeva i nuovi problemi, i nuovi sacrilegi,
le innovazioni ardite, a cui il mondo, dopo anni o dopo secoli, s’inchinava,
consacrando così il loro postumo trionfo, non importa se la vendetta si
perpetuava nell’ oblio. Invero, pochissimi novatori assistettero alla vittoria
della propria novazione. Da un punto di vista di gretto egoismo individuale, i
ribelli ed i geni hanno sovente prodigato se stessi senza ottenere nulla, e
senza neppure cercare uno scopo tangibile od immediato per sè o per gli altri :
onde la gente posata — conservatrice o sovversiva — nel migliore dei casi, si è
sempre accontentata di sorridere e di compiangerli.
Gli è che la ragione del loro agire, del loro sacrificio —
sublime perchè non sapeva di essere tale e non chiedeva neppur il premio ed il
riconoscimento — e del loro ulteriore trionfo, consisteva nella forza morale
che animava tutta questa gente — qualunque fosse la sua novazione. Meglio, la
seconda era l’etichetta e lo strumento della prima ; — giacché coloro che un
giorno palpitarono per la rivolta nazionale, palpiterebbero oggi per un’ altra
e diversa rivolta ; giacché essi si apprezzano e si amano, pur quando lottano
in due campi avversi, per la ragione che solo chi ha una fede apprezza la fede
altrui. Giudicarli alla stregua dei risultati pratici è volere non comprenderli
; tant’ è vero eh’ essi sorgono proprio nei momenti di generale viltà,
quando la loro affermazione disperata ha soltanto un
valore di liberazione e d’insegnamento morale. Ed appunto perciò, essi hanno
sempre accettato e vantato la responsabilità dei loro atti, nei quali la loro
coscienza bastava a sorreggerli ; — ed il loro caso
fu sempre tragico, moralmente o materialmente, rappresentando il cozzo ineluttabile
fra una resistenza collettiva ed un
fato individuale.
Ma la loro intima tragedia li
separa pure dalla delinquenza — il regresso
— come li
separa dalla conservazione.
Infatti, tutto ciò che determina il substratum
psicologico e politico della società, è intellettualismo
freddo e calcolatore ammantato di prudenza per nascondere la vigliaccheria :
calcolo per architettare il regime futuro ; calcolo per difendere quello
attuale ; calcolo per compiere impunentemente il proprio delitto. Criminali,
giudici, statisi, riformatori, tutti sono uomini « illuminati » o desiderosi
d’illuminarsi, cioè abdicanti la loro personalità e frenanti il loro slancio,
non per una libera volontà di riserbarlo ad uno scopo più grandioso, ma per
rassegnazione implicita o per convenienza : ragionatori avvezzi al
ragionamento fossilizzato, il loro pensiero è la loro maschera di menzogne. Il
ribelle soltanto è 1’ uomo completo, che sente e che pensa, che calcola e che
vuole ; strumento di se medesimo e potenziato di tutte le sue forze, le quali
gli permettono di vincere sempre, pur quando la coalizione sociale sembra
vincere su di lui. La resistenza enorme eh’ egli deve superare gl’ insegnano
il dominio ed il superamento di se stesso ; lo forzano a studiare e
comprendere 1’ ambiente contro cui vuole dirigere
i
suoi colpi ; lo
corazzano contro le disillusioni. Egli apprende così — attraverso l’esperienza
amara, se caso non ne è certo già prima — a cercare la libertà pur sapendo che
non sarà mai completa ; a correre dietro la perfezione maggiore, pur sapendo
che la perfezione assoluta è una chimera ; a negare gli dei e i governi, pur
sapendo che dessi non scompariranno mai : perchè gli dei, e le leggi, e la sete
di perfezione, e il desiderio sconfinato di libertà egli li ha rubati e
imprigionati in lui, in un santuario di egoismo eroico che nessuna forza
esterna potrà mai intaccare.
L’ anarchismo non è altro che la rivolta istintiva della
coscienza umana contro qualsiasi coartazione od offesa giungente dall’ esterno,
da un despota isolato e dalla maggioranza d’ un gregge, che la menomi nella
sua indipendenza e nel suo valore. Non esclude perciò nè l’accordo, nè la
disciplina volontaria, e nemmeno la rinunzia, temporanea o suprema, accettata
liberamente per un fine liberamente scelto, a cui tenda, per un impulso di
volere interno, la coscienza individuale. Appartiene dunque al dominio morale,
non nel senso di essere una teoria moralistica propagabile, ma in quello di
risiedere nelle regioni oscure del sentimento e dell’ istinto in cui
l’individualità si caratterizza e si differenzia. E siccome questo dato esiste
in fondo ad ogni persona, così 1’ anarchismo accomuna tutti gli uomini nel
fatto di possedere ciascuno qualche cosa di diverso e d’incancellabile come
individuo, come appartenente ad una classe, ad razza, ad una cultura. Ma
laddove la gran parte degli uomini è ignara di quel fondo personale, perchè
troppo debole per sentirlo, o lo sente solo dietro un’ oppressione diretta,
acuta o prolungata, generante nel tempo le rivolte collettive di coloro che vi
sono sottoposti ; — gl’ individui più sensibili lo avvertono in ogni occasione
e in ogni momento, e ne comprendono la responsabilità e l’orgoglio, come del
sorgere e del- 1’ annunziarsi consapevole d’ un valore etico superiore (24).
L’ anarchismo è la successione ed il complesso infinito di
questi individui e di queste minoranze, donde nelle epoche rivoluzionarie si
spande, più largo e meno intenso, frale collettivi tà sovversive; poi, dopo il
loro momentaneo trionfo ritorna, oscuro e indistruttibile, in altri individui,
in altre minoranze che per il loro temperamento son degne di ereditarne la
missione. Ma esso diviene e diverrà
sempre contro tutto ciò che vuole e vorrà essere;
rifiuta ogni regime stabilito: la prigione d’oggi, della terra angusta
in cui la « gente pratica » s’illude di soffocarlo, e quella più arcadica di
domani, fra le stelle della magnifica - ma solida, ahimè ! - volta di Atlante
in cui gii astrologhi della « sociologia anarchica » sperano di poterlo
contenere. Oggi, e da secoli, il cielo è riconosciuto come un’ illusione
ottica, più bella e più cara per F invito e il nessun limite al nostro volo
verso 1’ alto : e in tale certezza si è riconciliata con noi. Così pure l’anarchismo
può riconciliarsi coll’ anarchia, solo a patto che questa diventi un mito,
privo (l'inutile contenuto positivo: il mito supremo della negazione d’ogni
dominio dell’uomo sull’uomo; un lembo d’infinito che il genere umano non
raggiungerà mai, ma verso il quale, fra impeti e soste, fra gioie e dolori,
selezionandosi e lottando contro la natura e contro se stesso, di vetta in
vetta, salirà sempre.
L’ anarchismo è questo, o non è. E la lotta contro 1’
umanità perchè 1’umanità si elevi ; è lo sforzo di aprire F anima al mondo per
comprenderlo e immedesimarlo con noi, e sospingerlo, o almeno contribuire a
sospingerlo come vogliamo noi. E’ la partecipazione sincera, commossa e
volitiva al grande dramma della vita storica e universale, di cui siamo figli, e
di cui vogliamo anch’essere i genitori. E il sacrilegio responsabile e
irriverente, tante volte maledetto, sempre incompreso, e sempre vittorioso; più
sublime ed immortale di qualsiasi divinità, e che si perpetua nei secoli colla
forza etica e indomabile d’una volontà e d’un credo.
Ed io — credo.
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