Lasciando perdere le fandonie degli scribacchini di corte, i pirati, a differenza dei corsari, andavano per il mare, creavano comunità, libere ed egualitarie, attaccavano le navi degli stati europei, e il bottino veniva distribuito egualmente tra i componenti della nave. Non facevano prigionieri. Spesso quest'ultimi si associavano ai pirati. E quando sbarcavano in un luogo, non l'occupavano, come si vede nei film da quattro soldi; venivano ospitati dalla comunità locale, con la quale intrecciavano rapporti di amicizia e di collaborazione.
Molti dei pirati, contrariamente al clichè, erano persone curiose e colte. Bellissima l'introduzione dell'autrice francese al libro " La cucina dei bucanieri", casa editrice eleuthera-novembre 2003.
Il "tesoro" che ci hanno lasciato i pirati non sta in fondo al mare, ne' in qualche isola dei tropici, ma nel cuore di ogni uomo e questo tesoro si chiama liberta'... liberta' dalla schiavitu' e odio contro i tiranni.
Il figlio di Pandora
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Non
intendiamo offrire questo storia del capitano Misson, del suo
equipaggio e della loro libera colonia di Libertatia, come un esempio di
Utopia, o come modello per la costruzione di una società líbertaria
oggi. Essa è solo il resoconto di un antico tentativo di realizzare una
comunità genuinamente libertaria ed egualitaria, una comunità che tentò
di vivere secondo i principi di " Libertà, Uguaglianza, Fratenità "
circa cento anni prima della Rivoluzione Francese. Il capitano Misson trascorse la maggior parte della propria vita da adulto come pirata. Ma il suo vascello, che solcava i mari battendo una bandiera con il motto "Libertà", non era l'unico, tra la fine del 17° secolo e l'inizio del 18°'. Le navi pirate di quel tempo erano quasi tutte,vere e proprie repubbliche galleggianti. A bordo, le decisioni venivano prese dall'equipaggio riunito in assemblea, o da un comitato di delegati. Alcune navi pirata dei Caraibi si diedero persino dettagliate costituzioni. Diversamente dai personaggi autoritari di cui si legge nei racconti di avventure, i veri capi pirata avevano il diritto di comando solo durante il combattiemento con le navi avversarie; nelle altre occasioni, era il timoniere a svolgere il ruolo di leader della cominità, fungendo da arbitro in caso di conflitto tra i mebri del'equipaggio. Il bottino preso sulle navi catturate veniva diviso in modo egualitario. Al capitano, di solito, toccava una parte doppia, per aver fisicamente guidato l'attacco, e in certi casi una volta mezza, o una volta e un quarto, andava al timoniere, al capo cannoniere e al carpentiere. Quote fisse venivano anche pagate come indennizzo per le ferite riportate in battaglia. I capitani spietati e dittatoriali, a quel tempo, non stavano sulle navi pirate, ma sui vascelli mercantili o militari. La vita dei marisi "normali" era dura e pericolosa, e la paga scarsa. Gli ufficilai potevano comminare punizioni che includevano la catena, la frusta, e il "giro di chiglia": quest'ultima consisteva nel gettare in mare la vittima, legata a una gomena, e farla passare più volte (a seconda della gravità del "reato" commesso, sotto lo scafo della nave. Era una pena che spesso risultava fatale. Il fatto che presso i pirati non esistesse la ferrea disciplina che regnava sulle altre navi, viene spesso addotto come una delle cause della loro sconfitta. Ma questa è una strana asserzione, poiché i pirati effettivamente sconfitti furono assai pochi: sulle rotte delle Indie orientali, le probabilità di cattura erano meno dell'uno per cento, e su quelle delle Indie occidentali erano praticamente nulle.
L'unica fonte per una storia completa di Misson e del suo equipaggio è la "Storia generale delle scorrerie e dei delitti dei pirati più famosi", scritta dal capitano Charles Johnson. La storia di Misson appare nella seconda edizione ampliata di quest'opera, pubblicata nel 1726. Sfortunatamente, essa è l'unica fonte di informazioni su Misson. Di alcuni pirati citati nella "Storia generale" si parla anche in altri documenti bibliografici, ma non di Misson. A causa di tale mancanza di informazioni sicure, diversi autori negano credito al resoconto di Johnson, come se fosse solo il frutto d'invenzione. Esiste anche chi avanza il sospetto che Charlse Johnson non fosse che uno pseudonimo di Daniel Defoe. Nonostante ciò, comunque, c'è da chiedersi perchè mai, in un catalago esauriente ed autorevole, come la "Storia generale", Johnson avrebbe scelto di includere proprio un personaggio inventato. Non bisogna dimenticare, inoltre, che Johnson scriveva d'avvenimenti molto recenti, riguardanti, in certi casi, persone ancora viventi, le cui imprese vere o presunte potevano essere note ai lettori. Qualche riferimento a Misson, in particolare in relazione alla sua amicizia col pirata americano Tew, è reperibile solo su testi posteriori alla "Storia generale" di Johnson. E' possible che Johnson abbia usato Misson, vero o immaginario che fosse, come veicolo per le sue idee progressiste. Il discorso contro i profittatori della schiavitù, ad esempio, sarebbe stato certamente meno pericoloso se riportato come pronunciato da un pirata, che non scritto in prima persona, tenuto presente che anche la Famiglia Reale aveva un vasto interesse finanziario nella tratta degli schiavi. Johnson stesso dichiarava che il nocciolo della storia proveniva da un manoscritto attributo a Misson medesimo, passato a Johnson da un suo contatto francese; quand'an che ciò fosse vero, però, Johnson non sarebbe stato nè il primo nè l'ultimo storico ad essere incappato in un documento falso. Eppure, leggendo la "Storia generale", Johnson non appare come un ingenuo. A quei tempi, un altro pirata della tradizione popolare era Avery, del quale si diceva che avesse come un re in un'isola del paradiso, piena di tesori e di fanciulle indigine a disposizione. Johnson lo stanò e risultò che era un ubriacone bugiardo e senza un soldo. Allo stesso modo che ad altri eroi popolari, come Robin Hood, anche a Misson sono state accreditate, oltre alle sue imprese, anche quella degli altri, o imprese esagerate o fantastiche. E come nella storia di Robin Hood, anche in quella di Misson sono riconoscibili, al di là dei fatti, le tracce di desideri, di speranze, ed è appunto questo a renderla degna d'interesse; la storia di Misson è un tributo di 250 anni fa all'ideale di una società basata alla cooperazione e sul mutuo appoggio, una società che si prendeva cura degli anziani e degli inabili, era magnanima con i malfattori, e svolgeva le proprie attività senza bisogno di denaro o di polizziotti. Misson (un nom de guerre, quello vero è sconosciuto) nacque in Provenza da ricca e rispettata famiglia. Studiò lettere, logica e matematica, e frequentò per un anno l'Accademia di Angers. Al suo ritorno, a sedici anni, avrebbe voltuo arruolarsi nei Moschettieri, ma il giovane Misson era un appassionato lettore di racconti di viaggi e desiderava viaggiare egli stesso. Così, sfruttando il fatto che un suo parente, il signor di Fourbin, era capitano su di nave militare, la Vicotirie, riuscì a farsi assegnare ad essa come volontario e partì alla volta di Marsiglia per raggiungerla. Ben presto la Vicotire salpò, facendo rotta per il Mediterraneo e Misson si dedicò con entusiamsmo al suo lavoro. Nel tempo libero pagava il nostromo e il carpentiere perchè gli insegnassero i segreti della costruzione e della manutenzione delle navi. Quando la Victorie attraccò a Napoli, Misson ottenne il permesso di recarsi in visita a Roma, un suo particolare desiderio. Restò disgustato dalla decadenza della corte papale e giunse alla conclusione che "la religione serviva solo a tenere sotto controllo la mente dei più deboli". Confessò i suoi dubbi ad un giovane prete domenicano, il quale, con sua grande sorpresa, si dichiarò:" Per quanto mi riguarda, sono stanco di questa farsa, alla prima occasione intendo liberarmi di quest'abito da carnevale". Misson fornì l'occasione, acquistando per lui dei vestiti e conducendolo a bordo della Victoire come volontario. Il prete si chiamava Caraccioli, ed i due sarebbero restati amici per tutta la vita. Raggiunsero la nave a Livorno. Un paio di giorni dopo aver salpato, furono attaccati da due vascelli di pirati Salee. La Victoire ne affondò uno e arrembò l'altro. Misson e Caraccioli parteciparono all'assalto in prima fila, e l'ex prete, in seguito a ciò, venne colpito alla coscia e dovette essere operato.
" Un arrembaggio non è uno scherzo, ragazzo. Tu stai lì con gli altri, sul ponte, e vedi l'altra nave che si avvicina . . . piano piano . . . sempre più vicina ... E ti senti morire ... "Le parole del vecchio timoniere gli tornavano alla mente, ora. Il vascello pirata aveva ridotto la velatura e manovrava per affiancare, mentre la Victoire faceva lo stesso. Gli ufficiali giravano in mezzo agli uomini, dando ordini secchi e consigli. Si capiva che anche loro avevano paura. Voi coi moschetti, più sottò. Controlla l'innesco di quella pistola, marinaio ... " Certe volte te ne stai lì anche un'ora, e più, ad aspettare che venga il momento. E intanto quelli sparano cannonate, e il bersaglio sei tu, ragazzo. Quelli sparano e tu non puoi far niente ... senti le palle che arrivano fischiando e puoi solo sperare che prendano qualcun altro, non te...
Ora si vedevano le lacce dei pirati. Le barbe, i fazzoletti annodati sul capo. Un tipo impennacchiato come un moschettiere stava ritto sulla murata, tenendosi ad una scotta. Doveva essere il capo di combattimento, quello che guidava l'assalto. Erano tanto vicini che Misson potè distinguere gli occhi sbarrati, le labbra strette. Gli ufficiali continuavano a parlare.
- Attenti, uomini! Ci siamo... " Ma il più brutto è quando devi saltare dall'altra parte, ragazzo. Improvvisamente ti sembra di essere solo, ti sembra che nessuno stia saltando con te, e ti dici: cristo, ma solo io devo andare di là a farmi ammazzare? E poi senti qualcuno che ti grida nelle orecchie: arremba, filone, figlio di puttana, arremba, cosa aspetti... e magari ti arriva una pedata nel culo, o una frustata. E allora salti... "
Poco prima che le due navi venissero a contatto, da entrambe le parti cominciarono a volare grappi di varia loggia, per assicurare l'abbordaggio, mentre qualcuno non riusciva a trattenere l'emozione e scaricava le armi verso gli avversari. Accanto a Misson, Caraccioli farfugliava tra i denti, forse una preghiera o forse una litania di bestemmie partenopee. Poi gli ufficiali cominciarono ad urlare come forsennati e la ciurma si mosse. Misson pose un piede sulla murata, prese lo slancio e saltò...
Tornata a Marsiglia, un mese dopo la Victoire venne inviata a La Rochelle, da dove avrebbe dovuto scortare alcuni mercantili in rotta per le Indie occidentali. Ma questi non erano ancora pronti, e Misson e Caraccioli s'imbarcarono sulla Corsara Triunph, per una breve scorribanda nella Manica. Predando i mercantili inglesi, radunarono un cospicuo bottino che vendettero a Brest. I nostri due amici rientrarono sulla Victoire e qualche settimana più tardi fecero vela per le isole di Martinica e Gudalupa. Il lungo viaggio offrì loro molto tempo per discutere. Ritenendo ormai smascherata la chiesa cristiana, Caraccioli volse la sua attenzione verso le assurdità della relgione ebraica e musulmana. Anche altri membri dell'equipaggio presero ad unirsi alle discussioni, e ben presto Caraccioli si trovò ad avere un seguito di proseliti, che vedevano in lui una specie di nuovo profeta insorto a combattere gi abusi della religione. Ma Caraccioli era appena all'inizio : " (...) quando ebbe sperimentato gli effetti della sua polemica antireligiosa,si rivolse contro i governi, e mostrò allora come ogni uomo sia nato libero e abbia diritto al proprio sostentamento al pari dell'aria che respira (...) e come le grandi disparità tra uomo e uomo, alcuni viventi nel lusso e altri nell'indegenza più totale, siano esse dovute soltanto all'avarizia e all'ambizione di una parte e alla pusillamine acquiescenza dell'altra". Caraccioli si pronunciò contro la pena di morte e dichiarò che bisognava rinunciare al diritto di uccidere, eccetto che "in difesa del nostro diritto materiale, cioè il diritto a godere di quanto è necessario per il nostro sostentamento". Quindi parlò a Misson dell'idea di "mettermi per conto proprio", un'idea che andava a genio anche a molti dell'equipaggio.
Matthieu Le Tond faceva il timoniere da quasi vent'anni, ed era in mare da sempre. Aveva visto, come egli stesso diceva, tutto quanto un uomo può vedere e ben più di ciò che può sopportare. Questo lo aveva fornito, col passare del tempo, di un pessimo carattere, nonchè della convinzione che fosse suo dovere farlo apparire, se possibile, anche peggiore. Viveva dunque eternamente preoccupato che qualcuno potesse farsi di lui l'idea di un vecchio mite e bonario (il che, peraltro, assai difficilmente avrebbe potuto verificarsi) e si proteggeva da una simile eventualità coprendo di sanguinose contumelie tutti coloro che gli rivolgevano la parola, con un turpiloquio ricco e fantasioso come un esercizio di retorica. La vita di mare con le sue asprezze, gli forniva frequenti occasioni di esibizione e ciò lo teneva tranquillo, per così dire. Ma quando Misson e Caraccioli cominciarono a rendere pubbliche le proprie discussioni, e a coinvolgere in esse l'equipaggio, si trovò ben presto in grande imbarazzo. Il suo "stile" gli avrebbe imposto di mandare pittorescamente al diavolo quei due giovanotti che parlavano in modo forbito ed elegante, in particolare quell'italiano con la sua ridicola pronuncia. Eppure, quello che dicevano gli sembrava giusto, e non poteva trattenersi dal trovarsi d'accordo con loro e ammirare come sapevano ribattere alle contestazioni e chiudere la bocca anche agli ufficiali, quelle rare volte che intervenivano. E avrebbe voluto dar loro manforte, specie quando parlavano male dei preti, di cui ricordava ancora le botte che gli davano all'orfanotrofio. Ma non poteva tradire il suo "stile", e quindi si limitava a tacere. Era un silenzio, sofferto e contrastato, però. E la sera, quando in qualche angolo della coperta si formava il solito crocchio, e la discussione pian piano prendeva l'avvio, cogliendo spunto da una riflessione, o da un commento al fatto della giornata, e subito si animava mentre il commento andava allargandosi in considerazioni più generati ed impegnative, e i nomi fatidici (libertà, uguaglianza, governo . . .) cominciavano ad es-sere pronunciati, si poteva vedere la sua ombra solitaria sedere in disparte, là dove credeva di non essere notato, ad ascoltare, grugnendo fra sè e sè...
Incrociando al largo della Martinica, la Victoire intercettò una cannoniera inglese da quaranta pezzi, la Winchelsea.Le navi vennero a battaglia,e alla prima bordata del vascello britannico, il capitano, il secondo e i tre luogotenenti della Victoire restarono uccisi. Il timoniere, unico rimasto dello staff di comando, avrebbe voluto arrendersi, ma Misson e Caraccioli riorganizzarono l'equipaggio e per tre ore continuarono il combattimento. Improvvisamente, per qualche sconosciuto motivo, a bordo della Winchelsea ci fu una tremenda esplosione, e la nave in pochi minuti affondò. Dalla Victoire vennero calate alcune scialuppe, ma si recuperò un unico sopravvissuto, il luogotenente Franklin, che morì due giorni dopo per le ferite riportate. L'equipaggio della Victoire si trovò, di colpo, ad avere in mano il controllo della nave. Caraccioli parlò agli uomini, evocando gli inizi della fortuna di Maometto e di Dario, ma non c'era bisogno della sua capacità persuasiva perché tutti si rendessero conto della potenzialità di quella situazione. Misson annunciò la sua intenzione di condurre una vita di libertà, e molti dell'equipaggio lo invitarono ad eccettare il ruolo di capitano. Egli si disse d'accordo, a patto che coloro che non intendevano seguire il suo destino fossero sbarcati in qualche località civilizzata. Nessuno volle avvalersi di questa possibilità. Venne quindi eletto un "consiglio di vascello", formato da Caraccioli in qualità di luogotenente, dal mastro d'istruzione come secondo e da Jean Besace come terzo. Il timoniere Matthieu Le Tondu e il capo-cannoniere vennero nominati rappresentanti dell'equipaggio in seno al consiglio. Il nuovo consiglio si riunì subito nel quadrato, per decidere la rotta da seguire. Tutti furono d'accordo che la costa spagnola era con tutta probabilità la direzione più conveniente. Mattieu Le Tondu pose il problema della scelta della bandiera e ne suggerì una nera come la più terrificante. Ma Caraccioli obbiettò: essi non erano pirati, ma vigili guardiani dei diritti e delle libertà popolari, quindi una bandiera bianca con la parola "Libertà " nel centro sarebbe stata assai più adatta. Il consiglio accettò. Il tendone dei quadrato era stato arrotolato, in modo da permetere all'equipaggio di ascoltare lo svolgersi della riunione. A questo punto, i marinai levarono tutti insieme il grido: "Libertà!". Le proprietà degli ufficiali deceduti vennero portate sul ponte. Chi aveva bisogno di vestiti ne ebbe di nuovi, e il denaro fu posto in un forziere comune, ben chiuso con un lucchetto di cui ogni membro del consiglio aveva la chiave. Misson prese dal quadrato tutta l'argenteria della mensa ufficiali e la depose nel forziere, ma l'equipaggio insistette che la tenesse per uso proprio. Egli si rivolse allora alla comunità della nave e la invitò, in nome dell'amore fraterno a "bandire tutte le liti personali e i malcontenti. Stavano liberandosi dal giogo della tirannia ... ed egli sperava che nessuno avrebbe seguito l'esempio dei tiranni, e avrebbe volto le spalle alla giustizia; perchè quando la giustizia viene calpestata, la miseria, la confusione e la sfiducia a reciproca seguono naturalmente". Misson avvertì i marinai che avrebbero trovato ben pochi amici nel mondo. Disse che la maggioranza degli suoi viveva in schiavitù, e da ciò la loro volontà "era spezzata", rendendoli incapaci di pensieri generosi. "Essi danzano alla musica delle loro catene, e darebbero a questo prode equipaggio l'infame appellativo di pirati, e riterrebbero meritorio partecipare alla sua distruzione". La ciurma della Victoire contava duecento braccia abili e trentacinque uomini malati o feriti. Al largo di S. Cristoforo catturarono una corvetta inglese: da essa presero due barilotti di rhum e sei sacchi di zucchero,quindi la lasciarono andare. Il capitano della corvetta, Thomas Butler, riconobbe di non aver mai incontrato, prima d'allora, un nemico così onesto.
Dopo alcune avventure di minor conto, tra cui il tentativo, fallito, di una nave corsara di prendere la Victoire, i pirati della libertà riuscirono a catturare un vascello olandese. Giunti a Cartagena, Misson e Caraccioli si travestirono da ufficiali della marina francese, presentandosi come Fourbin e il suo primo ufficiale, e poterono vendere il bottino e sbarcare i prigionieri. Il governatore, tal Don Giovanni de La Zerda, restò così favorevolmente impressionato dai due, che, conclusi gli affari, chiese loro un piccolo favore: avrebbe gradito che la Victoire si recasse a Porto Bello per scortare il St. Joseph, un galeone da settanta cannoni, lì ancorato. L'ingenuo funzionario era preoccupato per l'incolumita' del suo carico, che consisteva in 800.000 pezzi da otto e un cospicuo quantitativo di oro in lingotti.
La Victoire partì per prendere contatto con il St. Joseph, ma giunse a Porto Bello che questo aveva già salpato da due giorni. Lo scafo della Victoire era incrostato e ciò rallentava l'andatura e rendeva difficile tenere la rotta. Le tiepide acque dei Caraibi, infatti, favorivano la crescita di alghe sulla parte immersa delle navi, nonchè di molluschi come il "taredo", che si attaccano allo scafo corrodendo il legno. Per tali ragioni, le navi dovevano essere ricarenate da tre a sei volte all'anno, il che implicava tirare in secco le imbarcazioni, raschiare lo scafo e sostituire le parti danneggiate del fasciame. Le navi migliori avevano lo scafo ricoperto di piombo, o rame, ma i pirati dovevano accontentarsi di calafatare la carena con una miscela di catrame, sego e zolfo. Non avendo accesso a bacini di carenaggio, i pirati usavano tirare a riva le navi, e le inclinavano prima su un fianco, poi sull'altro, per mezzo di gomene assicurate agli alberi vicini. A volte riuscivano a fare soltanto un carenaggio parziale, quando erano di fretta.
Nelle condizioni in cui era, la Victoire aveva scarse probabilità di intercettare il St. Joseph, così i pirati abbandonarono la caccia e si diressero verso una baia chiusa. Qui, spostando i cannoni alternativamente dall'uno e dall'altro lato della nave, riuscirono ad inclinarla in modo da esporre la maggior parte dello scafo, raschiandolo e catramandolo meglio che potevano, ma senza che fosse possibile, però, eseguire un carenaggio completo della chiglia.
Il vascello era ora in grado di riprendere il mare, e il consiglio si riunì per decidere la rotta da seguire. Misson e Caraccioli insistevano per dirigere verso la costa africana, mentre gli altri erano per il New England, sostenendo che la Victoire non poteva comunque affrontare una traversata atlantica. Poichè il consiglio non riusciva ad esprimere un parere unanime, fu indetta un'assemblea generale dell'intera comunità della nave: la scelta fu per l'Africa. Dopo una traversata senza inconvenienti, in prossimità della Costa D'oro i pirati si imbatterono nel Nieuwstadt, un vascello schiavista di nazionalità olandese. Lo presero dopo una battaglia di due ore e mezzo. La nave aveva appena incominciato la tratta, e aveva a bordo soltanto diciassette schiavi. Misson li fece liberare dalle catene e diede loro dei vestiti presi dall'equipaggiamento degli olandesi. Quindi proclamò all'equipaggio che "nessun uomo aveva potere sulla libertà altrui, e il fatto che coloro che vantavano una più illuminata conoscenza della divinità vendevano gli uomini al pari delle bestie, provava che la loro religione ero solo un inganno ipocrita ". Dal canto suo, "egli non aveva sottratto il suo collo al giogo della schiavitù e reclamato la sua libertà, per poi rendere schiavi altri uomini". Ogni ex-schiavo venne affidato ad un gruppo di marinai della Victoire, in modo da rendere più agevole l'apprendimento della lingua e delle attività necessarie alla conduzione della nave. Lo scopo, evidentemente, era di favorire l'inserimento dei nuovi venuti in seno all'equipaggio. Dopo la traversata dell'Atlantico, la Victoire era nuovamente in pessima stato: "Essa era sempre più incrostata di alghe e conchiglie, e navigava quindi con difficoltà, sicchè i pirati risalirono per un tratto il fiume Lagos, e quivi la tirarono in secco, onde sostituire con legname nuovo le parti più malandate del fasciame e carenare lo scafo". Poi carenarono anche il vascello olandese e si diressero a sud. Durante il viaggio, Misson, si trovò costretto a riunire l'assemblea della nave per tenere all'equipaggio un discorso sul turpiloquio e l'ubriachezza. Gli olandesi prigionieri stavano trasmettendo cattive abitudini ai francesi, e ciò aveva ripercussioni sul morale generale. Al largo dell'Angola, i pirati presero un'altra imbarcazione olandese, che portava un carico di tessuti. Con esso, i velai della Victoire poterono rivestire decentemente gli uomini, poichè "tutto l'equipaggio aveva ormai gli abiti a brandelli. In totale, Misson aveva ora novanta prigionieri, che lasciò sul Nieuwstadt con viveri sufficienti per raggiungere un insediamento olandese lungo la costa. Undici olandesi scelsero di rimanere sulla Victoire. A nord di Table Bay la Victoire venne attaccata da una cannoniera inglese della sua stessa classe (quaranta pezzi). Con un'audace manovra, Misson l'abbordò e la prese.
- Le andiamo incontro sul filo del vento !- disse il veccbio timoniere con strana esultanza. - Signor Le Tondu, siete pazzo! - ribattè Misson - La Victoire non può andare di bolina come un catter. Ce la metteremo per cappello ... Per cappello ci metteremo i vostri coglioni di menagramo, signor Misson! Preparate gli uomini per l'arrembaggio e non venite ad insegnarmi come si fa a navigare!
Piccato, Misson tacque, mentre il timoniere dava mano alla barra. La prua continuò a spostarsi, cercando la rotta, e in un attimo il vento aveva riempito le vele con tutta la sua gagliardia. La Victoire si inclinò di lato per rovesciarsi, tanto che il mare parve sul punto di ottrepassare la murata di sottovento per venire in coperta a inghiottire l'equipaggio nelle sue liquide fauci. Ma la nave prese a filare sulle onde, e sembrava un enorme castello incantato spinto dalla magia di mille demoni, che gemevano straziati dal fasciame in tensione, stridevano dalle sartie, ululavano, prigionieri nel ventre gonfio delle vele. E sopra quelli inferno di suoni laceranti si levò la voce di Le Tondu, aspra e tonante insieme, a rassicurare gli uomini ammutoliti con orgoglio della propria abilità di navigatore:
- Non temete marinai, figli di uno squalo! Fidatevi dei vostro nocchiero che vi porta a spasso per il mare! Mezz'ora quasi, durò la lotta bolina della Victoire. Il vascello inglese tentò un traverso per sottrarsi all'appuntamento con i pirati, ma questi viaggiavano a velocità quasi doppia, e gli furono addosso quando non aveva allargato nemmeno di un miglio. Poco prima di giungere a tiro dei cannoni, Matthieu Le Tondu virò, puntando dritto contro gli avversati, prua contro prua, in rotta di collisione. In quel modo, nessuna delle due navi poteva, sparare: il timoniere stava evitando uno scontro a fuoco e manovrava per l'arrembaggio. All'ultimo momento, Le Tondu virò di nuovo. La prua della Victoire si spostò, evitò quella della nave inglese, strisciò contro il bordo di questa, affiancandola e frenandola col proprio slancio. - Io ho fatto la mia parte, Misson! Ora tocca a te, ragazzo! Misson stava ritto sulla murata in equilibrio tra le sartie, una pistola in una mano, una sciabola da carpentiere nell'altra. - All'arrembaggio! - Mentre saltava, sentì l'urto degli uomini che lo seguivano...
Quasi tutti i marinai inglesi, tranne gli ufficiali, passarono dalla sua parte. Caraccioli fu posto a capo del vascello catturato, ribattezzatò Bijoux, e la ciurma elesse i suoi ufficiali. In seguito, le due navi fecero vela per l'isola di Johanna, a nord del Madagascar. Questa era un approdo comune per le imbarcazioni che e facevano rotta per le Indie, grazie alla possibilità di ricchi rifornimenti d'acqua potabile e frutta anti scorbuto, nonché della natura amichevole dei nativi. I pirati stabilirono buone relazioni con gli indigeni e li aiutarono a difendere l'isola da un tentativo di invasasione da parte dei vicini dell'isola Mobilian. Durante la loro permanenza, molti dei marinai, compresi Misson e Caraccioli, scelsero una compagna tra le fanciulle del posto, delle quali, dopo tanti mesi di navigazione, non si poteva fare a meno di apprezzare la bellezza e la spontaneità.
Le ragazze danzavano languide, alla luce rosseggiante dei falò. Sorridenti ed esplicite, e pur candide, ammiccavano agli uomini senza vergogna, tendendo loro le mani, ancheggiando invitanti di fronte ai più timidi. Anche i maschi, i padri, i fratelli, ridevano: osservavano divertiti l'intrecciarsi delle schermaglie, commentavano con grandi sghignazzi l'intraprendenza delle loro donne e il comico imbarazzo dei bianchi, si davano di gomito additando le coppie che andavano a concludere la festa nel fitto della boscaglia.
Dov'erano finiti, i tristi amori dei marinai a terra? I vicoli puzzolenti degli angiporti, i rapidi amplessi al piano superiore di infami taverne, con i compagni ubriachi che aspettavano il loro turno fuori della porta? Dov'era l'alito pesante delle meretrici, la frustante passività di quelle carni sfatte, di quelgi occhi assenti, di quelle dita strette sulla moneta appena consegnata? E i ruffiani con i loro randelli, pronti a intervenire se ti attardavi oltre la tariffa, dov'erano andati? Tutto sparito, tutto dimenticato. L'abbiezione, lo squallore, la violenza dei congressi carnali offerti dalla "civiltà", sembravano, ed erano, lontani centinaia di miglia. Unica traccia di essi, non restava che l'attonito stupore con cui gli uomini con cui gli uomini accoglievano ora l'ebrezza purificatrice di quella pagana sensualità, la felice meraviglia di fronte a quel donarsi gratuito e spontaneo, di fronte alla bellezza e alla gioia che per la prima volta vedevano far corona all'amore. E questo temperava la foia, che in altre occasioni sarebbe scoppiata selvaggia, condita dall'astinenza e dalle privazioni della vita sul mare, e dava loro una sorta di scontrosa gentilezza che esaltava le fanciulle indigene.
Matthieu Le Tondu, dopo una resistenza di circostanza, accettò la corte di una bruna bellezza che seppe conquistarlo accarezzandogli maliziosamente la pelata. Si alzò, e prese parte alle danze fra gli applausi dei compagni. Un vecchio indigeno sdentato, quasi un suo sosia malgascio, lo apostrofò con gesti che alludevano evidentemente alla qualità delle prestazioni che l'età gli consentiva. Il vecchio navigatore stava per rispondere come suo solito, con qualche sequenza di sconcezze, ma la ragazza scoppiò in una risata squillante, lo prese per mano e, prima che potesse profferir parola, lo trascinò via, tra gli alberi ...
Usando Johanna come base, Misson corse la zona in cerca di prede. Intercettò un battello portoghese, e, nonostante fosse la metà della Victoire, fu necessario un lungo e sanguinoso combattimento, prima di poterlo prendere. Portava un carico di polvere d'oro pari ad un valore di un quarto di milione di sterline. Un ricco bottino, che costò però un alto prezzo in vite umane: trenta morti e ventisette feriti, compreso Caraccioli, al quale si dovette amputare la gamba destra. Mentre Caraccioli stava a Johanna a rimettersi dalle ferite, Misson salpò nuovamente con la Victoire. Diresse verso il Madagascar, e costeggiò quest'isola da sud a nord, fino alla punta estrema di essa, quindi volse indietro la prua. A nord di Diego Suarez, scoprì una baia, e all'interno di essa individuò un porto ampio e sicuro, con acqua potabile in abbondanza. Gettata l'ancora, sbarcò e poté constatare che "la terra era buona, l'aria salubre, e la zona pianeggiante". Disse ai suoi uomini che quello era un luogo eccellente per un rifugio e che era sua intenzione costruirvi una piccola città fortificata, con docks per le navi, dove dove essi avrebbero potuto trovare asilo qunado l'eta' e le ferite li avessero resi inabili ad andare per mare,un posto tutto per loro dove avrebbero potuto godere i frutti della loro fatica e aspettare la morte serennamente.
Ritornato a Johanna, Misson espose il suo piano agli equipaggi delle due navi e ottenne la loro approvazione. Inoltre, la regina dell'isola, in cambio della promessa di venire in soccorso a Johanna in caso di attacco, gli offrì trecento uomini per aiutarlo a costruire la nuova base. L'unica condizione posta era che gli uomini tornassero a Johanna entro quattro mesi. l pirati chiamarono la loro nuova patria Libertatia, e a se stessi diedero l'appellativo di Liberi, rinunciando a definirsi Inglesi, Francesi, Olandesi o Africani. Per prima cosa, costruirono due forti, uno per ogni lato dei porto. Questi erano armati con quaranta cannoni, presi alla nave portoghese. Poi si diedero a costruire case e magazzini. Un gruppo andò in missione nell'interno, per stringere rapporti amichevoli con i nativi e scambiare doni. Quando i lavori erano ormai avviati, Misson spinse la Victoire fino alla costa di Zanzibar e intercettò un'altra nave portoghese che portava un carico d'oro. La Victoire viaggiava con armamento ed equipaggio ridotti, cosicché Misson, comprendendo di aver addentato un boccone troppo grosso, tentò di sganciarsi. Ma il vascello portoghese insegui la Victoire e attaccò battaglia. Lo scontro durò quattro ore: alla fine, i pirati riuscirono ad abbordare la nave e a prenderla. I marinai portoghesi vennero rinchiusi sottocoperta e, con l' indispensabile di equipaggio, la preda seguì la Victoire a Libertatia. In vista del Madagascar, incrociarono una corvetta che inalberava una bandiera nera su cui era dipinto, in bianco, un braccio che brandiva una scimitarra. Era il veliero del pirata Thomas Tew. Le due navi si affiancarono, e i francesi si recarono in visita a conoscere i "colleghi" americani. Dopo qualche discussione, Tew e i suoi uomini decisero di accompagnare la Victoire a Libertatia.
Tew sembrava uscito da un racconto d'osteria. Portava un cappello a tesa larga, ornato con penne d'albatros e di pappagallo, piantato alla brava su di una massa di riccioli che avevano raramente conosciuto il sapone. Addosso aveva un giustacuore di marocchina ricamata, con una fusciacca rossa alla vita, tanto alta e stretta da sembrare una specie di busto femminile, e sotto un paio di brache da gran signore, di seta rilucente, tutte sbuffi e pizzi, frutto evidentemente di qualcbe recentissima ruberia, perchè apparivano nuove come appena uscite dalla bottega del sarto. Era armato fino ai denti. Oltre a due mazzagatti infilati nella fascia, ben quattro pistole di notevoli proporzioni gli pendevano dalla cintura, appese per la dragona, e al collo teneva una vera collezione di fiaschette da innesco, cariche predosate, loading blocks all'uso americano e altre piriche attrezzature.
Parlava forte, con frequenti risate e grandi pacche sulle spalle dell'interlocutore. A Misson, all'inizio, non piacque. Gli sembrava la rappresentazione di ciò che lui non voleva essere, il pirata tipico così come lo dipingono i capitani in pensione nei loro resoconti, quello che a sentirlo descrivere viene voglia di impiccarlo all'albero di maestra. E Tew, con la sua ostentata tracotanza, col suo repertorio di inutili millanterie (" Puoi contarci, uomo! ", " So quel che dico, fratello! " ... ) suscitava a volte desideri di quel genere. Ma i suoi uomini lo trattavano con affettuosa condiscendenza, e di tanto in tanto lo motteggiavano, ed egli faceva lo stesso nei loro confronti, con cameratesca familiarità, più che una banda di pirati, quell'equipaggio sembrava la brigata di amici reduci da una via crucis per le taverne. Eppure tutti portavano sulle carni i segni di aspre battaglie. Tew stesso recava una ferita ancor fresca sul braccio, rabberciata alla meglio con una pezza. Misson cominciò a pensare che, sotto quell'improbabile costume variopinto, poteva esserci un buon compagno. Disse Caracciolí: "Sti americani... sonò nu poco strunzi, ma sò guaglioni 'e core . . .
L'ideale di una libera colonia come quella che Misson stava costruendo, non era nuovo per questi pirati. Poco tempo prima, dall'equipaggio di Tew si era staccato un nucleo di ventitrè uomini, compreso il timoniere, che erano andati, anch'essi ad impiantare una loro comunità sulla costa malgascia, non distante da Libertatia.
Quando la piccola flotta giunse in porto, Tew sparò una salva di nove colpi di cannone, come saluto, e il primo forte rispose allo stesso modo. Il loro arrivò però, poneva a Libertatia un problema. Essi avevano adesso centonovanta prigionieri portoghesi, di fronte a una popolazione della comunità di soli duecento uomini, a parte gli isolani di Johanna. Circa settanta dei prigionieri portoghesi si unirono ai Liberi, dopo un discorso di Caraccioli (che Johnson descrive come un uomo che aveva "l'arte della persuasione"). Il resto venne adibito alla costruzione di un nuovo dock, mezzo miglio sotto l'imboccatura del porto. Essi erano tenuti isolati in quell'area, e Libertatia non aveva comunicazione con loro, come precauzione nel caso si fossero resi conto della forza del proprio numero e si fossero ribellati. Tra le due comunità stava il Bijoux, di sentinella.
Col passare del tempo i pirati divennero agricoltori, seminando mais, grano ed altre piante di cui avevano trovato le sementi a bordo dei vascelli catturati. I campi erano coltivati in comune e "non c'erano recinti di alcun genere a segnare le proprietà di ciascuno". Venne il momento che gli uomini di Johanna dovettero tornare alla propria isola, secondo gli accordi. Ciò poneva un nuovo problema: mandar fuori una nave con equipaggio ridotto significava rischiare di perderla, e, d'altro canto, equipaggiarla completamente significava sguarnire Libertatia e rischiare che i prigionieri portoghesi si prendessero la città. Misson propose di consegnare l'ultimo vascello catturato ai prigionieri, e lasciarli liberi. Tew e Caraccioli si opposero, sostenendo che in tal modo l'esistenza della loro base sarebbe divenuta ben presto di dominio pubblico, e sarebbero stati attaccati. Come al solito, venne indetta un'assemblea per decidere: venne accettata la proposta di Misson, non essendovi altra alternativa se non massacrare tutti i prigionieri. Misson parlò a costoro, dicendo che si rendeva conto che dare loro la libertà avrebbe avuto come conseguenza l'aggressione di Libertatia, non appena la sua ubicazione fosse stata resa nota. Ma, aggiunse, "egli non faceva guerra agli oppressi, bensì agli oppressori". Si interessò dei problemi di ciascuno e, nei limiti del possibile, fornì loro aiuto. In cambio, chiese che ognuno giurasse solennemente che non si sarebbe mai arruolato per combattere contro Libertatia. La nave, privata dei cannoni, fu approvvigionata per un viaggio fino alla costa di Zanzibar, e partì. Qualche giorno dopo, giunse in visita una cinquantina di indigeni delle tribù locali, per commerciare bestiame e schiavi. Vennero intavolate trattative e gli schiavi che poterono essere affrancati "furono immediatamente forniti di abiti e posti sotto la protezione dei bianchi che, con ogni dimostrazione possibile, si sforzarono di far loro comprendere quanto fossero avversi ad ogni forma di schiavitù".
Risolto il problema dei prigionieri portoghesi, il Biioux poté riportare a casa gli uomini di Johanna. Ci vollero tre viaggi, per completare l'operazione. Alcuni membri dell'equipaggio di Misson, che erano rimasti colà, approfittarono dell'ultimo viaggio per trasferirsi a Libertatia con le proprie donne e bambini. Dopo il loro ritorno, Misson e Ceraccioli si diedero da fare per portate a termine la costruzione dei docks, mentre Tew partiva col Bíjoux per un raid alla volta della costa della Guinea.
Subito a nord dei Capo di Buona Speranza, Tew prese una galea delle Indie occidentali olandesi e trovò, a bordo una grande quantità di corone inglesi. Queste furono "destinate al tesoro comune, poiché a Libertatia di nessun servizio era il denaro, ogni cosa essendo in comune". Al largo della costa dell'Angola, poi, venne catturata, una nave schiavista, con duecentoquaranta tra uomini, donne e bambini, rinchiusi sottocoperta. I marinai africani del Bijoux, che a suo tempo erano anch'essi stati fatti schiavi su quella costa, scoprirono fra essi molti parenti ed amici. Dando a Tew ampie garanzie della loro buona condotta, gli africani liberarono i prigionieri dalle catene e li accolsero a condividere le glorie della loro nuova vita.
A Libertatia, dopo il completamento del nuovo dock, venne iniziata la costruzione di due corvette da ottanta tonnellate, armate ciascuna con otto cannoni, che vennero battezzate rispettivamente Gioventù e Libertà. Dovevano servire per una spedizione incaricata di compilare una carta nautica dell'isola del Madagascar, con l'indicazione delle coste, dei lidi, delle secche e delle fosse, nonché come naviscuola per l'addestramento degli schiavi liberati.
I tentativi di insegnare agli africani un pò di francese, finirono per produrre una specie di utile esperanto, una sorta di lingua-franca fatta di una mescolanza di vocaboli africani, francesi, inglesi, olandesi, portoghesi, ed anche alcune parole malgasce che provenivano dalle sei famiglie indigene che erano entrate a far parte della comunità. Le due corvette, con ufficiali eletti da equipaggio misto, composto di bianchi e neri in parti uguali, cominciarono il loro giro d'esplorazione intorno all'isola. Occorsero quattro mesi per completare il tutto, e il mastro d'istruzione poté compilare delle carte assai dettagliate. Molti degli ex-schiavi africani erano divenuti ormai pratici di navigazione. Così, Misson e Tew, con due navi, andarono bordeggiando lungo la costa araba. Qui, ben presto, intercettarono un vascello del Gran Mogol, un enorme veliero con centodieci cannoni e millecinquecento persone a bordo tra marinai e pellegrini in viaggio verso la Mecca.
A dispetto della stazza, la nave oppose una debole resistenza, poiché l'equipaggio non poteva agevolmente manovrare a causa della folla di gente e bagagli che ingombrava il ponte. I due battelli pirata la affiancarono e si apprestarono ad arrembarla. I difensori spararono una scarica con armi di piccolo calibro, senza usare i cannoni, e poi si arresero, senz'altra resistenza.
Si decise di tenere il vascello e di portarlo a Libertatia. I cannoni sarebbero stati utili e inoltre si poteva procedere con maggiore cura alla ricerca degli oggetti preziosi che spesso gli Indiani nascondevano nelle intercapedini dello scafo e tra la zavorra. I passeggeri e l'equipaggio furono sbarcati tra Ain e Aden, a un tiro di schioppo dalla civiltà. Durante lo sbarco dei passeggeri, ci fu un incidente che, visto a posteriori, può essere interpretato come un primo sintomo della perdita dell'influenza di Misson sullo sviluppo di Libertatia come comunità libertaria. L'equipaggio pirata, infatti, volle tenere con sé un centinaio di ragazze di età tra i dodici e i diciotto anni, per portarle a Libertatia come "mogli" per i celibi. Misson si oppose fieramente a ciò, e riunì l'assemblea per discutere il problema, ma si trovò in minorenza. La nave indiana era un vero e proprio mostro ligneo, e si rivelò assai lenta e pesante durante la navigazione verso il Madagascar. In una tempesta, poco mancò che venisse perduta. Una volta a Libertatia, venne demolita con cura, recuperando tutto "il sartiame, il legno, le viti, i chiodi, i gangi, lecatene e le altre attrezzature in ferro". I centodieci cannoni vennero installati in due batterie, su ciascun lato dell'imboccatura del porto.
A quell'epoca, i coloni avevano un buon quantitativo di terra coltivata, e circa trecento bestie comprate dai commercianti indigeni. I docks erano finiti e la prima nave messa m cantiere fu la Victoire. Essa infatti era ormai vecchia e inadatta a lunghi viaggi; venne perciò demolita, e ricostruita con lo stesso nome. La nuova Victoire si preparava a far vela verso la Guinea, quando una delle corvette entrò nella baia. L'equipaggio africano era in grande agitazione. Gli uomini dissero che, mentre erano in viaggio d'addestramento, avevano incrociato cinque grosse navi che dirigevano verso Libertatia. A giudicare dall'aspetto, erano vascelli portoghesi, con cinquanta pezzi ciascuno e traboccanti di uomini armati. Era arrivato il momento dell'inevitabile aggressione. L'intera colonia di Libertatia corse a posti di combattimento, mentre le cinque navi puntavano verso il porto, alzando i colori portoghesi. I due forti non erano efficenti come sperato. I loro cannoni riuscirono ad aprire una gran falla in una delle imbarcazioni, ma le altre veleggiarono indenni. Una volta dentro il porto, i portoghesi erano convinti di aver ormai raggiunto il proprio scopo, e si apprestarono a calare le scialuppe, piene di uomini armati, per procedere all'occupazione della colonia. Ma avevano fatto male i conti: una pioggia di cannonate si abbatté su di loro, da ogni parte. Sparavano contemporaneamente le batterie a terra, i due forti, le due corvette, la Victoire e il Bijoux. Due navi colarono a picco, le altre volsero la prua e cercarono di sottrarsi a quell'inferno. Fortunatamente per loro, i portoghesi erano arrivati, poco prima del cambio della marea e "guadagnarono l'uscita assai più rapidamente di quanto non avessero impiegato per entrare".
Il Bijoux e la Victoire si gettarono all'inseguimento. La nave fallata rimaneva indietro e fu ben presto raggiunta dai pirati, mentre gli altri vascelli l'abbandonavano al suo destino. L'equipaggio si difese fieramente, ma alla fine chiese quartiere, che venne concesso. Disgraziatamente, tra i prigionieri portoghesi i pirati scovarono due degli uomini che erano stati, a suo tempo, rilasciati da Alisson sulla parola che non si sarebbero arruolati contro Libertatia. Costoro ebbero un pubblico processo per "spergiuro e ingratitudine": Misson e Caraccioli chiesero una punizione corporale, ma Tew insistette perché fossero impiccati, sostenendo che il delitto di cui si erano macchiati richiedeva una pena esemplare. Le sue argomentazioni riuscirono a convincere anche Caraccioli, il quale si rivolse al popolo di Libertatia, dando atto a Misson della sua generosità nei confronti dei malfattori ma rilevando, altresì che "non avvi regola che non ammetta eccezioni". Al termine del discorso, la folla rumoreggiò, gridando che "l'impiccagione era pena lieve per quei ribaldi". Vennero appesi ai pennoni dei due forti. Il sogno libertario di Misson cominciava a svanire. Nel tentativo di dirimere una contesa tra il proprio equipaggio e quello di Tew, si trovò coinvolto in una sfida a duello con Tew stesso, che venne evitata in extremis dal conciliatorio intervento di Caraccioli. Questi suggerì, al fine di impedire che tali inconvenienti avessero a ripetersi in futuro, che si istituisse un governo formale, il quale avrebbe provveduto ad emanare "leggi giuste ". Il giorno dopo, il problema dell'istituzione di un governo venne sottoposto all'assemblea dell'intera comunità riunita. Johnson descrive Caraccioli come dotato di "un'argomentazione persuasiva ed insinuante". Il risultato fu che tutti convenirono sulla necessità di eleggere un Presidente e un governo, nonché di ripartire in parti uguali tra i membri di Libertatia il tesoro comune e il bestiame. La terra avrebbe potuto essere cintata e sarebbe diventata proprietà privata di colui che la cintava. Fu costruita una Sala del Parlamento, in legno, e la prima riunione durò ben dieci giorni e promulgò un notevole numero di leggi. Misson venne eletto Presidente, con diritto al titolo di Suprema Eccellenza. Tew fu nominato Ammiraglio della Flotta e Caraccioli Segretario di Stato.
Bestiame e tesoro fuorono divisi. Gli appezzamenti di terreno vennero cintati. Coloro che recitavano più terra di quanto fossero in grado di coltivare da soli, ora potevano, e col beneplacito della legge, assumere altri membri di Libertatia come lavoranti. Nel giro di un mese dall'attacco portoghese, la "libera colonia" aveva istituito la pena capitale, la moneta, la proprietà privata e il lavoro salariato.
Libertatia, comunque, aveva bisogno di altre braccia per mantenere la propria economia agricola e sopperire alle necessità della flotta. Sulla costa era ancora in vita la comunità fondata, come si è visto, dal timoniere di Tew con una ventina di uomini. Tew decise di recarsi colà in visita, per indurre i partecipanti ad unirsi a Libertatia. Il parlamento, però, si pronunciò contro un invito indiscriminato, e, rinnegando le proprie origini in nome della neo-acquisita rispettabilità, dichiarò che coloro che seguivano il vecchio timoniere erano "d'indole sediziosa, e avrebbero potuto contagiare gli altri con uno spirito di disordine". Tew ricevette istruzioni di accettare soltanto quelli seriamente intenzionati ad unirsi a Libertatia e per i quali avrebbe potuto garantire, sul suo onore, che si sarebbero comportati degnamente.Tew salpò con la Victoire, e dopo qualche giorno di navigazione gettò l'ancora di fronte al luogo dove si erano stabiliti gli ex-membri della sua durma. Issò un'insegna e sparò una salva, ma non ottenne risposta. Allora sbarcò,con una scialuppa, e finalmente incontrò due uomini, che lo condussero al loro insediamento nei boschi. Tew parlò ai suoi antichi compagni, invitandoli a tornare con lui a Libertatia e spiegando i vantaggi che avrebbe portato. Il vecchio timoniere non ebbe difficoltà ad ammettere che la cosa avrebbe portato grandi vantaggi a Libertatia, ma disse che questi non lo sarebbero stati altrettanto per sé ed i suoi compagni, dal momento che "essi godevano colà di tutto quanto abbisognavano per la loro esistenza, ed erano liberi e indipendenti da chiunque". E aggiunse significativamente che "sarebbe invero una follia assoggettarsi nuovamente ad un governo il quale, per quanto mite, esercita pur sempre un'imperio sui governati". Il gruppo, infatti, si era dato una forma di governo molto semplice, consistente unicamente in un Governatore che restava in carica tre mesi ed era scelto a sorte. Il potere di tale Governatore si limitava ad una funzione di arbitraggio nelle questioni d'ordinaria amministrazione. La "lotteria" per l'elezione era aperta ad ogni membro che non avesse ancora avuto la carica: "con un simile sistema ognuno avrebbe ottenuto, prima o poi, l'opportunità di esercitare il supremo comando". Ciò, era ritenuto preferibile ad un'elezione vera e propria, poiché in tal modo "venivano evitati i problemi delle operazioni di voto e di scrutinio, nonché l'insorgere di divisioni e partite tra i membri della colonia, ed era quindi possibile mantenere tra essi quell'armonia inseparabile dall'unità". Gli excompagni di Tew, comunque, erano consapevoli della propria posizione nei confronti del mondo esterno. Non erano una colonia ufficialmente riconosciuta, e quindi non potevano dedicarsi ad attività commerciali legali, a causa delle sanzioni che colpivano chi prestava aiuto ai pirati. Inoltre, appunto perché pirati potevano essere impunemente aggrediti da ogni vascello militare che si fosse trovato a passare da quelle parti, qualunque fosse la sua nazionalità, o da qualche nave di avventurieri. A questo proposito, il timoniere disse che essi erano disponibili a che qualche rappresentanza inglese, dall'America o dall'Europa, impiantasse lì una colonia, purificandoli dall'odioso status di pirati. Ma su ciò non si facevano illusioni. "è buffo, pensare che finiremo per cacciarci in guai più grandi di noi", concluse il timoniere.
Tew fece ritorno sulla Víctoire, e il giorno dopo si recò nuovamente dai suoi antichi compagni portando rum e brandy. Mentre stavano "facendo fuori" un gamellone di punch, scoppiò improvvisamente un uragano. Tew segnalò da riva che voleva tornare a bordo, ma il mare era troppo agitato perché si potesse rischiare di mettere in acqua una barca. L'uragano aumentò di intensità, colpendo in pieno la Victoire ancorata al largo. Da terra, Tew e gli altri non poterono far altro che stare a guardare, impotenti, come la nave cercava di trarsi d'impiccio. Due ore, durò la lotta disperata contro l'infuriare deli ormeggi, fu spinta contro gli scogli e colò a picco con tutto l'equipaggio.
Tew non poteva più tornare a Libertatia, ora, e fu costretto ad accettare l'ospitalità dei suoi ex-marinai. Di lì a tre mesi, venne avvistata al largo una grossa imbarcazione che sembrava il Bijoux, ma questa ignorò i fuochi accesi in segnalazione e proseguì per la sua strada. Un mese più tardi, giunto di buon'ora sulla spiaggia, Tew trovò due corvette ancorate a breve distanza del litorale: erano la Gioventù e la Libertà. Venne a riva una scialuppa. A bordo c'era Misson, e la gioia del ritrovamento fu rapidamente cancellata dalle notizie che questi recava. In piena notte, senza la minima provocazione, due folti drappelli di indigeni avevano attaccato Libertatia, sguarnita di uomini poiché sia la Victoire, che il Bijoux erano per mare. Caraccioli aveva radunato i pochi rimasti per una estrema resistenza, ma era stato massacrato. Gli indigeni avevano invaso la città uccidendo tutti quelli che incontravano, uomini, donne o bambini che fossero. Misson, con quarantasei scampati, e quel poco che avevano potuto portare con sé, era riuscito a raggiungere le due corvette e prendere il largo. Libertatia era perduta. Tew suggerì di far vela per l'America, dove Misson non era conosciuto e poteva ricostruirsi un'esistenza pacifica, e l'idea piacque al timoniere, che sperava di poter ottenere in quel modo una concessione per la fondazione di una colonia ufficialmente riconosciuta. Ma Misson, dopo il fallimento di Libertatia, aveva perso ogni entusiasmo. Così, decise di tornare in Europa per visitare in segreto la sua famiglia e ritirarsi dal mondo. Quanto restava del suo sogno di libertà, tesoro e uomini, venne diviso tra le due corvette. I più scelsero di stare con Tew.
I pirati attesero una settimana, nella speranza che il Bijoux tornasse, ma inutilmente. Allora partirono verso la costa della Guinea, dove forse anche il Bijoux si era diretto e avrebbero potuto incontrarlo. Durante il viaggio, le due navi furono sorprese da un uragano: l'imbarcazione di Misson naufragò e colò a picco, senza che gli altri potessero fare alcunché per aiutarla. Non ci furono superstiti. Tew fece rotta per l'isola di Santa Maria, al largo della costa malgascia, dove l'ex-pirata Adam Baldridge aveva impiantato un centro commerciale. Al riparo del forte di Baldridge, la corvetta (iscritta col nome di Amity, il vecchio nome dell'imbarcazione di Tew) venne carenata e preparata per una traversata atlantica. Secondo i registri di Baldridge, l'Amity lasciò Santa Maria nel dicembre 1693. Arrivò all'isola di Rodi nell'aprile 1694.
Tew se ne stette tranquillo per parecchi anni, ma i suoi vecchi compagni continuavano ad assillarlo, proponendogli di fare un ultimo viaggio. Alla fine non seppe resistere, comprò una piccola corvetta e riprese il mare. Durante una battaglia contro una nave del Gran Mogol, nel Mar Rosso, fu colpito in pieno da una palla di cannone e morì di lì a poco.
(Traduzione di Gisetta De Amici)
Tratto da Volontà n. 2 del 1986