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venerdì, giugno 25, 2010

L'ARISTOCRAZIA ANARCHICA da Anarcotico.net

I miei Numi Tutelari, il Superuomo o Oltreuomo di Friedrich Nietzshe, l'Unico di Max Stirner, l'Egoarca di Mario Marasso, l'Anarca o Uomo della Foresta di Ernst Junger e il rivoluzionario perduto in partenza di Sergej Necaev, figure allegoriche non certo omologhe seppur analoghe, pur nelle loro differenze teoriche, sono riconducibili al medesimo odio, all'identico disprezzo, al superbo isolamento, al rifiuto della mistificazione della democrazia, del parlamentarsimo e del elettoralismo, alla denuncia dell'ipocrisia dei falsi e vuoti valori umanitari e pacifisti borghesi, le "alcinesche seduzioni della Dea Umanità, Giustizia e Libertà", per citare Croce; sempre questi valori sottendono, nel contesto della società borghese, all'adeguamento delle masse passive e amorfe ai canoni del Dominio e della gerarchia, inducendo le stesse masse alla salvaguardia della propria rispettavilità e all'accettazione entusiastica dell'Ordine costituito.
Per questo auspico l'inveramento di un'aristocrazia di massa, che ribellandosi al potere ed elidendo la morale del gregge, conquisti per sè la libertà autentica, e liberando sè stessa, liberi ed infonda a quanti più possibile l'Amore per il Bene, il Bello, il Vero.

Occorre adoperarsi per il trionfo di "un'aristocrazia dello spirito" com'è magnificamente delineata nella "Rivolta Ideale"(1908) di Alfredo Oriani, la quale prevalga sulle presentemente prevalenti aristocrazie del sangue e del denaro.

[...] "Anarchico, fra gli anarchici, ho lottato per un anarchismo concepito come rivolta ideale e religiosa contro coloro che impestavano l'anarchia di utopie e di delinquenza" [...]

(Libero Tancredi alias Massimo Rocca)
Un'aristocrazia che abbia come fine l'estinzione di tutti i privilegi e quindi di sè medesima; che sia pertanto una costruzione sociale nuova in grado di sottrersi alla legge ferrea della formazione delle oligarchie di Roberto Michels, così come alla Legge in senso lato. E' ciò che Stirner chimava "sottrazione al sussistente".
E' pur vero come scrive il Pareto, che la storia sia il cimitero delle aristocrazie, ma non già di quelle di là da venire.
Dobbiamo in conclusione praticare e realizzare la nietzscheana inversione dei valori, la "Umwertung aller Werte", inversione rispetto ai valori stabiliti dalla morale borghese fondata sulla mediocritas. Ciò è caratterizzante l'anarchismo individualista aristicratico.
Penso che fosse questo l'ideale aristocratico rivoluzionario, del più "nero individualismo"(P.C.Masini) a cui aspirava il giovane anarchico Carlo Molaschi (prima della sua conversione al malatestismo) e a cui ambiva il giovane sindacalista Angiolo Oliviero Olivetti (prima della sua conversione al corporativismo), ed a cui seco loro mi conformo.

[...] "Nel sindacalismo attuale ci sono due correnti, di cui una è democraticismo rivoluzionario e l'altra è un rivoluzionarismo aristocratico ossia il vero, lo schietto e l'originale sindacalismo che interpreta la più audace filosofia della volontà e dell'azione, che nega la democrazia e non la continua o la integra, che si richiama a Nietzsche, a Marx, a Schopenauer (in parte), che si pone aldilà del bene e del male, che riprende il cammino dell'audace Rinascimento, del cinquecento lento e spregiudicato, della rivoluzione europea e occidentale nel suo continuo e perpetuo divenire" [...]


(A.O.Olivetti)

[...] "L'anarchismo è un patrimonio etico e spirituale che è stato, è, e sarà sempre di una piccola falange aristocratica, e non delle folle e dei popoli. L'anarchicmo è tesoro e proprietà esclusiva di quei pochi che sentono nelle loro più sotterranee profondità, il grido di un NO senza argomento!"[...]
(Renzo Novatore alias Abele Ricieri Ferrari)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Si apre il sipario in un teatro di varietà.
Una sorta di avanspettacolo ha inizio con l'ingresso in scena di tre donne, una alta e due più basse, quest'ultime vestite da uomo. La più alta incomincia ad intonare, nel silenzio assoluto e generale dei presenti: "Sono Cornelia, madre dei Gracchi, questi sono i miei due figli, sono puri come gigli, ve li vado a presentar!"

Il ritornello fa sorridere, ma accade una cosa strana; al termine della frase musicale di accompagnamento, la donna alta, adornata come una matrona romana, ripete ancora e misteriosamente la sua strofa, senza alcuna variazione: "Sono Cornelia, madre dei Gracchi, questi sono i miei due figli, sono puri come gigli, ve li vado a presentar!"
Tutto questo per una, due, tre, quattro volte. Il pacioso e giocondo e beota atteggiamento del pubblico rilassato viene progressivamente soppiantato da una strana inquietudine; essa velocemente prende piede.

Il concetto di angoscia che permea di sè la nostra contemporaneità non poteva essere espresso con più terrificante ed implacabile spietatezza.
L'essere-per-la-morte heideggeriano si tramuta nell'ansioso desiderio del morire-per-essere michelstaedteriano, secondo la felice elucubrazione di Sergio Campailla; a tutto si è disposti pur di fare cessare il dominio dell'Assurdo, a noi incomprensibile razionalmente ed emotivamente straniero, non essendo possibile da parte delle masse spalancare gli occhi di fronte allo spaventevole baratro dell'insensatezza del Tutto che nei rari momenti di consapevolezza di Sè talvolta affiora, sotto forma di intuizione, davanti alle sue esterefatte pupille.
Ma alfine è pur possibile, come scrisse Emile Henry in carcere, la liberazione dall'angoscia: "Nessuno può togliere all'uomo il diritto, quando lo spettacolo è venuto a noia, di uscire dalla sala sbattendo la porta, anche se questo può talora disturbare od infastidire gli altri".

La scena succitata non è un'invenzione, essa compare realmente nei primi minuti della pellicola "Assi alla ribalta", Italia 1954, Regia di Ferdinando Baldi e Giorgio Cristallini, nel cui cast figurano Nino Taranto, Carlo Croccolo, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello.